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Il patto per l’Italia e per gli italiani nel mondo

I primi otto mesi di Governo Letta si chiudono, per gli italiani nel mondo, con un bilancio sostanzialmente negativo. Avremmo potuto chiuderli in pareggio se fossimo riusciti, anche in questa legislatura come in quelle precedenti, a prorogare le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, o addirittura positivo se fossimo riusciti a dare una risposta duratura e credibile alla questione IMU per i residenti all’estero. Per l’IMU tutto rimane come prima. Per la TASI, invece, sarà possibile accedere a una detrazione, solo per il 2014, dal fondo comune di 500 milioni per gli indigenti, esteso anche ai residenti all’estero. Anche per l'internazionalizzazione del Made in Italy, attraverso la rete delle camere di commercio, vi è stato solo un modesto segnale positivo. Davvero poco.
È vero che abbiamo attraversato periodi peggiori. Eravamo abituati ai tagli lineari, a quelli feroci, che fanno male, che allontanano le nostre comunità dall’Italia e dalla prospettiva di una dimensione globale di presenza italiana nel mondo. Grazie al lavoro svolto al Senato, che ha recuperato 5 milioni di euro, siamo riusciti a contrastare l’ennesima riduzione lineare di tutti i capitoli, circa il 10%, che nella mia matematica ci porta esattamente dove eravamo a fine 2012. Non oltre.
La condizione di oggi è l’assenza d’interlocuzione diretta con il Governo. Nei quattro anni del Governo Berlusconi, infatti, i tempi erano segnati dalla logica dei tagli lineari e dalla linearità di deleghe affidate a chi meglio interpretava quelle scelte. Il Governo di transizione di Mario Monti ci aveva riconsegnato capacità di confronto che si è drammaticamente estinta con il Governo Letta. La fase dell’ascolto e del confronto è stata la caratteristica, invece, del Governo di Romano Prodi.
Abbiamo però un fatto positivo: il Governo ha annunciato una fase di ripensamento della nostra presenza diplomatico-consolare nel mondo. Non chiuderanno Adelaide e Brisbane e si conferma l’avvio di una fase di confronto parlamentare per ridisegnare anche i criteri per garantire diplomazia, sviluppo, servizi. Non è ancora sufficiente. Sarebbe utile, anche per il Governo, poter contare su un confronto diretto con il Parlamento sui temi degli italiani all’estero. Eviterebbe incomprensioni e consentirebbe la nascita di proposte serie, coordinate, in un momento in cui rimettiamo in discussione regole elettorali e rappresentanza diretta.
Sui temi della rappresentanza la parola torni alle nostre comunità. Dicano cosa pensano di Comites, CGIE, Parlamentari eletti all’estero e ci consegnino una visione alternativa a quella che noi abbiamo pensato e sviluppato in questi anni. Sarebbe comunque utile anche per misurare la distanza che siamo riusciti a costruirci attorno. Dobbiamo tutti essere pronti a un nuovo modello di rappresentanza. Non ci spaventa e non ci rattrista. Ma non è possibile prescindere dall’esercizio in loco del diritto di voto o dalla garanzia costituzionale che, insieme all’effettività del voto, ne garantisca la pari dignità e quindi la pienezza del valore anche nel rapporto fiduciario con il Governo.
Il Partito Democratico racconta oggi una storia di partecipazione politica rilevante attraverso le primarie. Il Partito Democratico propone oggi un ricambio generazionale. Deve essere il Partito Democratico del cambiamento, di un nuovo patto per l’Italia. Per queste ragioni, al nuovo patto per l’Italia, è necessario affiancare anche una proposta nuova per gli italiani nel mondo.

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