Ma sì, hanno ragione tutti coloro che dicono: “Riconosciamo tutti i giusti diritti alle unioni gay, ma non chiamiamole matrimonio”. Giusto, altrimenti si rischia di fare peccato mortale, si rischia di confondere quella unione meravigliosa fatta da Dio che congiunge maschio e femmina in una solo carne (Gn 2,24), quell’unione che l’uomo non può dividere (Mt 19, 6), quella unione fatta di due persone che vivono in armonia per tutta la vita, che non si separano mai, che ha visto per secoli e ancora oggi in tante parti del mondo, il maschio dominare tranquillamente sulla femmina, di confondere, insomma, quella unione splendida che non fallisce mai, con quella pessima di due persone dello stesso sesso; si rischia di confondere il grano con il loglio. Chiamando matrimonio l’unione gay, si rischia di fare una profanazione, una orribile contaminazione. Sì, hanno proprio ragione. Non chiamiamola matrimonio, l’unione gay. E se la chiamassimo sposalizio?
Elisa Merlo