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Siamo i primi ma non abbiamo vinto!

Maria Bernasconi

Si possono perdere le elezioni pur prevalendo nei numeri e nelle percentuali. “Siamo i primi ma non abbiamo vinto” questa la dichiarazione di Pierluigi Bersani dopo l'esito delle elezioni politiche. Questo è quanto è accaduto alla sinistra italiana ed al Pd. Il voto degli italiani all'estero ha fatto si che il Pd diventasse il primo partito, distaccando di poco il Movimento 5 Stelle ma, nella sostanza, nulla cambia. Il premio di maggioranza incassato dalla coalizione guidata da Bersani è abnorme rispetto alla percentuale di vantaggio alla Camera; il premio di rappresentanza è decisamente distorto grazie all'attuale legge elettorale che i partiti non hanno voluto modificare. E al Senato le cose non cambiano di molto, con il risultato che non c'è maggioranza possibile e dunque regna l'ingovernabilità.
Alla fine dell'avventura del governo Monti, durata un anno, e dopo un ventennio di berlusconismo contrassegnato da scandali, eccessi, soprusi ed abusi, il Pd pareva essere l'unica vera, possibile alternativa. Invece, non solo non riesce ad imporsi come forza di governo alternativa a Berlusconi, ma assiste alla resurrezione miracolosa del Cavaliere che sfiora addirittura la vittoria, all'apoteosi di Grillo che rosicchia abbondantemente voti al suo elettorato e diventa secondo partito, al floop di Monti, Premier tecnico ma non leader politico, che poteva essere l'alleato di governo.
La politica tradizionale non ha saputo interpretare l'insistente richiesta di cambiamento degli italiani dovuta alla sfiducia nei confronti di un sistema politico e istituzionale pieno di falle. Scandali, abusi e soprusi, uniti al malgoverno, hanno determinato il resto, allontanando ancora di più gli elettori dai partiti tradizionali.
Grillo è stato capace di intercettare quella richiesta di cambiamento, che via via si faceva sempre più pressante, la voglia di partecipazione e la disponibilità all'ingaggio, una concreta volontà di realizzare fisicamente il rinnovamento.
Purtroppo il Pd, il partito nato con l'ambizione di essere moderno, aperto, pronto a rivedere i suoi assetti locali e nazionali e le sue leadership con le primarie, sembra però aver accantonato, dopo lo slancio della vittoria di Bersani su Renzi, la questione del rinnovamento dei dirigenti (che pensavano già a come spartirsi posti di governo in fantascientifici organigrammi) ed aver lasciato spazio allo spirito di conservazione, di garanzia degli apparati e dei gruppi dirigenti, pensando alle alleanze e commettendo un grave errore nel dimenticare che la vita scorre fuori dal Palazzo. E sono questi i veri motivi che hanno portato i grillini ad essere il primo partito.
Bersani pensa di avere il diritto, o il dovere, come forza di maggioranza alla Camera, di fare la prima proposta per il governo e lo fa aprendo al Movimento 5 Stelle facendo aleggiare la possibilità di concedere la presidenza della Camera; peccato, però, che questo è ancora un vecchio gioco della politica. Grillo non accetterà mai un'intesa di sistema programmatica e di maggioranza e lo ha detto chiaramente: “potremo dare l'appoggio a singole riforme. Vedremo…di volta in volta”. La vera formula di ingaggio dei grillini sembra essere davvero quella di giocare la partita del cambiamento, a cominciare dalla politica e dalle istituzioni: la nuova legge elettorale, la riduzione drastica dei costi della politica, il dimezzamento dei parlamentari, la legge anticorruzione, il conflitto di interessi, l'abolizione dei privilegi. Credo che, dopo la sconfitta subita, bisogna guardare ai cittadini e alla repubblica e non alla società dei partiti. Con un programma di pochi punti che miri al cambiamento si possono mettere alla prova i grillini, non dimenticando però che vi sono da rispettare gli inderogabili impegni presi con l'Europa; se in parlamento Grillo vorrà seguire una strada che ci porti fuori dall'Euro, nessun accordo sarà possibile, ma, a quel punto, il Paese giudicherà.
Non sembra assolutamente probabile un governo di larga coalizione, che gli elettorati del Pdl e del Pd difficilmente potrebbero reggere e nemmeno è auspicabile il ritorno al voto: sarebbe una vera disfatta.. E infine, resterebbe la carta estrema di un governo allo sbando, senza maggioranze precostituite, che potrebbe diventare un governo di scopo nella drammatica necessità di negoziare con l'Europa gli aiuti che ci toglierebbero l'ultima sovranità o di tentare disperatamente di scongiurarli. E intanto, a causa di questo quadro politico incerto e traballante, la borsa ci penalizza, lo spread torna a salire, l’Europa, in primis la Germania ci offende e gli occhi di tutti sono puntati su di noi. Fortunatamente abbiamo ancora il Presidente della Repubblica che si dice fiducioso e certo che l'Italia saprà uscire da questa difficile situazione. A Giorgio Napolitano spetta l'onere di risolvere e trovare una rapida soluzione affinché il Paese possa superare questo travagliato momento ed uscire da questa complicatissima situazione.

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