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Un faro per Renzi

Rallenta Renzi alla sua prima prova: la legge elettorale, già dimezzata alla sola Camera, rinviata da febbraio a questo mese, ancora salva circa l’intesa con Berlusconi, ma in pericolo dopo una serie di votazioni ad altissimo rischio e con il Pd spaccato dopo la bocciatura sulle quote rosa.
Super-Matteo rilancia e dice che entro quindici giorni “sarà formalizzato un atto parlamentare su Senato e Titolo V”, ma intanto deve fare i conti con il forte malumore nel suo partito, che convoca al Nazareno per blindare l’accordo e sedare gli animi, dicendo perentorio: “Se qualcuno non vuole votare oggi , lo deve spiegare bene fuori da qui. Vi chiedo, come Pd, di chiudere oggi o questo ricadrà su di noi”.
Lui, Renzi, oggi non è in Aula, poiché presiede un decisvo Consiglio dei Ministri che deve varare le riforme: riduzione delle tasse ad aprile e busta paga più pesante per quelli con stipendi minori.
Secondo quanto si legge sulla stampa il “rinnovatore” tira dritto per la sua strada, che prevede cento euro in più in busta paga a chi guadagna 1.500 euro netti al mese, con il taglio del cuneo fiscale che andrà a vantaggio soprattutto, se non quasi esclusivamente, dei lavoratori con il taglio dell’Irpef.
I cento euro terranno conto anche dei soldi in busta paga che i lavoratori già hanno iniziato ad incassare grazie alla manovra del governo Letta e a regime, come ha confermato lui stesso, varranno 10 miliardi di euro l’anno, anche se quest’anno le coperture potranno essere anche inferiori.
Il primo trimestre del 2014, infatti, è praticamente andato e per ogni mese che passa senza che la misura sia stata introdotta lo Stato risparmia più di 800 milioni, sicché, a conti fatti, il costo complessivo almeno per il primo anno non dovrebbe superare i 7,5 miliardi.
Come commenta Andrea Bassi su il Messaggero, questo dovrebbe dare anche la possibilità di “un primo segnale alle imprese”, con l’opzione aperta sul tavolo del Consiglio dei ministri, di garantire il taglio del 10% dell’Irap sul costo del lavoro, una misura che costerebbe circa 2,3 miliardi di euro, che, per il sistema produttivo, vale, secondo Renzi, il ragionamento fatto per i lavoratori, con le cifre messe a disposizione che si andranno a sommare a quelle già stanziate dai governi precedenti.
Secondo l’Istat tra sostegno alla crescita e taglio del cuneo, il mondo delle imprese ha già un beneficio di 2,6 miliardi per il 2014 e se Renzi confermasse la volontà di aggiungere gli altri 2,3 miliardi dell’Irap la riduzione totale in corso sfiorerà i 5 miliardi l’anno.
Domenica, durante la trasmissione “Che Tempo che fa”, Renzi non ha mancato di scoccare una frecciatina verso Confindustria, sostenendo che difficilmente chi guadagna 1.200-1.300 euro al mese lascerà in cassaforte i 100 euro in più, sicché, secondo lui, mettere più soldi in busta paga è il miglior modo per far ripartire l’economia e anche la produzione industriale.
Anche perché, se non avranno molti soldi in questo primo giro, le imprese otterranno però quelle riforme e quelle semplificazioni, soprattutto fiscali, che chiedono ormai da moltissimo tempo., cmpreso l’avvio della riforma della giustizia, a cominciare da quella civile.
Cìè poi la questione del fisco amico, con la ribadita volontà di avviare subito il progetto per mandare direttamente a casa dei lavoratori dipendenti la dichiarazione fiscale precompilata; ua misura che almeno in una prima fase potrebbe essere sperimentata solo per i dipendenti pubblici.
Circa gli sgravi fiscali, che lui promette da aprile, resta da capire da quale parte si reperiranno le risorse, anche se è già chiara che almeno 4 miliardi circa 4 miliardi dovrebbero arrivare dalla spending review del commissario Carlo Cottarelli che in settimana presenterà il risultato del suo lavoro ed altri 3 sarebbero stati messi in conto alla voce “dividendo spread”, cioè il risparmio sui tassi di interesse dovuto al calo del differenziale tra i titoli di Stato italiani e i bund tedeschi, mentre la parte restante dei soldi dovrebbe arrivare dal rientro dei capitali dalla Svizzera grazie alla “voluntary disclosure”, che comunque, sono, nella migliore delle ipotesi, risorse una tantum che, almeno in teoria, non potrebbero essere destinate ad una riduzione strutturale delle tasse.
Si attende invece che l’Europa accenda un faro ed è proprio a Bruxelles che il governo guarda con attenzione e apprensione, con già da lunedì Pier Paolo Padoan, miniistro dell’economia, impegnato con i partner comunitari per l’Eurogruppo e l’Ecofin, nel tentativo di un pasaggio tranquilizzante sui programmi economici del governo Renzi e sul pacchetto di misure che intende approvare.
Renzi ha detto che l’Italia non sforerà il tetto del 3 per cento,ma ha anche definito la regola sul deficit “antiquata”. Vedremo cosa gli risponderà Angela Merkel nell’incontro preventivato fra i due il prossimo 17 marzo.
Renzi ha già incontrato la Merkel a luglio, quando era ancora sindaco di Firenze e giovane rampante e sgomitante dentro al Pd. L’ha incontrata nel luminoso ed ampio ufficio di lei, al settimo piano del cancellierato, con alla parete, dietro l’ampia e sobria scrivania, il ritratto di Adenauer del grande Kokoschka.
La cancelliera lo invitò dopo aver letto una sua intervista a un giornale tedesco sui temi europei e le sfide italiane, trovandolo molto interessante.
I due si sono rivisti il 6 marzo, con presenti anche i premmier di Inghilterra e Francia, prposito della questione Ucraina, ma solo per 20 minuti.
Mas sarà fra pochi giorni, il 17 marzo, che l’ormai ex sindaco ed attuale leader, dovrà convincere la cancelliera di ferro che l’Italia sta carburando e iniziando a marciare e che intende marciare accanto alla Germania, anche perché in vista di difficili elezioni europee, nelle quali l’euroscetticismo già galoppante sarà ulteriormente alimentato dai sentimenti anti-tedeschi, che saranno agitati da parte soprattutto, la Merckel vuole capire l’affidabilità e la consistenza di eventuali alleati.
Inoltre, dopo il voto di maggio, seguirà il semestre di turno italiano nella guida della Unione europea, il primo semestre di presidenza della Ue dopo il primo voto davvero “politico” per il rinnovo del parlamento europeo.
E la Merckel vuole stare tranquilla e passare da un generico feeling a un’intesa politica più solida e duratura tra Berlino e Roma, perché, da parte tedesca, c’è un evidente interesse a osservare con attenzione quanto succede in Italia, con questo nuovo governo, come dimostra anche la recente visita i a Berlino di Angelino Alfano, che non è stato solo un incontro di routine con il suo omologo Thomas De Maziere, ma ha avuto una coda politica nel pomeriggio, con il colloquio nella sede centrale della Cdu, proprio con lei, Angela Merckel, in veste di presidente del partito, che, di fatto, ha benedetto in questo modo il divorzio di Alfano da Berlusconi, ma anche espresso la volontà, di tenere sott’occhio la componente più vulnerabile e politicamente più vicina a lei del governo Renzi, per potersi fidare e continuare ad appoggiare un paese che non sempre si dimostrato serio e leale.
La Merkel non è la tedescona da affascinare e convincere sul mare di Rimini e Renzi avrà certamente il suo bel da fare non solo con le parole ma anche con concretissimi fatti.

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