Con lodevole puntualità, la Commissione per le riforme costituzionali ha presentato al presidente del Consiglio On. Letta la relazione che costituirà la base della discussione nelle previste sedi parlamentari. Ad una prima lettura della bozza anticipata da alcuni organi di stampa, sembrano intravedersi le linee di una riforma lungamente attesa e da molti invocata, soprattutto per quanto riguarda il superamento del bicameralismo, la riduzione del numero dei parlamentari, una maggiore produttività e celerità del lavoro normativo. Sull’impianto generale non possiamo che concordare, nella convinzione che ci sia un grande bisogno di riforme per rispondere più efficacemente alla crisi del nostro sistema politico-istituzionale e per recuperare credibilità tra i cittadini.
La Commissione, tuttavia, solo su due punti ha raggiunto un’unanimità di vedute: il superamento del bicameralismo e la cancellazione della circoscrizione Estero. Sulla circoscrizione Estero la Commissione ha semplicemente ribadito le posizioni negative già avanzate dai famosi “saggi” di nomina presidenziale. Non da eletti all’estero ma da parlamentari “senza vincoli di mandato” e da cittadini, ci sentiamo di affermare che questo è il punto più povero di riflessione e più contraddittorio tra quelli che il documento propone. Si fa discendere, infatti, l’abolizione della circoscrizione Estero da una valutazione negativa sul funzionamento del voto degli italiani all’estero, dimenticando che la circoscrizione Estero è stata inserita in Costituzione per dare “effettività” al diritto di voto dei cittadini all’estero e un’autonoma rappresentanza agli stessi, mentre il sistema di voto è una soluzione dettata da una legge ordinaria che si poteva e si può modificare con facilità, rendendola pi ù severa ed efficace. Si confonde, insomma, un diritto primario di cittadinanza con una modalità organizzativa di voto e, alla fine, con l’acqua sporca, si butta anche il bambino. Il contentino che con una superficiale battuta si cerca di dare – quello di un’eventuale presenza di una rappresentanza nel Senato delle Regioni – è legata ad una non scontata elezione diretta del nuovo Senato e comporta una sostanziale diminutiodi un diritto sostanziale.
Il nostro dissenso da queste soluzioni è totale. Una volta per tutte, è necessario riconoscere che i cittadini italiani all’estero sono cittadini di pieno diritto. Per questo è necessario che il loro voto sia effettivo e non finto, come è stato per mezzo secolo; è necessario che la loro presenza nel Senato dei territori, in dialogo con le Regioni e con gli enti locali, attivi da tempo nelle comunità, sia certa e non eventuale; è necessario che la loro presenza nella Camera che vota la fiducia al Governo e adotta gli atti fondamentali, sia assicurata per non mutilare il loro diritto di cittadinanza della sua più importante prerogativa. Se si pensa che l’attuale strumento elettorale non abbia funzionato bene, lo si riformi e lo si renda più adeguato alle indicazioni costituzionali.
E’ il momento che su queste cose non si giochi più a rimpiattino, ma che ogni soggetto politico e istituzionale – forze politiche, Governo, Regioni – venga allo scoperto e si assuma con chiarezza le sue responsabilità. Riparte dunque da oggi la lunga mobilitazione che ha visto gli italiani all’estero impegnati nelladifesa dei loro fondamentali diritti: non si può tornare indietro e non si può un solco odioso tra cittadini di serie A e cittadini di serie B.
Oltre tutto, nel momento in cui il nostro Paese ha più bisogno di tornare attivamente nel mondo, l’ultima cosa da fare è quella di allentare i legami con i milioni di connazionali che nel mondo ci vivono e ci lavorano.
Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Francesca La Marca, Fabio Porta