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CRISI D’INSTABILITA’

Anche l’autunno, ormai prossimo, sarà caratterizzato da una sfilza di rincari che andranno dai prodotti energetici a quelli alimentari. L’economia nazionale resta una sorvegliata molto speciale e le tensioni politiche non aiutano. Pure il 2014 presenterà un PIL in negativo e una contrattura della richiesta a fronte di una potenziale lievitazione dell’offerta. L’inflazione dovrebbe non superare l’1,5% in più rispetto al corrente anno e la competitività continuerà ad essere surrogata dagli adeguamenti della “crisi”. Con questo quadro, non positivo ma reale, spicca anche la nostra deriva in Euro Zona. Insomma, in tutta l’UE non esistono solo Stati indebitati e con un’economia ballerina. Con la moneta unica, le differenze si vedono e sono sempre più evidenti. La stabilità dell’Euro, almeno per noi, non rappresenta la panacea a tutti i mali di un’economia alla deriva. Nella situazione mondiale, certamente, è l’estremo oriente ad avere la meglio. La supervalutazione dell’Euro nei confronti del Dollaro non ci favorisce. Non a caso, le esportazioni languono e le importazioni appaiono superiori alla reale bisogna. Bisogna cercare di verificare le vere cause di quest’Italia del malessere incastonata in un’Europa che intende giocare un ruolo meno limitato a livello mondiale. Il solo fatto che l’Euro Zona continui ad ampliarsi, forse senza reali garanzie per i nuovi entrati, la dice lunga su una serie di speculazioni nelle quali la nostra economia si trova invischiata senza apprezzabili vantaggi. Almeno al presente. Dopo unici anni dal varo dell’Euro, le prime somme non ci rendono giustizia. Nonostante l’inflazione a due cifre, stavamo meglio, in senso lato, nel secolo scorso. Chi rimpiange la Lira non è più una sparuta minoranza e c’è chi guarda alla Gran Bretagna come al Paese di una diversa Europa non legata, a doppio filo, alla cordata degli Stati che hanno adottato l’Euro come moneta nazionale. Per noi, è impensabile tornare indietro. Il difficile, però, è tirare avanti con la dignità di uno Stato tra i fondatori dell’Europa Unita. Non a caso, paghiamo di tasca nostra gli errori per una conversione Lira/Euro che avrebbe dovuto essere meglio negoziata. Magari in tempi più lunghi. L’importante, ora, è evitare di confondere la crisi politica con quell’economica. Le due realtà nazionali, pur coesistendo, hanno matrici assai differenti. Come differenti dovrebbero essere le “cure” per salvare capra e cavoli. Non è più possibile, né auspicabile, tornare agli accordi economici di settore che non tengono conto della globalizzazione di una situazione che può avere un suo peso solo se ribaltata a livello internazionale. L’incertezza è figlia della sfiducia e quest’ultima trova le sue origini nelle pastoie politiche che continuano ad avere l’onore della cronaca. E’ il sistema che ha da cambiare. Come e quando lo stabilirà il Popolo italiano attraverso un voto politico responsabile e supportato da una legge elettorale che non consenta più giochi di prestigio in un Paese dove le illusioni già hanno occupato uno spazio che va ben oltre le più ottimistiche anticipazioni. Quando abbiamo cominciato ad analizzare il binomio politico ed economia, il motto che andava per la maggiore era: ” Chi non chiede niente non vale niente”. Oggi, con l’aria che tira, potrebbe avere un senso il detto, che abbiamo fatto nostro, : “Servire gli italiani e non servirsene”. Ben consci che le parole non andranno a mutare la nostra realtà, ravvisiamo che da noi la crisi d’instabilità da perniciosa s’è fatta cronica.

Giorgio Brignola

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