L’oppio nel Laos e Myanmar: il (ri)nascente “triangolo d’oro”

di Piero Innocenti

arresti carabinieri drogaDi solito, quando si parla di oppio ed eroina, si pensa subito all’Afghanistan, il paese simbolo di estese coltivazioni di papavero da oppio e di trafficanti di eroina. E, tuttavia, il recente rapporto dell’UNODC, “Southeast Asia , Opium Survey 2013, sulla situazione della produzione di oppio nel lontano sud est asiatico, può aiutare a comprendere la situazione attuale. Già nella breve introduzione, Yuri Fedotov, direttore esecutivo dell’agenzia antidroga delle Nazioni Unite, esprime la preoccupazione per un aumento nella produzione di oppio ed eroina (ma anche delle droghe sintetiche) nel Myanmar e nella confinante Repubblica Democratica Popolare del Laos, con un piccolo accenno anche ai consumatori di droghe che sono andati sempre più crescendo dal 2007. Va ricordato che il Myanmar (ex Birmania), con il Laos e la Thailandia (cosiddetto “Triangolo d’oro”) rappresentano la seconda regione asiatica nella produzione mondiale di oppio dopo Afghanistan, Pakistan e, in parte Nepal e India (la cosiddetta “Mezzaluna d’oro”). I dati che andiamo ad esporre testimoniano quanto detto, tenendo presente che nelle valutazioni sulla estensione delle coltivazioni di papavero si è fatto uso di rilevazioni satellitari e di riprese fotografiche effettuate a bordo di elicotteri. Dunque, se nel Laos si è passati dai 6.800 ettari del 2012 ai 3.900 del 2013, in Myanmar, viceversa, si è registrato un incremento delle colture del 13%, passate dai 51mila ettari del 2012 ai 57.800 del 2013 e in Thailandia dai 209 ai 265 ettari del 2013. Un totale, quindi, di circa 62mila ettari che, nel lontano 1998, aveva raggiunto la superficie di oltre 150mila ettari. La produzione di oppio è, conseguentemente, scesa nel Laos ( a 23 tonnellate contro le 42 del 2012), leggermente aumentata in Thailandia (a 4 tonnellate contro le 3 del 2012) e apprezzabilmente aumentata nel Myanmar (870 tonnellate a fronte delle 690 del 2012). Alla fine del 2013 si può, dunque, affermare che il Myanmar è il secondo paese produttore mondiale di oppio dopo l’Afganistan che con i suoi circa 200 mila ettari di papavero è saldamente in testa alla graduatoria. Il prezzo del “prodotto” è, naturalmente, inversamente proporzionale all’offerta: aumentato a circa 2.800 dollari americani al kg nel Laos, sotto i 1.500 dollari al kg in Myanmar. In quest’ultimo Paese, la maggior parte delle coltivazioni (circa 53mila ettari) è concentrata nella regione dello Shan State e, in misura ridotta, nella regione di Kochin. Nel corso del 2013 sono stati eradicati circa 12mila ettari (-48% rispetto al 2012) e si stima che, nei vari villaggi, siano circa 192mila le persone coinvolte nella coltivazione del papavero, in parte su propri appezzamenti di terreno (53%) e in parte alle dipendenze di altri (wage labour). Mediamente, da un ettaro coltivato a papavero si sono ricavati circa 15 kg di oppio, la resa più alta degli ultimi 12 anni se si esclude il 2007 quando si ottennero circa 16,5 kg/ettaro. Naturalmente non sono mancati i problemi nelle colture connessi alla siccità, a insistenti piogge, alle gelate notturne, alle radici della pianta mangiate dai vermi, ad altre malattie. Alle domande rivolte ai contadini “perché coltivare oppio”, le risposte sono state “to make more money” o perché “opium is easy to sell” o, ancora, because other villagers do” ma il 35% degli intervistati ha dichiarato di svolgere tale attività per superare le difficoltà collegate all’aumento del costo della vita. Da queste parti il prezzo di un chilogrammo di oppio fresco, seppur oscillante da villaggio a villaggio, è, mediamente, di circa 500mila kyat (un kyat è uguale a 0,0007 euro o 0,0010 dollari americani). Uma miseria per i contadini, una fonte di straordinari profitti per i commercianti nei successivi passaggi fino ai mercati di destinazione, verso Hong Kong, passando dallo Yunnan o attraverso la provincia cinese di Guanxi, in Cambogia da dove (porto di Sihanoukville) le partite di eroina vanno su altri mercati internazionali, o ancora dal porto e aeroporto internazionale “birmano”di Yangon (cfr. anche la relazione della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, 2012). L’eroina tira ancora a ben vedere. Anche in Italia, dove trent’anni fa (1984) le forze di polizia ne sequestrarono 467 kg saliti a 990 kg dieci anni dopo (1994) e ancora oggi, a fine 2013, ne sono stati intercettati ben 730 kg.
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