Quell’abito che è arte come un quadro di Mantegna

“I beni culturali legati alla moda, gli abiti e i tessuti ci raccontano come ‘eravamo’ e ci aiutano a capire come siamo oggi: per questo li conserviamo. La moda è l‘espressione più semplice e incisiva di un modo di essere, di una determinata situazione economico-sociale e culturale: attraverso l’abito comunichiamo all’esterno un messaggio più veloce e diretto di qualsiasi post di twitter”. In poche parole Chiara Squarcina, Responsabile del Centro Studi di Storia del Tessuto di Palazzo Mocenigo a Venezia, del Museo del Ricamo di Burano e di quello del Vetro a Murano spiega efficacemente le (buone) ragioni per cui gli studiosi del costume si battono tanto per l’istituzione di musei della moda. E proprio sul valore della moda come bene culturale si è svolto ieri il terzo seminario del ciclo I Professionisti della Moda dal tema “Moda in Mostra: gestione e cura delle istituzioni museali”. Relatori d’eccezione la stessa Squarcina e la Coordinatrice e Curatrice Area Tecnica del Museo del Tessuto di Prato Daniela Degl’Innocenti , in un dibattito moderato dalla docente di storia dell'arte contemporanea Lucia Masina, curatrice del progetto “Moda-Musei” per l’Università La Sapienza.

“Esporre un abito a una mostra è estremamente difficile, quando si vuole comunicare qualcosa” ha continuato Squarcina. “In Italia è complesso creare musei della moda come quelli parigini o come il Museo del Traje di Madrid, forse manca la mentalità necessaria; ma questo è perché, molto più che gli altri paesi, siamo noi stessi la storia della moda” . Una storia ben documentata negli oltre trentamila pezzi della collezione di Palazzo Mocenigo, tra abiti del XVIII e XIX secolo, tessuti risalenti al periodo copto e più recenti come la Snia Viscosa, il cui deposito-archivio nato dalla collezione di Palazzo Grassi è stato aperto al pubblico per la prima volta dalla stessa Squarcina.

“Anche per i tessuti si pone il problema della comunicazione del loro valore, difficilmente apprezzabile da parte di un visitatore comune” ha fatto notare Degl’Innocenti . “Per questo al Museo del tessuto di Prato, oltre a una zona dedicata alle collezioni antiche e una a quelle più moderne, ci sono sia uno spazio per informare i meno esperti che uno focalizzato direttamente sulla didattica”. Come spiega agli studenti d’eccellenza di Scienze della Moda e del Costume, Prato era la città più indicata ad ospitare un museo del tessuto essendo sin dal Medioevo un grande distretto specializzato nella lavorazione della lana, in particolare della cardatura. Nel museo è stato istituito infatti un piccolo laboratorio di restauro del tessuto con esperti che si sono formati localmente. “Nelle mostre che organizziamo c’è una ricostruzione storica, come in quella sulla moda degli zar russi fino a Pietro il Grande, o la volontà di seguire il contemporaneo, come quella sul jeans e i concorsi rivolti agli studenti delle accademie sulla rivisitazione del tartan e della tuta di Thayat”. E se tra gli antichi tessuti pre-colombiani e cristiano-copti e la rarissima scarsella in tessuto mediceo conservate nel MdT ci sono anche tessuti nuovissimi e inventati da pochi anni come il “McPrato”( ideato per la mostra sul tartan in lana pregiata e cardata dalla Scottish Tartan Authority), all’interno di Palazzo Mocenigo il vero gioiello non sono solo gli abiti, ma anche i libri: come dichiara la stessa direttrice, “Palazzo Mocenigo, prima del discorso espositivo, parte dalla Biblioteca, perché la conservazione della moda e del tessuto nasce solo dalla conoscenza. E’ grazie alla conoscenza del valore storico e artistico della moda che si può arrivare a comprendere come un abito originale del cinquecento non possa che essere considerato come un’opera d’arte. Da conservare, curare ed esporre alla stregua di un quadro di Mantegna”.

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