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Pd: anatomia di una disfatta

di Pierluigi Sorti

L’ ampiezza del disastro del Pd, mentre la presidente della Camera dichiara il risultato ufficiale della IV votazione per il presidente della Repubblica, assume le dimensioni di una catastrofe definitiva.
Non stupisce, più di tanto, in serata , dopo i telegiornali, il susseguirsi , nell’ ordine, delle dimissioni annunciate dal presidente Rosy Bindi, poi dal segretario Pier Luigi Bersani e, dal Malì africano, la dichiarazione di amarissimo stupore dello stesso Romano Prodi , principale vittima designata di questa Waterloo della democrazia parlamentare italiana.
Eppure, davanti allo sfacelo prodotto da circa 100 parlamentari , quasi o, forse, tutti del Pd, il nostro istintivo risentimento non si rivolge al responsabile indubbio di una serie di incomprensibili scelte tattiche e strategiche di Pier Luigi Bersani : troppo stridente appare infatti il comportamento del gruppo suddetto di franchi tiratori che unanimemente poche ore prima avevano assunto, senza espresse riserve alcune , l’impegno di votare sulla scheda il nome di Prodi.
Un quadro desolante che implica la stupida, masochista e vile scelta di una schiera di persone, gratificate dal privilegio di essere stati scelti come membri parlamentari di Camera e Senato , ma pronte a tradire, sconciandolo , un mandato di cui non erano evidentemente degni.
Constatazione che tuttavia getta una luce retrospettiva di come un gruppo di regia che, dal 1994, e proveniente dai vecchi Pci e Dc , ha operato un percorso ricorrendo a camaleontici rifacimenti di identità, nell’ illusione di sottrarsi alla doverosa operazione di fare i conti con la propria storia.
Mancando la quale , nella varietà di metabolismi cui hanno ritenuto di ricorrere, hanno svolto una azione di proselitismo evidentemente ispirato a canoni selettivi e formativi , basati inconsciamente sulla doppiezza con la quale hanno occultato la loro storia personale.
Il destino ha voluto che gli allievi, fra cui sicuramente alcuni che hanno guadagnato il seggio parlamentare con quelle “parlamentarie”, superate con metodi talmente discutibili da indurli a ritenere, con meschino machiavellismo, che tali potessero costituire l’ essenza stessa della condotta politica.
Ora il buio delle prospettive, a breve e a lungo, del Pd, si protende sulle necessarie operazioni di ricambio in un panorama complessivo che non esclude l’ ipotesi del disfacimento strutturale della stessa sua ossatura organizzativa.

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