Il 15 luglio, in un suo editoriale su L’Espressso, Bruno Manfelotto si meraviglia della scarsa eco prodotta dalla copertina del settimanale precedente (uscito il 5), dedicata all’evasione, con la quasi totale indifferenza dei lettori ed invece una ridda soverchia di lamentele, da destra e da sinistra, da parte di imprenditori e grand commis, ministri e deputati, sindaci e governatori, outsider e grillini.
E, a parte la copertina, si meraviglia e rammarica del fatto che solo in pochi si sono detti indignati per i dati messi in luce da una lunga inchiesta interna, che dimostrano, al di là di ogni dubbio, che ogni anno sfuggono al controllo del fisco ben 180 miliardi di euro: quarantacinque volte il gettito Imu prima casa e che per stanare gli evasori l'Agenzia delle entrate dispone di uno dei più sofisticati sistemi informatici del mondo, ma che, nonostante questo, non riesce a recuperare al netto che 7 su 180 miliardi.
Naturalmente il navigato giornalistica si chiede il motivo di tanto assordante silenzio e giunge a due possibili conclusioni: o assuefazioni per un malcostume che nessun goverrno è riuscito ad eradicare, oppure connivenza, dal momento che, a conti fatti, in una famiglia su due si annida un piccolo o grande evasore o almeno un profeta dell'elusione, anche perché, diciamo la verità, c'è da noi la serena certezza che solo un'infima percentuale di evasori finisce nelle maglie del fisco e, se beccàti, se la cavano con una multa risibile.
Dice infine Manfelotto che c’è anche il triste sospetto che di questi tempi chi fa politica pensi ad altro o si indigni solo perché certe inchieste possono nuocere a se stesso.
E le cose non vanno meglio a sinistra, dove tutti sembrano impegnati a trovare il modo di impedire a Matteo Renzi di candidarsi a qualunque cosa o prendere la storica, finale decisione sulla resistibile ascesa di Daniela Santanchè, ignorando anche, la notizia (data in sordina) che i nostri Marò dovranno patire ancora in India, poichè il processo da luglio è slittato a settembre, ma tanto l’opinione pubblica si appassiona sul bestiario calderoniano, sul rimpallo kazako fra ministeri, sulla “dinasty” ligrestiana e via discorrendo e non sui soldi che sfuggono, sul manufattoriero che chiude, sulla disoccupazione crescente o su due proveri disgraziati per i quali Emma Bonino si dice ottimista e (non si sa come), dice che è convinta che possano tornare in Italia entro Natale.