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Il bordo vertiginoso delle parole per Carofiglio

Gianrico Carofiglio, l’autore barese che ha da poco annunciato di aver abbandonato la magistratura, ma, pare, anche la politica, ha appena pubblicato per Rizzoli: “Il bordo vertiginoso delle cose”, un romanzo introspèettivo che ha per protagonista Enrico Vallesi, un uomo tradito dal successo del suo primo romanzo, intrappolato in un destino paradossale, che ha il sapore amaro delle occasioni mancate, con la memoria (protagonista anche qui, come ne “il passato è una terra straniera” e ancora in “Testimone inconsapevole- La memoria-“) che lo sottopone ad una verifica impiegatosa. Decide allora di salire su un treno e tornare nella città dove è cresciuto, e dalla quale è scappato molti anni prima. Comincia in questo modo un avvincente viaggio di riscoperta attraverso i ricordi di un'adolescenza inquieta, in bilico fra rabbia e tenerezza. Un tempo fragile, struggente e violento segnato dall'amore per Celeste, giovane e luminosa supplente di filosofia, e dalla pericolosa attrazione per Salvatore, compagno di classe già adulto ed esperto della vita, anche nei suoi aspetti più feroci. Con una scrittura lieve e tagliente, con un ritmo che non lascia tregua, Gianrico Carofiglio ci guida fra le storie e nella psicologia dei personaggi, indaga le crepe dell'esistenza, evoca, nella banalità del quotidiano, “quel senso di straniamento che ci prende quando viaggiamo per terre sconosciute e lontane”. Romanzo di formazione alla vita e alla violenza, racconto sulla passione per le idee e per le parole, storia d'amore, implacabile riflessione sulla natura sfuggente del successo e del fallimento, “Il bordo vertiginoso delle cose” può essere letto in molti modi.Uscito a fine ottobre, piazzatosi subito fra i libri più venduti, non ha più per protagonista Guido Guerrieri ed è un ping pong serrato tra passato e presente, a partire da una casuale notizia di cronaca nera letta per caso su un giornale , con un viaggio nella memoria e non solo, che costringe il protagonista afare i conti con parti di sè e della propria storia che erano rimaste a lungo ignorate. Il bordo vertiginoso delle cose è un romanzo di formazione alla vita e alla violenza, un’arguta riflessione sulla precarietà del successo ma anche una bellissima storia d’amore che, con stile leggero e mai banale, porta il lettore ad immedesimarsi nel protagonista, perché a tutti noi, almeno una volta, è capitato di vivere in un equilibrio precarico e vertiginoso. Classe 1961, Carofiglio, prima di essere uno scrittore è stato magistrato fin dal 1986, lavorando a Prato come pretore, poi a Foggia come pubblico ministero e a Bari come sostituto procuratore alla Direzione Distrettuale Antimafia. Dal 2006 al 2008 è stato anche consulente della Commissione Parlamentare Antimafia e nell 2008 eletto senatore nelle file del Pd. Fra i suoi maggiori successi: Testimone inconsapevole, Ad occhi chiusi, Il passato è una terra straniera (Premio Bancarella 2005) e Il silenzio dell’onda (2011); ma anche il graphic novel Cacciatori nelle tenebre (2007), la raccolta di racconti Non esiste saggezza (vincitore del premio Piero Chiara 2010), il saggio La manomissione delle parole (2010), nonché collaborazioni con altri autori come Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo. Questo suo ultiomo è un romanzo a forti tinte, fosco in molti punti, che parla di squarci e ferite aperte e mai sanate, acquattate in fondo all'anima, che di tanto in tanto si palesano, con un dolore acuto. Una nota aggiuntiva alla critica e ai giovani di destra il romanzo non è piaciuto e si è scritto quello che Veneziani mandò a dire a Carofiglio attraverso la Gazzetta del Mezzogiorno, nel 2006 e cioè che è manicheo e di parte, soprattutto quando descrive i giovani di sinistra, belli ed immacolati e quelli di destra, brutti ed “organizzati in modo professionale, come dei delinquenti professionali”. Critica risibile poiché il romanzo è altra cosa e perché in un racconto è sempre una raccolta di fantasie in cui si può trovar di tutto e poi né questo né gli altri vogliono essere romanzi storici, ma apologhi o racconti etici o morali, in cui narrare il proprio, personale punto di vista. Raccomandiama a Veneziani e agli altri, di considerare questo (lo ripeto), romanzo di formazione alla vita e alla violenza, racconto sulla passione per le idee e per le parole, storia d'amore, implacabile riflessione sulla natura sfuggente del successo e del fallimento, raccontato con una scrittura meditata e ficcante (l’uso inconsueto del “tu” scava in profondità), con la storia incrociata del giovane Enrico, in cui esplodono le passioni, anche violente, della politica e dell’amore adolescenziale, e del maturo scrittore che è diventato, disilluso, piegato dal fallimento e travolto dalle parole che non riesce più a dominare e a controllare. Le parole sono le grandi protagoniste di questo romanzo: quelle lette e quelle scritte in interminabili pomeriggi dal giovane Enrico sulla sua Lettera 22, quelle assorbite quasi in estasi dalla bocca della giovane e attraente supplente di Filosofia e quelle non dette, ingoiate dal buco nero della realtà con le sue leggi irrimediabili e definitive. Le parole sono importanti” diceva Nanni Moretti in Palombella Rossa e qui Carofoglio lo dimostra, pienamente.

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