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IL PUNTO speciale di Marco Zacchera n. 476 del 25.1.2014

IL PUNTO speciale di Marco Zacchera n. 476 del 25.1.2014
SOMMARIO: ricordo di Don Carlo Masseroni

ARRIVEDERCI DON CARLO!

E’ mancato ieri, a 89 anni, Don Carlo Masseroni, per una vita missionario in Burundi, una di quelle tante persone che in silenzio hanno dedicato la vita agli altri, ma che sicuramente lasciano una traccia.
Altri lo ricorderanno meglio di me, io non posso dimenticare i giorni e le notti passati insieme sugli altipiani dell’Africa Centrale dove le stelle sono così grandi e la gente così povera. Non posso dimenticare gli orrori della guerra, la rivoluzione che ci ha visti coinvolti nell’aprile del 1994 quando per un pelo l’abbiamo scampata o le ore tragiche del luglio del 2000 quando, colpito da un proiettile di kalascintov al volto sparatogli a bruciapelo, riuscì comunque a sopravvivere per una serie di incredibili circostanze e subito, miracolosamente guarito, ritornò in Burundi dove pur sapeva che avrebbe di nuovo rischiato la vita.
Don Carlo aveva sempre voluto fare il missionario, ma in Burundi approdò solo a 42 anni nel 1967 e sempre ci rimase salvo qualche fuga precipitosa in occasione dei colpi di stato o delle terribili guerre tribali tra tutsi e hutu.
Sono tanti i ricordi, intimi, tragici o stupendi che gli hanno permesso di trasmettere a così tante persone un senso della vita tutto speciale.
Le sue famose “lettere” (quasi 300!) che prima a ciclostile e poi via internet spediva puntualmente a centinaia di suoi amici sparsi in tutta Italia e che erano un ponte speciale di frammenti di vita, reportage originali e preziosi di un’Africa piena di problemi ma anche di speranze.
Chissà come mai gente come Don Carlo e le migliaia e migliaia di persone che gratuitamente offrono la propria vita per gli altri non sono quasi mai proposti per il Nobel per la Pace. Tra l’altro anche loro sono e sono stati per anni “Italiani all’estero” eppure così pochi hanno considerato quanto hanno fatto per l’immagine e la credibilità del nostro paese in giro per il mondo.

Ricordo un sabato pomeriggio, dopo una Messa in una succursale, avvicinato da una famiglia che gli annunciava la morte imminente di una donna. Entrammo in quella baracca angusta, umida, buia e puzzolente. Per terra su una stuoia stava contorta una persona agonizzante. Don Carlo le prese una mano e la tenne stretta nella sua mormorando una preghiera. Quel corpo si rilasciò quasi assorbisse serenità e Don Carlo le chiuse gli occhi.
Me lo rivedo in cammino sulle coline di Rwarangabo, la sua parrocchia con oltre 60.000 cristiani e le messe oceaniche che non finivano mai, sempre su e giù per le colline di terra rossa, polverose o piene di fango a seconda della stagione. Il suo mitico “Maggiolino” grigio che riusciva sempre a sfangarsi e al quale una volta, salendo verso Murehe, sostituii la cinghia di trasmissione con una corda, l’unica riparazione meccanica mai fatta in vita mia, ma che ci permise di arrivare prima di sera nella missione dove ci aspettava Don Giancarlo. Ho una foto di quel giorno, circondati da una turba di ragazzini vocianti e che ci spingevano in salita… chissà quanti di loro sono rimasti vivi dopo l’eccidio di massa che scoppiò pochi giorni dopo.
Rwanda, Uganda, Burundi: terre martoriate e lontane, ai margini dell’attenzione del mondo.
L’ultima mia visita a Kiremba fu nel 2012 quando mi ero da poco dimesso da deputato.
Come sempre quei giorni d’Africa mi disegnarono altre priorità regalando serenità mentre seguivo Don Carlo a visitare ogni giorno i malati in ospedale.
Un ospedale così diverso dai nostri con centinaia di malati ma fatti anche dal vociare di parenti e cucine da campo, sporcizia, mosche, odori, galline che giravano per le corsie, morenti in un angolo e anche spesso con due malati distesi nello stesso letto.
Un ospedale dove ormai tutti i medici bianchi se ne erano andati dopo che pochi mesi prima era stato ucciso un collaboratore e una suora missionaria assaliti proprio lì, a dieci passi dalla canonica. Erano scappati tutti, ma Don Carlo era restato e aveva sempre una parola per tutti, un sorriso, una carezza.
Due mesi fa, tornato in Italia, mi racconto che uno degli ultimi giorni di Burundi prima del rientro – quando già forse aveva capito di stare poco bene – in quello stesso ospedale dove aveva assistito decine di migliaia di persone chiese ad un’infermiera se poteva provargli la pressione. “Non sono pagata per provare la pressione a un bianco come te!” gli fu risposto e, nel raccontarmelo, Don Carlo non si lamentava, ma sorrideva.
In quel sorriso c’era una grande risposta ai problemi e alle rabbie cieche che qualche volta covano in ciascuno di noi quando ci lamentiamo delle cose che non vanno o pensiamo di essere oggetto di una discriminazione o di una ingiustizia.
Un modo per far capire a tutti che i “grazie” spesso non sono di questo mondo, ma soprattutto non sono necessari. Il ricordo di Don Carlo è piuttosto un impegno, perché la Sua risposta e il Suo esempio sono una questione che ci turba, e che ci sentiamo forte nel cuore.

I funerali di Don Carlo Masseroni verranno celebrati domani, giovedì 30 gennaio, presso la chiesa parrocchiale di Fontaneto d’Agogna (NO) alle ore 15.
La preghiera sarà presieduta dal nostro vescovo Mons. Franco Giulio Brambilla

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