Il gup di Palermo Pier Giorgio Morosini ha rinviato a giudizio tutti i dieci imputati dell’udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia. Sotto accusa ex ufficiali del Ros, capimafia, Massimo Ciancimino, l’ex senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino.
Il processo prenderà il via il 27 maggio davanti alla Prima sezione della Corte d’Assise di Palermo. Per gli ex ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, per i capimafia Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonio Cinà, per il pentito Giovanni Brusca e per Dell’Utri l’accusa è violenza o minaccia a corpo politico dello Stato. Ciancimino è accusato di calunnia e concorso in associazione mafiosa, mentre Mancino di falsa testimonianza. Ad ascoltare la decisione del gup per la Procura c’erano l’aggiunto Vittorio Teresi e i pm Nino Di Matteo, Lia Sava e Roberto Tartaglia. «Quella di oggi è la decisione di un giudice terzo particolarmente preparato e rigoroso – dice il pm Nino Di Matteo – Questo costituisce la riprova che molte critiche mosse all’indagine erano preconcette e, a volte, in malafede. La decisione di oggi è per noi uno stimolo ulteriore ad approfondire anche tutti i temi di indagine residui a carico di altre persone collegati all’inchiesta sulle stragi mafiose e sul periodo relativo al passaggio tra la prima e la seconda Repubblica. Le indagini proseguiranno».
«Fonti di prova indicate genericamente nella richiesta di rinvio a giudizio e una memoria che sfiora soltanto le finalità e gli approdi dell’inchiesta»: il gup Piergiorgio Morosini non ha risparmiato critiche alla Procura. E nel decreto con cui ha disposto il giudizio bacchetta i pm per non avere indicato specificamente le prove a carico degli imputati e per avere presentato una memoria decisamente vaga a completamento della richiesta di rinvio a giudizio. Alle carenze del lavoro dei pm rimedia il gup che, dopo aver letto oltre 300mila pagine di carte depositate, indica nel decreto specificamente le prove che sostengono le accuse agli imputati.
«Riteniamo che questo rinvio a giudizio, che dispone nuovo processo a carico di Marcello Dell’Utri, sia un inutile spreco di energie e denaro – hanno detto gli avvocati dell’ex senatore Marcello Dell’Utri – Noi avevamo prodotto una sentenza definitiva della Cassazione che esclude l’esistenza di condotte illecite e di qualunque contiguità mafiosa del nostro assistito dopo il 1992. Il processo che si farà e si concluderà con un’assoluzione costituisce, dunque, un’inutile duplicazione».
«Credo di essere l’unico che spera di essere rinviato a giudizio – aveva detto Massimo Ciancimino prima del verdetto – Se si conferma l’impianto accusatorio della Procura, che si basa molto sulle mie dichiarazioni, verranno confermate anche le mie parole. Chi ha tradito deve essere stanato dallo Stato. Spero che un processo sarà fatto»
Caloroso abbraccio in aula tra Massimo Ciancimino e Salvatore Borsellino, fratello del giudice assassinato il 19 luglio del 1992 da Cosa nostra. Borsellino è costituito parte civile in rappresentanza dell’associazione Agende Rosse. Entrando nell’aula della Corte d’assise, il figlio dell’ex sindaco mafioso, che è anche testimone dei pm, e Borsellino si sono salutati affettuosamente.
«Per gli ovvi motivi, non sarà facile per noi essere a Palermo la mattina del 27 Maggio 2013, data del ventesimo anniversario della strage di via dei Georgofili, ma ci saremmo e presenteremo la nostra costituzione di parte civile nel processo per la trattativa Stato-mafia». Questo il commento dell’Associazione tra i familiari della strage di via dei Georgofili, avvenuta a Firenze nel 1993, il 27 maggio, data in cui si aprirà a Palermo il processo per l’inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia. «Vogliamo fortemente capire, una volta per tutte, perchè i nostri figli hanno dovuto morire quella terribile notte del 27 maggio 1993 in via dei Georgofili, la così detta strage del 41 bis, per mano di ‘Cosa nostrà. Non abbiamo ancora potuto avere un processo per i ‘concorrenti esterni a Cosa nostrà nella strage di Firenze di via dei Georgofili, ma forse a Palermo almeno i nomi di chi e di quanti hanno solo pensato di trattare con la mafia sia pure ‘in un primo momento per fermare le stragì, causando la morte dei nostri figli, sarà chiarito nel bene e nel male una volta per tutte».
«Chiedo un processo rapido che dimostri la mia innocenza» ha detto Nicola Mancino, dicendo di non condividere la decisione del suo rinvio a giudizio. «Ritengo che il Giudice dell’udienza preliminare di Palermo – ha dichiarato Mancino – si sia preoccupato di non smontare il teorema dell’accusa. Sono certo che le prove da me fornite all’udienza preliminare sulla mia totale estraneità ai fatti contestatimi saranno accolte dal Tribunale in un dibattimento, che spero si concluda in tempi brevi».
«Non ho mai chiesto protezione al capo dello Stato» ha detto Mancino in merito alle telefonate con il presidente Napolitano dei mesi scorsi. «Nelle conversazioni con il consulente giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio, scomparso nei mesi scorsi, mi sono lamentato – ha detto Mancino – per il pregiudizio che avvertivo sulla pelle da parte dei pm di Palermo».