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Avvocati in Italia made in Spagna e Romania

Abogados “spagnoli” e Avocat “rumeni” solo di nome ma a tutti gli effetti avvocati con nazionalità italiana. Un fenomeno poco rassicurante per l’accesso alla professione forense che di fatto è una scorciatoia per eludere l’esame di abilitazione nazionale. L'11/2/14 la Corte di giustizia deciderà se i professionisti che hanno acquisito la laurea in giurisprudenza in Italia, poi trasferitisi in Spagna o Romania per ottenere il titolo di abogado o avocat e poi tornare in Italia per poi chiedere la iscrizione “automatica” all’elenco speciale degli avvocati commettono un abuso del diritto UE.

Per qualcuno di fatto una scorciatoia che elude l’esame di abilitazione nazionale che non si riesce a superare mentre per altri è un diritto di ciascun cittadino europeo. Fatto sta che sempre più giovani buttano la spugna già al secondo tentativo e scelgono la via facile dell’abilitazione professionale all’estero, dove non c’è alcun esame. Tra questi Paesi la Spagna (scelta nell’83% dei casi) e la Romania (nel 4%). Ma il fenomeno sarebbe in realtà di ben più grandi proporzioni. Sarebbero centinaia infatti i cittadini italiani che ogni anno si recano all’estero per accedere alla professione forense. In numeri assoluti, su un totale di avvocati stabiliti pari a 3759, 3452 sono di nazionalità italiana. Gli Ordini forensi che contano il maggior numero di avvocati “stabiliti” di nazionalità italiana, iscritti nell’elenco speciale, sono Roma (1058), Milano (314), Latina (129) Foggia (126).

All’origine di tutto una normativa europea con la quale si fornisce la possibilità agli avvocati iscritti negli altri ordini europei di esercitare la professione forense anche in altri paesi della comunità al termine di un triennio.

Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, un fenomeno anche che nasconde abusi “commerciali”, pratiche commerciali scorrette e pubblicità ingannevole, da parte di agenzie, società, associazioni che millantano risultati immediati con messaggi ingannevoli tipo “diventa avvocato senza fare l’esame”, magari ad alti costi. Anche su internet esistono diversi siti che pubblicizzano la possibilità di diventare avvocato iscrivendosi all’ordine di questo o quel paese europeo, convertendo poi facilmente il titolo in Italia ad alti costi economici. Addirittura sono nate molteplici associazioni e/o scuole volte unicamente ad assistere il candidato nell’iter volto a ottenere il titolo abilitativo all’estero: insomma, come con i tour operator, si vende un vero e proprio “pacchetto professionale” per chi decide di intraprendere questa strada. Con le migliaia e migliaia di avvocati in giro nel nostro paese, tale prassi rischia di ingolfare ancora di più la macchina della giustizia. Finalmente domani 11 febbraio nelle cause C-58/13 e C-59/13 la Corte di giustizia, deciderà sulla via spagnola e rumena all'avvocatura.

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