Mia madre raccontava la strana storia di un cane di nome Mondo che, durante la veglia di un morto, entrava in cucina e se ne usciva con una polpetta in bocca. La padrona di casa, fingendo di parlare del marito morto, rimproverava il cane: “Munne, Munne, n’ate te ne piglie?”. Io, fingendo, che lo Stato italiano si chiami Mondo, gli faccio lo stesso rimprovero, ma mi riferisco al morto. Un altro soldato italiano è morto in Afghanistan. Un eroe, secondo gli italiani, ucciso forse da un bambino, piccolo eroe secondo i talebani. Se scoppia un incendio nel nostro Paese, e qualche vigile del fuoco ci rimette la vita per spegnerlo, gli uomini di governo nulla hanno da rimproverarsi per aver messo a repentaglio la vita dei vigili, poiché spegnere l’incendio era cosa necessaria ed inevitabile. Al più dovrebbero farsi qualche rimprovero qualora non avessero fatto tutto il possibile per mettere i vigili nelle condizioni di lavorare nella massima sicurezza. Lo stesso discorso vale per poliziotti e carabinieri qualora ci rimettano la vita per la sicurezza dei cittadini, e per i soldati qualora il nostro territorio sia minacciato da altre nazioni. La necessità e l’inevitabilità giustificano gli uomini di governo e il Capo dello Stato. Qualora però necessità ed inevitabilità non sussistano, e mi pare che sia il caso della presenza dei nostri militari in Afghanistan, giacché nessuno sta minacciando il nostro territorio, uomini di governo e Capo di Stato molto hanno da rimproverarsi. E davvero non mi pare opportuno parlare d’amore di patria, di difesa della libertà, di dovere dei soldati e via di seguito. Il dovere dello Stato è di salvaguardare innanzi tutto la vita dei propri cittadini, militari compresi, anche se volontari.
Attilio Doni