Intese, salvacondotti, consigli disattesi e balle

Intese, salvacondotti, consigli disattesi e balle
Di Carlo Di Stanislao
Nella conferenza straordinaria sull'attività 2012 della Corte Costituzionale, il presidente Franco Gallo parla dei diritti dei gay e della legge elettorale, premettendo, severo, che dalla Corte sono arrivati molti “inviti” a cui “è spesso accaduto che il Parlamento non abbia dato seguito”.
Il legislatore deve affrontare il nodo delle unioni gay, ha detto il presidente della Consulta nella sua relazione letta stamane alla presenza delle più alte cariche dello Stato, ricordando che: “La Corte ha escluso l'illegittimità costituzionale delle norme che limitano l'applicazione dell'istituto matrimoniale alle unioni tra uomo e donna, ma nel contempo, ha affermato che due persone dello stesso sesso hanno comunque il diritto fondamentale di ottenere riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri, della loro stabile unione”; affidando, come di dovere, al Parlamento la regolamentazione della materia nei modi e nei limiti più opportuni”.
Ancora, la Corte raccomanda di “modificare la legge elettorale”e già con le “sentenze n.15 e n.16 del 2008 e più di recente con la n.13 dello scorso anno, ha invano sollecitato il legislatore a riconsiderare gli aspetti problematici della legge n.270 del 2005 con particolare riguardo all'attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti e/o di seggi”.
Intanto che la Corte completa il suo rimbrotto sulla scarsa capacità legiferante onesta ed utile del Parlamento e mentre i pentastelluti, col responsabile delle comunicazioni del gruppo Messora lamenta attacchi informatici e dichiara un innalzamento dei livelli di guardia, spunta un ipotetico salvacondotto per Berlusconi, una sorta di immunità certificata che lo metta tranquillo, lo faccia uscire di scena e permetta alla politica di accordo fra Pd e Pdl di trovare una intesa.
Su Repubblica Claudio Tito ricorda che, negli innumerevoli processi di Silvio Berlusconi, l’idea di una immunità concessa è stata spesso affiancata alla trattativa in corso per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica e per la formazione del governo, con una sorta di “carta segreta” che il centrodestra avrebbe tenuto nascosta fino ad ora per lanciarla sul tavolo del negoziato nel passaggio cruciale: un vero e proprio “scambio” per chiudere l'accordo, archiviare i guai giudiziari del Cavaliere e far partire la nuova legislatura in tutta la sua pienezza.
Naturalmente l’idea, appena ventilata, indigna l’intero centro-sinistra ed è smentita dal Berlusconi, che però ammette che una disponibilità a votare un rappresentante del Pd, compreso Pierluigi Bersani, per il Colle non è venuta meno. Ma ad una condizione: “Poi si deve fare insieme un governo di larghe intese”.
Da Santoro Battiato chiarisce e rilancia: “In Parlamento ci sono dei fetenti, cosa posso dire se non che è un troiaio?” e durante la trasmissione l’ex assessore dice che quel “troie” non è un insulto misogino, ma: “E’ un’espressione simbolica– fatta per esprimere una corruzione dilagante”.
E Massimo Cacciari gli da ragione dallo schermo, in collegamento da Venezia, da dove grida che ogni forma di governo con lo stato attuale delle cose è “una puttanata” e che occorre, invece, fare un governo di soli tecnici e solo per tornare a votare e senza “porcellum”.
Secondo Battiato i voti al Pdl “sono voti di serie Z, non democratici” perché sono stati espressi da chi non paga le tasse a favore di chi permette loro di non pagarle. Della Valle in un’intervista inquadra come un voto di protesta quello dei grillini: “Milioni di persone non hanno votato il M5S per le idee di Grillo ma per allontanare gli altri partiti”. D’accordo Cacciari: “Quello del M5S non è un programma. Vogliamo scherzare? Hanno una politica fiscale? Sono queste le urgenze?. E’ un movimento di protesta, da ascoltare, ma non è una forza di governo”. Travaglio si interroga sulle ragioni dello stupore di fronte alla chiusura del M5S: uno dei punti forti della campagna elettorale è stato proprio il non voler scendere a compromessi.
E’ scatenato travaglio, durante una trasmissione molto movimentata, con tanto di video finale sui diseredati senza lavoro che ormai affollano le stazioni italiane e dopo alcune critiche a Napolitano, passa in rassegna i suoi possibili successori. A partire da Gianni Letta e Giuliano Amato che “ha una collezione di poltrone che nemmeno il salone del mobile” e che guadagna 31mila euro al mese. Tra le donne è rispuntato il nome di Emma Bonino che “è in Parlamento da 8 legislatura ed ha appoggiato tutte le guerre, pur sembrano pacifica”. E nel ‘94 si fece eleggere con Berlusconi. Esente da critiche Romano Prodi. Nell’elenco c’è anche Pietro Grasso, che secondo Travaglio potrebbe aspirare anche al papato. Mentre è irrealistico pensare ad un’elezione di Gustavo Zagrebelsky, che potrebbe perfino conoscere la Costituzione.
Non resterebbe che eleggere Berlusconi perché, al Quirinale, porterebbe tante donne e potrebbe finalmente “darsi la grazia” da solo.
Tanti, io per primo, si sentono come Cacciari, che urla: “ Non raccontate le palle sul diritto di cittadinanza” alla onorevole Madia che sostiene di voler difendere”il reddito minimo perché in tutti i paesi dell’Europa avanzata c’è uno strumento che…” e la frase gli muore in gola perché il filosofo urla: “Tagliate la legge Fornero”.
E’ piccata la rappresentate del Pd che prova a replicare: “Sarebbe stato più facile avere a che fare con un interlocutore del Pdl che con Cacciari”, perché: “Cacciari ci tiene a spegnere qualunque speranza” e riceve in faccia l’irata risposta di Cacciari che urla ancora: “Tagliate la legge Fornero che un imprenditore oggi non può assumere… Chiacchiere continue, porca vacca! Chiacchiere continue, Dio Santo! Mamma mia… – e ancora – defiscalizzate il lavoro, lasciate che gli imprenditori assumano!”. Madia evidenzia: “Questa proposta c’è in tutti i paesi avanzati d’Europa ed è importante perché se un uomo perde il lavoro, gli permette di non finire in mezzo a una strada. Vogliamo chiedere all’Europa di essere più europei” e Cacciari sussurra: “Balle, balle, le solite balle”.
Lo scorso 2 aprile, in radio, su La Zanzara, Vittorio Sgarbi ha detto con la volgare protervia che gli è propria, che il filosofo ed ex sindaco di Venezia è: “Solo un ottimo seduttore” con un “peso intellettuale pari a zero”, “un modesto filosofo sopravvalutato che ha la fortuna di piacere alle donne” e che “è stato anche l'amante di una ex di Berlusconi”.
E vi è un precedente insultante: la puntata del 28 marzo di “Servizio Pubblico”, aperta bene con la canzone di Vasco Rossi “L’anima non si vende” e poi caduta in picchiata col pistolotto di Santoro che ormai si crede un padreterno.
Sgarbi da della’ignorante a Cacciari per la questione del ponte di Calatrava, chiamato (questo doveva essere il vero nome) ponte della Costituzione, definito uno sfregio in quel dipinto vivente che è Venezia, che , da quando l’11 settembre 2008 l’allora sindaco Massimo Cacciari battezzò, un po’ in sordina, come quarto ponte sul Canal Grande, ha creato più problemi che altro, sicché alla Corte dei Conti, tenute in considerazione le denunce fatte dai cittadini, sono pervenute richiesta danni per 3 milioni e 886 mila euro all’architetto catalano Calatrava, per un ponte tutto vetro e acciaio, che oltre ad essere costato una cifra non indifferente alle casse dell’amministrazione pubblica (si parla di 11,3 milioni di euro), sembra non essere neanche troppo utile.
In quella occasione Cacciari si alzò e se ne andò, ma fece, quella volta, davvero malissimo.
Ci sarebbero circa cinquemila denunce al Comune di Venezia, citato per danni fisici provocati dalle cadute dei passanti. Inoltre non sarebbe per nulla funzionale per anziani e diversamente abili. I suoi gradini non faciliterebbero l’attraversamento, diventando così una barriera architettonica.
Di questo Cacciari, sempre molto attento, avrebbe dovuto dare conto e spiegazioni, a partire dal fatto della levitazione dei costi, dal momento che il Comune affidò il progetto a Calatrava nel 1999, ma i lavori cominciarono solo nel 2003, periodi in cui Cacciari non era certo il sindaco di Venezia.

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