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IL PUNTO di Marco Zacchera n.465 del 4 novembre 2013

SOMMARIO: RIFLESSIONI – VERBANIA E IL PORTO AFFONDAT O- PD E PDL
RIFLESSIONI AFRICANE
Alcune note stese durante un viaggio africano dove è continuo il contatto con
una realtà economica e sociale che ogni volta mi porta quasi naturalmente a
rendermi conto di come l’organizzazione del mondo sia sempre più assurda e
fondamentalmente sempre più ingiusta. Mentre le polemiche italiane si perdono
lontane sullo sfondo sfuocato via internet, vedo intorno a me in questi giorni
ben altri problemi circondato da una povertà assurda, ingiustizie clamorose e
in generale un costante peggioramento della situazione che coinvolge buona
parte dell’Africa ma anche di altri miliardi di persone.
Possiamo decidere di infischiarcene e di pensare solo o innanzitutto a noi
stessi, di alzare muri, di ignorare la realtà, ma non credo che possiamo
sfuggirne, o almeno a me non riesce, soprattutto se la si vede e la si tocca
con mano. E’ comunque un atteggiamento miope non parlare di questi problemi
globali, di accantonarli dal dibattito collettivo visto che il mondo è di tutti
e questi problemi ci coinvolgeranno sempre di più, noi e le prossime
generazioni cui stiamo preparando un disastro economico ed ambientale e quindi
è assurdo far finta di niente. Credo di avere il dovere di darne almeno
testimonianza cercando di coinvolgere persone (molti lettori sanno che da 32
anni mi occupo dei VERBANIA CENTER) e innanzitutto sottolineando che ci sono
alcuni elementi di fondo che credo debbano essere presi a base di un
ragionamento che ciascuno è poi libero di continuare all’interno della propria
coscienza.
Il primo è che quando ero bambino la terra aveva 2 miliardi di abitanti, ora
ne ha 7 e si prevede saranno 11 per la fine del secolo. Il pianeta,
razionalizzando, può permettersi di sfamarci tutti ma non può più vivere di
spreco alimentare ed energetico con tutti i problemi conseguenti.
La seconda considerazione è che oggi il 20% dell’umanità consuma l’80% delle
risorse e se questo 20% diventasse anche solo il 30 saremmo alla bancarotta
ambientale. La terza constatazione – e l’Africa e l’Asia ne sono l’esempio più
lampante – è che molte di queste società non sono in grado di cavarsela per una
sostanziale inefficienza del loro “sistema” interno che a livello nazionale
scimmiotta in peggio i nostri schemi democratico-parlamentari, spesso
recuperandone solo gli aspetti peggiori o esteriori, ma senza poi neppure
tentare di concretizzare quei correttivi che, almeno in parte, dovrebbero
garantire la giustizia e la trasparenza nella nostra società “occidentale”.
Immagino tante ironie vista la situazione italiana nell’affrontare l’argomento,
ma da noi non capita comunque che ti fermi un poliziotto ed apertamente ti
minacci chiedendoti dei soldi solo per lasciarti proseguire, o che vi sia
assoluta insicurezza di vita, nessun controllo o garanzia economica o
finanziaria, nessuna prevenzione sul lavoro o rispetto per la vita umana. Lo so
che da noi c’è la crisi, che innanzitutto dobbiamo pensare a noi stessi ed a
difendere il nostro status sociale, ma non avete un’idea che cosa sia la
“crisi” (permanente) in oltre metà del mondo.
D'altronde la prima volta che arrivai in Kenya c’erano circa 14 milioni di
abitanti e oggi forse sono 40. Nessun governo, nessun statista, nessuna società
potrebbe realizzare comunque in questa situazione sufficienti servizi di base e
in altre zone va anche peggio perché quel poco che c’è è distrutto da
guerriglia, malattie e disastri vari. La prima cosa da fare è quindi secondo me
stabilizzare il numero degli abitanti del pianeta o non ci sarà possibilità di
riprendersi. Non è impossibile farlo anzi è relativamente facile anche senza
impiegare mezzi coercitivi o violenti ma innanzitutto con l’istruzione, l’
educazione, la volontà di aiutare finalmente le donne di questo pianeta che
sono di solito le peggio trattate in troppe società.
La seconda questione è “come” aiutare da parte dei paesi ricchi e qui il
bilancio è desolante visti gli sprechi, gli eccessi, il cattivo esempio che
diamo nella gran parte dei casi. Ci sono tanti casi positivi ed eroici – e lo
vedo soprattutto a livello di impegno religioso dove persone hanno sacrificato
a questo fine tutta la loro vita – ma sono stupende eccezioni perché a fallire
non sono di soliti i piccoli progetti o le realtà locali ma soprattutto le
organizzazioni internazionali, la banca mondiale, gli aiuti di stato che
vengono sciupati, dispersi, depredati alimentando un moltiplicarsi ignobile
della corruzione. L’Italia ha grandemente ridotto le cifre della sua
cooperazione internazionale – che molto spesso peraltro erano soldi spesi male
– ma la filosofia che sta alle spalle della “cooperazione” (per esempio a
livello europeo) parte con obiettivi magari anche positivi ma poi si ferma
perché resta a livello di mega- infrastrutture. Sono opere quasi mai capite e
vissute a livello della gente che poi dovrebbe usarle, oltre ad avere un
pessimo rapporto costo-risultati e nessuna manutenzione, il che garantisce di
solito il loro pronto fallimento. Quanti sanno che una notissima organizzazione
dell’ONU spende in costi di gestione interni il 79% del proprio bilancio? Non
solo, l’ignoranza e la povertà alimentano la distruzione ambientale di quello
che resta e non sono solo fenomeni d’immagine come gli elefanti ammazzati per
recuperarne le zanne, ma – per esempio – una pesca sfrenata e incontrollata che
a ogni latitudine impoverisce il mare oltre ogni limite, ma usando poi comunque
solo una parte del pescato che in buona parte viene poi sottoutilizzato o
distrutto. Milioni di pescatori poveri vivono con ridicole quantità di pescato
giornaliero, ma super-pescherecci prosciugano il mare “spianando” fondali e
distruggendo in modo sistematico gli habitat dalla riproduzione marina
applicando mezzi di pesca elettronici su larga scala. Chi se ne preoccupa?
Sembra nessuno e questo vale anche per l’uso scriteriato della (poca) acqua
buona che c’è, per una gestione assurda dei rifiuti, per una agricoltura che
obbedisce a criteri di sfruttamento e non di sostenibilità generale, per una
politica energetica folle. Il mondo ogni anno ad agosto “va in riserva”
rispetto a quanto è in grado di autoprodurre e questo deficit è un pauroso
rischio per le prossime generazioni.
Credo che serva qualche idea, a cominciare però da una denuncia “politica” di
quanto sia stata sciocca una decolonizzazione accelerata senza mettere in piedi
prima delle strutture locali affidabili e minimamente competenti. Anche questo
è un costo pagato alla “democrazia” (o alla demagogia?) che quasi sempre è
solo di facciata. Non ci sono più i “colonialisti” ma le multinazionali e il
risultato è stato ben peggio. Ili colonialismo aveva portato allo sfruttamento
di popoli e di ricchezze naturali con le “concessioni” che i governi
colonialisti davano ai propri supporter, oggi sono le multinazionali senza
volto e senza responsabili che gestiscono prezzi, economie, e speculazioni
sulle materie prime dettando le leggi del commercio mondiale.
Ma allora perché ogni nazione “ricca” non torna ad adottare una o più nazioni
povere e anziché polverizzare interventi non le aiuta sul serio, dall’inizio
alla fine, dalle strutture politiche a quelle giudiziarie, dai consigli
economici a diventarne mercato di sbocco a prezzi onesti dei loro prodotti,
dall’obbligare all’istruzione? per dimostrare che un miglioramento si può avere
se si si osservano delle regole condivise da tutti e non regalando, ma
verificando man mano la crescita dei singoli paesi con in testa la solita
parola chiave: darsi delle regole e farle osservare.
Ma perché a livello planetario non si impongono regole che appunto valgano
per tutti? Pare che il 30% dei miliardari di dollari siano cinesi e se da una
parte è curioso che questo sia il frutto di una rivoluzione che si dice tuttora
“comunista” dall’altro si assiste – soprattutto in Africa – ad una rapina
naturale che non ha paragoni con il fu colonialismo.
La Cina, comunista a parole e ipercapitalista nei fatti, sta disboscando il
pianeta, distrugge mari e sottosuolo, se ne frega dell’ effetto-serra, tratta
da schiavi buona parte dei propri abitanti e quelli dei paesi intorno, invade
il mondo con prodotti più o meno contraffatti, distrugge le aziende “nostre”
come quelle di migliaia di realtà locali con una manodopera sottopagata e
sfruttata…e noi non abbiamo l’attenzione, il coraggio, la volontà nemmeno di
parlarne. Ma possibile che l’Europa che si vanta (o si vantava) di essere la
coscienza civica del mondo non riesca neppure a controllare il proprio import?
Se la terra è ormai un villaggio globale si devono imporre regole globali o
siamo degli ipocriti e per di più saremo sconfitti come spesso già oggi siamo
sudditi e non cittadini perché manovrati nei gusti, nei consumi, nelle
scelte…vogliamo rendercene conto? E ancora più poveri e sconfitti sono e
saranno i miliardi di poveracci che stanno peggio di noi, gli schiavi senza
nome di oggi…altro che non cercare di scappare via Lampedusa, o di arraffare
con la violenza quel poco che si può se ne capita l’occasione. Essere schiavi
del consumo, del telefonino ipertecnologico, dei gusti di massa, dei giochi
mangiasoldi come di una iperspesa per l’abbigliamento e quindi accettando per
buone le mode come ci vengono proposte o le notizie come vengono diffuse (o non
diffuse), è il grande limite di una società capitalista che uccide sé stessa
perché accentra in troppe poche mani la gestione del pianeta, non ha più
sistemi di autocontrollo e soprattutto ha perso quei valori che stanno alla
base di una convivenza equa, soprattutto in un mondo sempre più “stretto”. In
campo ambientale il quadro è ancora più nefasto: consumiamo in modo
sconsiderato – Europa e Usa in testa – ma almeno con un riferimento di leggi
più o meno osservate ma in Asia non è così, in Cina l’inquinamento è pauroso ma
tollerato (o imposto) all’interno e nei paesi-satellite. Un disastro.
So benissimo che queste righe possono essere oggetto di critiche infinite, che
ci sono mille obiezioni fondate e che in poche righe è difficile riassumere i
concetti, ma servano almeno come spunto di silenziosa riflessione personale e
alla domanda concreta “ma in questo disastro, io personalmente che cosa posso
fare?” credo che la risposta più corretta sia almeno prenderne coscienza,
reagire con scelte di consumo individuale più logiche e poi affrontare intorno
a noi almeno un caso concreto, un piccolo problema, dandoci ciascuno un
obiettivo diretto che magari è nella propria città o nel caseggiato davanti a
noi – e non necessariamente al di là di un oceano – per risolvere o almeno
cercare di risolvere “quel” problema. Far crescere questa coscienza di
reciproca appartenenza ad un mondo globale, chiedere che il problema sia
considerato a livello politico e dei governi è diventato indispensabile perché
con questo atteggiamento di minor menefreghismo generale forse non avremo
cambiato il mondo, ma sicuramente avremmo cominciato a farlo, ma prima di tutto
avremo migliorato noi stessi.
VERBANIA E IL PORTO
Leggo delle polemiche sul porto affondato a Verbania e la proposta del
consigliere regionale Aldo Reschigna (PD) di investire nella sua ricostruzione
i soldi previsti per la pista ciclabile Suna-Fondotoce che, d’intesa con la
regione e la collaborazione della provincia, dopo tanti anni di chiacchiere
finalmente si dovrebbe costruire. Sono stupito dal suo ragionamento perché
proprio lui – con gli altri consiglieri “verbanesi” Cattaneo e De Magistris –
avrebbero innanzitutto il dovere di pretendere chiarezza su questa vicenda.
Non servono polemiche, concetto che condivido, ma non è possibile che la
regione realizzi in pochi anni due porti – a Verbania e Cannobio – e che
entrambi finiscano affondati in fondo al lago! Né che a Torino si sia
considerato così poco, dopo tante parole, per quanto Verbania ha subito per il
disastro del 25 agosto 2012 quando la legge di stabilità contemporaneamente
vietava ai comuni (anche a quelli “virtuosi”!) di fare investimenti anche solo
conseguenti ad imprevedibili eventi naturali. Non servono le polemiche,
appunto, ma la coerente e sincera volontà di capire, di fare chiarezza. La
pretendano fino in fondo e per primi i nostri rappresentanti regionali.
IMPARARE DAL PD ?
Prendo atto che il PD sta scegliendo con elezioni primarie il proprio
segretario provinciale, che l’8 dicembre lo farà a livello nazionale, che si
avviano le primarie a livello amministrativo… Nel PDL (o Forza Italia che sia)
nessuno sembra porsi il problema, “Berlusconi forever”… Ok, e poi?

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