La Questione Val d’Agri: tra Ambiente e Petrolio

di Prof. Romualdo Coviello

La questione della tutela dell’ambiente e dello sviluppo della Val d’Agri è riemersa con forza agli onori del dibattito nazionale a seguito della contestazione dei Cittadini contro la perforazione di nuovi pozzi di petrolio nei pressi dell’Ospedale, o prossimi al centro urbano (di Viggiano ); ma anche a seguito del persistente inquinamento delle acque della diga che accumula molte migliaia di metri cubi di acqua per dissetare abitanti di vasti territori del Mezzogiorno ( Diga del Pertusillo ) ; sono state in queste occasioni evocate le responsabilità delle istituzioni pubbliche regionali e nazionali e rischia di assumere il valore di una rissa locale se non si fa una riflessione più approfondita e meno localistica.

Per questo va inquadrata in una dimensione più generale (alla pari delle altre zone socialmente agitate come la TAV in Piemonte) perchè anche questa attiene agli investimenti e al comportamento di una Società a partecipazione pubblica, l”Eni , attenta e impegnata primariamente a sfruttare le risorse del territorio, con un approccio esclusivamente economico, ma con progetti che incidono sul futuro di un territorio ritenuto da organismi europei , “area di alto valore ambientale”, paesistico e culturale ,trascurando del tutto i diritti delle popolazioni locali che chiedono discutere sul proprio futuro, di considerare le questioni che toccano la vita delle comunità locali, bisognose di confrontarsi con le Istituzioni, con la Società e con il Governo.

Si tratta di affrontare anche la questione ambientale assegnata ad un Ente Pubblico Nazionale indirizzato alla tutela ambientale e allo sviluppo sostenibile: il Parco Nazionale dell’Appenino Lucano, il suo funzionamento sottovalutato dai cittadini, ancora sconosciuto ai più, e ancora pessimisti per la complessa vicenda legata alla defaticante procedura per il suo avvio.

L’allungamento dei tempi per il varo dell’Ente , dovuti ai contrasti tra Istituzioni chiamate alla delimitazione dell’area, ai conflitti tra i favorevoli al Parco che ne caldeggiavano l’approvazione , i contrari che lo ostacolavano per i pericolosi vincoli all’attività venatoria, (i cacciatori),e/o per i vincoli alla urbanizzazione abusiva dei centri storici (i costruttori). Più tardi per il dibattito degli ambientalisti sulla questione del conflitto tra Parco ed estrazioni petrolifere; infine per i freni degli innovatori timorosi dei limiti ai progetti per gli insediamenti i industriali (l’Agip).

Dal 1991, anno dell’approvazione della legge quadro nazionale L. n° 394, il decreto di attuazione si è avuto solo nel 2007; in questo lungo periodo si è tentato invano di far decollare il nuovo ente, condizionato fra l’altro dalla coincidenza con il periodo di crisi economica e finanziaria per il Paese, con i tagli alla spesa pubblica e delle risorse per la tutela del patrimonio ambientale, anche di quelle accantonate e poi assorbite da altre priorità dello Stato.

Invano alcuni amministratori locali e parlamentari nazionali si battevano sulla via dello “ sviluppo sostenibile”, e sul valore della istituzione per controllare e sottoporre a verifica la compatibilità tra tutela dell’Ambiente ed estrazioni petrolifere; accreditavano la Istituzione Parco quale strumento per eccellenza dotato di competenze specifiche per controllare, prevenire, limitare e sanzionare gli atti abusi, gli inquinamenti procurati dalle nuove attività estrattive.

Erano favorevoli ed insistevano per la adozione di uno strumento a servizio dell’area e dell’ambiente lucano proprio in connessione con l’attività di lavorazione del petrolio: “tutelare gli interessi Comunitari “ sollecitandone l’avvio congiuntamente alle estrazioni petrolifere.

Quel confronto non dissipò dubbi e perplessità ideologiche e venne meno nella fase di programmazione degli impianti uno strumento, dei più adeguati, a tutela degli interessi generali, alla pari della iniziativa congiunta Comuni-Parco del Pollino che contrastavano la ripresa produttiva della Centrale del Mercure dell’Enel nel cuore di quell’area.

Il Parco, nato con ritardo, non ha coperto l’intera area dell’Agri, perché la delimitazione ha tenuto specificamente fuori i pozzi per l’estrazione e le aree limitrofe; ritardo dovuto alla pressione dell’Agip, ma anche alla debole contrattualità esercitata dalle istituzioni locali fino a consentire l’inserimento di alcuni sitidipregio tra le località in cui sarebbe avvenuta l’ attività estrattiva.

Il nuovo Ente, avviato in condizioni non ottimali, anche per il conflitto di interessi tra le competenze dello Stato e della Regione, ha evidenziato difficoltà politiche e organizzative, fino a ritardare per tre anni l’insediamento degli organi democratici e di gestione.

Si trova all’inizio dell’attività e ha necessità di perfezionare l’organizzazione per il controllo del territorio specie nel campo dell’inquinamento atmosferico, dell’acqua e del suolo, e le attività ascrivibili appunto all’estrazione e/o alla lavorazione del petrolio; e richiede l’estensione non solo alle aree limitrofe agli impianti di estrazione, ma anche alle “Aree Contigue”, per le attività inquinanti presenti sull’intero territorio.

Il tema dunque è quello di rimuovere le responsabilità e gli ostacoli posti da coloro che ritardano le autorizzazioni, rallentano ancora il funzionamento dell’ Osservatorio Ambientale e della retedi controllo ambientale, programmati fin dall’avvio dell’attività estrattiva.

Per la gravità della situazione, e delle limitate realizzazioni conseguite in dieci anni di “Estrazione”, alla luce dei comportamenti e dei tempi lunghi per il funzionamento degli organismi di controllo a garanzia della Comunità e della salute delle persone, le Istituzioni Locali si chiedono se sia utile dare il consenso all’allargamento dell’estrazione petrolifera e se ci sono le condizioni per dare il consenso ai programmi e alle proposte di ampliamento delle attività estrattive dall’Agip e di altre società che hanno fatto richiesta di estendere la ricerca delle aree di possibile estrazione.

Non vanno tralasciate le verifiche degli impegni assunti, delle offerte di sviluppo espresse al tempo delle prime concessioni in cui apparivano impegni assunti, né le delusioni per i limitati interventi realizzati per promuovere lo sviluppo a beneficio delle Comunità locali; per allargare le opportunità occupazionali, realizzare “interventi per accompagnare lo sviluppo locale”, e le attività innovative sul territorio.

Su tale questioni sono ancora poche le conquiste per l’area della Val d’Agri-Lagonegrese, considerata area di eccellenza, e tutt’ora con un territorio che rimane il cuore debole della Regione.

Proprio facendo riferimento alla condizione dell’economia della Basilicata, vi sono le quattro aree che costituiscono il tessuto economico, possono essere indicate con: a) la Regione delle Città (Potenza e Matera); b) quella industriale (Melfese, direttrice Basentana, Tito Pisticci Ferrandina); c) quella dell’agricoltura intensiva e del turismo in sviluppo accelerato (il Metapontino); d) residuano le aree interne, vale a dire il cuoredeboledella regione tra cui la Val d’Agri-Lagonegrese che presentano tutt’ora notevoli arretratezze, pur essendo aree di eccellenza per l’ambiente; dotate di preziose risorse petrolifere e di vaste risorse idriche. Quest’ultimo patrimonio che si trasforma per l’accresciuta domanda interna in risorse finanziarie aggiuntive, è possibile avviare iniziative, programmi ed attività locali per lo sviluppo, che utilizzino una parte delle royalties introitate dai Comuni per animare l’economia , stimolare iniziative produttive e nuovi percorsi per suscitare interesse e lavoro per i giovani.

Dunque è possibile assumere con tale patrimonio un rapporto positivo con le risorse, a condizione tuttavia sia sottoposto a controllo misurando costantemente i benefici e i danni che può derivarne alla Comunità e all’ambiente.

E tuttavia prevalgono le preoccupazioni e montano polemiche, proteste, dimissioni e contestazioni degli Amministratori dei Comuni Lucani non beneficiari di entrare petrolifere. Il disagio nasce , dalla permanente crisi occupazionale giovanile e dagli impedimenti degli Enti locali di usare la spesa pubblica, a causa del patto distabilità, limitazioni che accendono rivendicazioni sia verso la Regione, si contro i Comuni beneficiari di entrate fiscali, favoriti dalle compensazioni ambientali.

Si suscita una polemica miope e di corto respiro, priva di cultura e di conoscenza sui condizionamenti economici e sociali delle aree già definite, e ancora oggi, “l’osso della Basilicata”, che sono in piena regressione e restano ancora le più arretrate. Esse hanno bisogno di quei sostegni per dare slancio allo sviluppo e recuperare lo svantaggio nel confronto con le altre realtà. Alimentare la conflittualità tra zone non può che indebolire la capacità complessiva di costruire lo sviluppo equilibrato della Basilicata.

Altre dispute si accendono sull’uso delle entrate petrolifere, tra spinte per il sostegno alla spesa sociale e pretese di interventi esclusivi per investimenti produttivi. Tali posizioni trascurano il fatto che, per decisione comune, quei fondi sono necessari al riequilibrio della spesa sanitaria regionale, sostengono l’Università di Basilicata ma anche programmi produttivi.

“La via del petrolio fin’ora ha deluso le aspettative della crescita, e dal mito di possedere una risorsa abbondante e gratuita in tempi di carestia, perché i soggetti che danno le carte e tengono il mazzo, facendo leva sulle attese dei giocatori, spesso abusano della loro debolezza ( nel nostro caso della Comunità locale) per conseguire con più facilità i loro profitti”.

In questa fase l’AGIP (estrattore-erogatore) ha chiesto di riprendere la trattativa sui quantitativi di prelevamento di petrolio e sulla dimensione del Centro Oli. La società ha interesse ad ampliare le quantità estratte e ad accelerare tempi e modi per lo sfruttamento delle riserve, pensando solo ad aumentare i profitti, e omette gli impegni, trascura le tensioni della popolazione e il deterioramento dell’ambiente.

La Regione è in fase di dibattito su questi temi; il Governo Nazionale a sua volta preme per l’ampliamento della estrazione per la necessità di far fronte alla volatilità del mercato petrolifero e alla situazione di restrizioni procurate dalla speculazione internazionale.

È stato sottoscritto un Memorandum che fissa le linee guida per arrivare ad un intesa anche con le aziende estrattrici; si è posta la questione del crescente malessere lucano, della scarsa induzione dello sviluppo locale, del coinvolgimento delle Industrie petrolifere sul tema delle energie rinnovabili, e della crescita delle attività produttive anche a fini occupazionali, dell’impegno politico nazionale sulla realizzazione delle infrastrutture largamente insufficienti, dell’apertura del territorio lucano alle grandi direttrici nazionali, della difesa ed il rilancio dei grandi investimenti industriali realizzati nel decennio e oggi in crisi; della sollecitazione di sostegni produttivi ed occupazionali anche in nuove attività economiche, della selezione di iniziative collegate al settore delle nuove energie a dimensione internazionale con la localizzazione di un distretto energetico in Basilicata, della realizzazione di un Centro studi europeo per l’energia e la sicurezza energetica collegata ad una scuola superiore di formazione; dell’attivazione di programmi di prevenzione e messa in sicurezza del territorio e di crescita della qualità della vita collettiva e sociale.

Gli amministratori della Val d’Agri, elevando forti proteste, hanno chiesto di essere coinvolti direttamente nel negoziato con l’Eni; hanno denunciato le carenze di informazione, la partecipazione alle decisioni sui progetti Eni, sostengono la negoziazione di compensazioni per superare il malessere delle famiglie che vivono nelle aree limitrofe al centro Olio sottoposte più direttamente il pericolo sanitario.

Di nuovo in questa fase vi è il protagonismo delle istituzioni locali, che sono attente alla trattativa, pongono in essere una strategia ed una capacità innovativa, senza farsi allettare dai soldi del petrolio nel breve termine; si impegnano ad usare bene e con accortezza le risorse erogate con il PIOT; e sono sollecitate ad essere capaci di armonizzare sfruttamento petrolifero, modalità, condizioni e giusti tempi per la messa in moto dello sviluppo; sono avvertite del fatto che fra trent’anni il petrolio sarà esaurito e con esso le royalties; si pongono il problema di come e di cosa si lascia in questi posti: “Un territorio più produttivo o più povero?”; “Un’area economica sterile o una Comunità in crescita, capace di autosviluppo?” Si organizzano per dare risposte equilibrate e rivolgono costantemente il pensiero sulla questione giovanile.

Tuttavia bisogna essere coscienti che si dispone di possibilità ed opportunità; mentre i fattori carenti sono essenzialmente la cultura imprenditoriale e un largo consenso sullo sviluppo sostenibile.

Tra le nuove generazioni c’è ancora una diffusa ricerca del posto fisso, e invece poco interesse alla conquista del lavoro soprattutto nei settori innovativi. L’impegno perciò va indirizzato per accrescere la propensione ad avviare imprese al servizio delle opportunità che stanno emergendo nel settore dell’ambiente, del turismo, delle nuove energie. Pertanto è necessario convertire i giovani alla cultura e alla ricerca del lavoro creativo, non allettarli con offerte del posto tranquillo e stabile, ma orientarli verso attività nuove, avviando unità economiche competitive, efficienti e remunerative.

Occorre sperimentare nei Comuni Petroliferi la via dell’utilizzo delle risorse per riconvertire i “curricula” professionali poco richiesti dal mercato del lavoro, verso nuove attività di servizio alla persona, al territorio, al turismo, all’ospitalità. Stanno crescendo anche in Basilicata nuove opportunità in questi settori.

Di questo approccio si sente l’importanza per innestare nuovi processi e più mature propensioni al lavoro utile all’economia e al territorio. Ci sono opportunità importanti per promuovere la crescita: Petrolio, Acqua, Ambiente, Giovani, sono vettori trainanti dello sviluppo.

La classe dirigente locale può fare un salto culturale e formare una filiera di azionicoordinate; Sindaci, Consiglieri comunali, Sindacati non possono aspettare che tutto venga dalla Regione e dal Governo. Ci sono risorse per molti anni, occorre trovare il modo per il migliore l’utilizzo a fini produttivi e per generare l’autosviluppo locale.

Vi è il tempo per operare bene, con nuove strategie e con una cultura economica avanzata in un arco temporale medio-lungo. Nessuna Regione del Sud ha queste opportunità . Se questo patrimonio lo si saprà impiegare bene e utilizzare al meglio, si possono trovare alternative positive per i giovani in via di emigrazione, creando con l’Università imprese mediante ricerca, spin-off e start-up.

In Basilicata ci sono giovani forti e capaci, alcuni scaricano sui politici le proprie pigrizie; se le Istituzioni più autorevoli riusciranno ad utilizzare bene le opportunità, con progetti credibili, ben studiati e sperimentati, i giovani saranno portati ad un nuovo impegno personale.

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