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La rotta balcanica del narcotraffico resta d’attualità 

di Piero Innocenti

E’ difficile in Bosnia Erzegovina, anche a causa della sua collocazione geografica sulla vecchia “rotta balcanica”, riuscire a controllare in maniera soddisfacente il traffico degli stupefacenti. Il paese è, da tempo, vulnerabile anche sotto questo aspetto, riflesso anche di una persistente debolezza delle istituzioni e di una scadente cooperazione tra le forze dell’ordine e la magistratura.

Un paese, in realtà, complesso anche solo da un punto di vista istituzionale se si pensa che è un insieme di due “entità” federate: la federacija croato-musulmana e la Repubblica Srpska (quest’ultima racchiude nei suoi confini i serbi di Bosnia) a loro volta divise in cantoni dalle più o meno larghe autonomie. Da queste parti le (scarse) risorse sono impiegate, per lo più, in indagini per perseguire crimini di guerra, in attività antiterrorismo (presenti cellule di integralisti islamici wahabiti nelle zone di Bihac e Dabai) e contro la tratta delle persone.

Il traffico e lo spaccio di droghe nella federazione (oltre 100mila tossicodipendenti su una popolazione di circa 4.700.000 persone di cui poco più di 500 italiani residenti), sono controllati dalla criminalità montenegrina, serba e kosovara. Modeste le quantità di stupefacenti sequestrate nel 2012 (disponibili solo i dati dei primi sei mesi): 55 kg di marjiuana, 684 gr. di amfetamine, circa 14 kg di eroina,8 pasticche di ecstasy, 25,5 gr. di cocaina. Spetta all’agenzia nazionale SIPA (State Investigation and Protection Agency), il contrasto al narcotraffico – ferme restando le competenze delle polizie locali – a cui compete, peraltro, anche il settore più ampio delle investigazioni criminali,dell’intelligence finanziaria, della protezione dei testimoni e della tutela dei diplomatici.

Anche la Serbia fa parte del “corridoio balcanico” percorso dalle droghe destinate all’Europa occidentale. Il paese, 7,5 milioni di abitanti (poco più di 900 gli italiani residenti alla fine del 2012), sta attraversando un periodo molto negativo con istituzioni deboli, povertà diffusa, corruzione dilagante. Si spiega così perché la Serbia, secondo le più recenti e accreditate analisi investigative, sia diventata un crocevia importante delle mafie occidentali e orientali tanto da aver indotto la ‘ndrangheta, la mafia cinese, quella russa e bulgara, ad aprire veri e propri “uffici di rappresentanza” in diverse città. Allo stesso modo, cellule della mafia serba (associata a quella montenegrina) sono presenti in Italia dove “operano” in prossimità di importanti porti come quelli di Genova, La Spezia, Livorno e Venezia.

Gli aumenti dei sequestri di cocaina nel nostro paese negli ultimi quattro anni e le denunce di cittadini serbi alla magistratura per reati collegati alle droghe, testimoniano l’effervescenza e l’efficienza della mafia serba, la sua affidabilità consolidata nel tempo con i fornitori colombiani, una eccellente logistica e la sua definitiva internazionalizzazione sullo scenario delle mafie del narcotraffico internazionale. Le sostanze maggiormente consumate nel paese sono la marjiuana e le droghe sintetiche. Scarso il quantitativo globale di stupefacenti intercettati nei primi sei mesi del 2012 (558,76 kg.), di cui 18,5 kg di eroina, 525 kg di marjiuana, 3,18 kg di cocaina, 468 gr. di hashish, 1 kg. di amfetamine.

Il Montenegro, (poco più di 620mila abitanti, 207 gli italiani residenti a fine del 2012), è diventato paese “smistatore” di partite di cocaina provenienti via mare e via aerea dal Sud America. La marjiuana e l’eroina sono le droghe più diffuse anche se il mercato delle “sintetiche” (Skunk, Flormidal,Bensedin, Subotex) è in espansione. La stima della popolazione tossicodipendente è di circa 2.500/3.000 unità. La detenzione di droghe per uso personale non è reato. Il commercio delle droghe è attualmente nelle mani di sette, otto gruppi criminali locali, non particolarmente strutturati e senza una “gerarchia significativa”. In particolare, il cartello dell’eroina è affidato a due gruppi che operano a Rozaje e Berane (Montenegro settentrionale).

Tre anni fa il Dipartimento di Stato americano sottolineava come il Montenegro fosse divenuto un importante scalo nelle rotte di cocaina ed eroina destinate in Europa, citando il clan di Darko Saric. Quest’ultimo è un pericoloso narcotrafficante, ricercato in ambito Interpol sin dall’aprile del 2010 (con una “taglia” di 10 milioni di euro), che dovrebbe aver trovato rifugio in Sud Africa, tra Johannesburg e Pretoria. E’ da lì che Saric aveva rivolto minacce di morte ai vertici istituzionali montenegrini ritenuti responsabili dei suoi “problemi giudiziari” iniziati nel 2009 con il sequestro, al largo delle coste uruguagie, di due tonnellate di cocaina dirette in Europa per suo conto.

La Slovenia, dopo le recenti dimissioni di Janet Janza, premier conservatore, accusato di corruzione, sta attraversando un periodo di profonda crisi economica,politica e sociale ed è sempre interessata nel contesto della “rotta balcanica” da transiti di carichi di eroina afghana verso i mercati europei. Negli ultimi tre anni si è registrato un aumento del consumo interno e, secondo stime non ufficiali, la popolazione dei tossicodipendenti si è attestata intorno alle 40mila unità (su una popolazione di poco più di 2milioni di abitanti, tra cui circa 3.700 italiani alla fine del 2012).
La legislazione nazionale sugli stupefacenti sanziona anche la detenzione per uso personale, prevedendo la multa fino a 200 euro o la pena detentiva fino a 5 giorni per il possesso di una dose. Mancano dati ufficiali sui sequestri di droghe nel 2012 anche se viene segnalato un aumento delle operazioni antidroga e, tra queste, quella del maggio 2012 conclusasi con il sequestro di 35 chilogrammi di cannabis ed eroina e l’arresto di una ventina di persone. Le multinazionali del narcotraffico,dunque, anche nei Balcani, continuano a prosperare nonostante quella “guerra alla droga” internazionale (fallimentare) dichiarata una cinquantina di anni fa e tuttora in corso.

Fonte: Liberainformazione

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