LE NUOVE REALTA’

L’Italia del XXI Secolo è profondamente cambiata. Certamente in “peggio”; almeno secondi i parametri che avevano, bene o male, caratterizzato il secolo scorso. Nel quattordicesimo anno del Nuovo Millennio, gli stessi partiti politici hanno evidenziato un’anomala proliferazione che è stata frutto, a ben osservare, di scissioni e mutazioni al loro interno. A nostro avviso, le figure considerate”emergenti” hanno assunto una differente fisionomia; pur senza rinnegare totalmente l’origine della loro ascesa politica. Una scelta, in ogni caso, oculata ed opportunista. Dato che rinnegare il proprio “passato” potrebbe mostrare la premessa per mettere in gioco il proprio “futuro”. In ogni caso, non tutte le tesi, ancora in essere, devono essere necessariamente ribaltate per ridare affidabilità a chi sembra averla perduta. Con l’incontro Berlusconi/Renzi, la politica italiana è cominciata a cambiare. Solo certe “regole” essenziale non potranno essere, in effetti, mutate. La realtà ufficiale del Paese è assai difforme da quella vissuta dalla gente. Non c’è ripresa e si continua a minimizzare tanti segnali di mal governo, locale e centrale, che è di pubblico dominio. Ogni giorno, un’altra novità in “negativo” s’aggiunge a quelle che già costellano il firmamento della Politica italiana. I provvedimenti, assunti da un Esecutivo sempre meno rispondente alle necessità del Paese, non sono riusciti a risollevare un’economia “malata” ed indebolita da un sistema che vive alla giornata e solo per l’apparente disponibilità di una Maggioranza più formale che sostanziale. L’Italia è cambiata in peggio. Sia sotto il profilo economico che sociale. L’improvvisazione, che è figlia dell’impreparazione, ci ha frustrato. Da questo stato di fatto, innegabile, ha origine il senso di disagio che è tipico di questo nostro tempo. In buona sintesi, non s’è verificata la ripresa sociale indispensabile premessa per dare concretezza a quell’economica. Chi tenta, oggi, di mantenere alcune “certezze” del passato, parte perdente. Non scriviamo d’essere per l’”originalità”, ma riteniamo ragionevole trovare delle strategie che consentono maggiori aperture dell’evolversi di una Società multietnica e di un’economia internazionale che emargina, inesorabilmente, chi promette ciò che sa di non poter mantenere. A questo punto, i sacrifici e le rinunce potrebbero apparire sempre meno motivate. Attenzione, però, a non giocare la carta del “vittimismo”. Sarebbe un errore che andrebbe a ricadere sulle presunte “vittime”. Indubbiamente, la Politica italiana non s’è adeguata ai ritmi di un Paese incastonato in una realtà europea sempre in maggior espansione. Quella italiana è tutt’altro che “nuova”, Certo è che la logistica di un suo rinnovamento è partita dalla “coda”; vale a dire dalla parte più debole della nostra piramide sociale. La risposta è stata chiara: meni liquidità monetaria, aumento della disoccupazione e rilevante riduzione degli investimenti produttivi. Per uscire dal “gap” serviranno anni e non mesi. Il cambiamento della nostra classe politica è troppo lento e le formazioni partitiche troppo “variegate” per sperare in una prova di buona volontà ad ampio respiro. Non basterà il cambio di un Esecutivo, anche a non breve termine, per recuperare il tempo sprecato.

Giorgio Brignola

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