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Il 1 novembre si rinnova a Castellaneta il corteo di preghiera “L’an’m" Sant’ e B’n’dìtt du Priatorje”

Castellaneta. Dopo la solenne celebrazione della Messa per i Santi alle ore 19.00 nella chiesa San Domenico, venerdì 1 novembre 2013 si rinnova l'antica tradizione de“L'An’m' Sant e B'n’ditt du Priatorije” (Le Anime Sante e Benedette del Purgatorio), corteo di preghiera per i fedeli defunti dalla Parrocchia San Domenico per alcune strade con gli incappucciati del Santissimo Rosario.

In mattinata, alle ore 8,30 e alle ore 10,30 ci sono le Sante Messe in parrocchia.

Presso i locali dell’oratorio, grazie alle pasticcerie e ai forni aderenti, dalle ore 9,00 alle ore 13,00 e dalle ore 17,00 alle ore 20,00, la parrocchia organizza la “Fiera del Dolce e della Pasta Casereccia”, il cui ricavato andrà per i lavori dell'Oratorio don Bosco in via Taranto.

Sabato 2 novembre, commemorazione dei defunti, nella stessa chiesa, alle ore 6.30 c’è la Messa da Requiem preceduta da un tradizionale e particolare suono di campane; alle ore 10,00 e alle ore 16,00 verranno celebrate le Sante Messe al Cimitero.

Domenica 3 novembre, ottavario per i defunti, alle ore 18,00 in parrocchia c’è il Santo Rosario dei Cento Requiem e alle ore 18,30 la Santa Messa.

Tutte le Congreghe, tra gli obblighi e i doveri, prevedono le “messe esequiali”, l'accompagnamento e le incombenze sepolcrali. Oltre al culto, la carità e l'assistenza, l'attività è incentrata sulle celebrazioni connesse alle messe di suffragio, solenni e commemorative, in ricorrenza dell'anniversario di morte di un confratello. Nel culto dei morti, la Confraternita del Rosario (mozzetta nera con fregi dorati) si è sempre distinta caratterizzando il suo impegno con una serie di manifestazioni che si svolgevano dentro e fuori la chiesa dei Domenicani, da sempre sede dell'oratorio. Secondo la descrizione di un vecchio confratello del Rosario, sino a circa quarant'anni fa, nel tempio dei Predicatori, la vigilia della Commemorazione dei Defunti, alle ore 2 della notte, si celebrava la messa dei Morti, in suffragio delle anime dei trapassati. Gli associati laici si riunivano in chiesa vestiti di sacco, con il cappuccio volto a coprire il viso, in occasione di messe solenni, nell'Ottavario dei defunti e nel corso di cerimonie commemorative ai defunti, la chiesa di San Domenico era gremita di fedeli per assistere ad una rappresentazione suggestiva quanto impressionante. Secondo il racconto, gli incappucciati, per la messa di Requiem cantata, intonavano il canto dei tre “Notturni dei Morti”, “Libera me, Domine” e, salmodiando, alla luce fioca delle candele, si riunivano attorno alla “Castellana”, posta al centro della navata, in prossimità dell'altare maggiore. Una immagine che incuteva paura, che acuiva l'attenzione dei presenti e che richiamava in massa per assistere all'apparizione simbolica della morte che giungeva all'improvviso, munita di falce, dai bassifondi dei sepolcreti, dalle ombre sotterranee per manifestarsi nel tempo che fugge irreparabile e nello spazio, ma solo in quella notte. Il sacerdote che dava lustro e caratterizzava il cerimoniale funebre era il canonico Don Martino Loforese, canonico della Cattedrale e Rettore della chiesa di San Domenico. Rimasto nella memoria e nella tradizione popolare. Una targa, affissa in chiesa ed una foto appesa nella sagrestia, stanno a dimostrare del suo fervore di rettore. La messa dei morti richiamava una moltitudine di fedeli e di curiosi. Una scadenza rituale, questa, che rappresentava la chiusura e l'apertura di un nuovo ciclo lavorativo agricolo: “dopo i Morti cominciava la raccolta delle olive, una tappa stagionale, secondo un calendario consolidato nella memoria collettiva”. Era la notte dedicata anche alle Anime del Purgatorio. Dalla chiesa di San Domenico, prima e dopo la celebrazione notturna, usciva il gruppo dei confratelli, anch'essi incappucciati, che, processionalmente, con lo stendardo (gonfalone nero con Croce e scritta in oro) con luci ad olio, e panieri accompagnandosi con lo scampanellio, si recavano per le strade del centro storico, chiedendo l'obolo per i defunti: “Era un grido e un lamento insieme, l'espressione pronunciata da uno di loro”: “L'an'm” sant' e b'n'dìtt du Priatorj!”. La tradizione continua, ne riportiamo la foto, il rito e l'oblazione sono gli stessi: oggi è un momento di preghiera con i fedeli per le Anime dei Defunti.

Ma cos'è la “castellana”? Il collega Franco Gigante ci dice che in passato era allestita, come raccontano alcuni anziani, anche nella cattedrale. La descrivono come un grande catafalco, a forma di parallelepipedo, una specie di cenotafio detto anche tumulo o castrum doloris del cerimoniale Episcoporum. Appariva sormontato da una cupola terminante con una croce. Lungo le facciate vi erano dipinte decorazioni ed immagini riproducenti gli elementi simbolici della morte: la falce, i teschi con ossa incrociate. I ceri accesi ai quattro angoli, ne proiettavano la spettralità e la suggestione all'animo popolare. La castellana è stata abolita dalla riforma liturgica postconciliare. Attualmente, in un contesto sociale e religioso profondamente mutato, si cerca di conciliare tradizione popolare e Fede nella Resurrezione.

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