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Silvio Berlusconi e la tentazione del lardo

Da ragazzo, incaricato da mia madre che aveva sempre da badare contemporaneamente a mille cose, facevo spesso a pezzetti, con la mezzaluna, il lardo sul tagliere, fino a ridurlo in una pasta omogenea. Poi si metteva un filo d’olio in fondo alla pentola e lo si faceva struggere. Si aggiungeva un po’ di salsa, un po’ d’odori, e il soffritto era pronto per condire diverse minestre: pasta e fagioli, pasta e patate, pasta e piselli… Ma non è di cucina che volevo parlare. Il ricordo mi è tornato alla mente, perché, a proposito del Cavalier Silvio che accusa i giudici di averlo perseguitato con gl’innumerevoli processi, ho pensato al proverbio: “Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”. Mentre la padrona tritava il lardo, la gatta non resistendo alla tentazione, pur conscia del pericolo, allungava la zampa per sottrarne un pezzettino, e tante volte l’allungò fino a che lo zampino non ci lasciò. La gatta, però, era saggia e non pensò a complotti, tradimenti, persecuzioni. La massaia faceva il suo lavoro, e usava la mezzaluna. Era lei, la golosissima gatta, a non essere capace di resistere al profumo del lardo.

Carmelo Dini

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