Un libro per riflettere tra “essere” e “dover essere” del pluralismo confessionale

L'Autore dell'articolo è Marcello Mazzuca (un. Magna Graecia di Catanzaro)
Un celebre giurista, Salvatore Satta, scriveva che l’indagine giuridica non necessità mai di essere giustificata: giustificati devono esserne, semmai, gli esiti. E ciò, ci permettiamo di aggiungere, soprattutto là dove l’indagine coinvolge questioni nelle quali l’etica del comportamento è selezionata ed imposta non soltanto dalla forza del sistema giuridico ma, e spesso in antitesi con esso, dai moti intimi della coscienza degli individui, per sua natura di inesauribile complessità.
Quello prescelto da Domenico Bilotti per il Suo recente “Approcci critici al pluralismo confessionale” (Luigi Pellegrini Editore, 2013) è, senza dubbio, argomento tra questi ultimi. L’itinerario battuto dal giovane studioso è espresso, oltre che dai primi due lemmi del titolo del volume, dall’efficace impostazione delle pagine di apertura, nelle quali è segnalata l’ormai innegabile complessità scaturente dal cosmopolitismo delle relazioni e, con esso, della stessa regolamentazione giuridica.
Il pluralismo confessionale, che di questo cosmopolitismo inevitabilmente si alimenta, subisce, lo evidenzia bene l’Autore, interpretazioni frequentemente pre-giudiziali, nelle quali ogni prassi comportamentale è spesso ritenuta null’altro che una declinazione, inevitabile, dell’appartenenza religiosa. Di guisa che ogni comportamento, non espressamente recepito dal legislatore, è destinato ad una sanzione di indifferenza che, in questa prospettiva, diventa essa stessa valore, in virtù dell’attitudine a rappresentare l’espressione ultima del riconoscimento di una libertà.
In altri termini, la lettura delle erudite pagine del volume persuade che il problema decisivo del pluralismo confessionale diventa, ancora una volta, quello del rapporto tra “ordinamento civile” e “ordinamento religioso”, che non è possibile pretendere composto soltanto in virtù del riconoscimento di un mero agere licere, relativamente ai comportamenti che non interferiscono esplicitamente con le regole del diritto positivo.
Il maturo apparato bibliografico predisposto dal nostro Autore si muove, con notevole sensibilità, tra ampi riferimenti al panorama internazionale e accorati richiami filosofici, i quali sono in grado di esaltare molteplici profili di problematicità e, per tale via, di spianare la strada ad un nuovo, speriamo imminente, contributo di Domenico Bilotti.

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