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Dimissioni del Papa, un atto di coraggio

Lettera del nostro amico responsabile del Dipartimento Telematico G. Di Noia

Il Papa si è dimesso! La notizia è arrivata in questa giornata meteorologicamente tempestosa e si è diffusa rapidamente in tutto il mondo. Non è certo un fulmine a ciel sereno perché più volte la voce era circolata negli ultimi due anni, ed ecco allora che commenti, riflessioni, ipotesi e congetture tra le più diverse e contrastanti si stanno via via alternando.

Personalmente la mia prima reazione è stata non di sorpresa, quanto di dolore. Dolore per un Papa che ho guardato all’inizio con diffidenza e che ho rapidamente scoperto ed imparato ad amare. Ma inevitabilmente è stato poi naturale iniziare chiedersi ciò che tutti si domandano: come mai questo gesto clamoroso? Cosa può aver spinto questo Papa a prendere una decisione così clamorosa?

La prima tentazione è stata di credere all’ipotesi più diffusa di un ritiro, un abbandono per mancanza di forze e di energie consumate negli anni dal clima di tensione che negli ultimi anni ha avvelenato il Vaticano, dal suo precario stato di salute, dagli scandali della pedofilia, dagli scandali finanziari, dal caso del Corvo e di Watileaks, insomma in questi pochi anni di pontificato ha dovuto affrontare situazioni veramente difficili e pesanti, moralmente, spiritualmente e fisicamente e tutto sommato avrebbe tutto il diritto di aspirare ad un periodo di riposo e di studio, specialmente considerando che in Vaticano non hanno fatto molto per essergli di aiuto.

Eppure l’idea di Papa che scende dalla croce contrasta con la sua incredibile lucidità e capacità teologica e divulgativa che fino ad oggi in ogni occasione ha dimostrato. Questo è un Papa da scoprire, da cercare oltre i titoli di giornali e telegiornali, un Papa da leggere, da ascoltare dal vivo, per capire che a dispetto dei suoi 86 anni, è capace di parlare di fede, a braccio, senza canovacci o testi scritti da altri, in un modo assolutamente coinvolgente. E’ un Papa che ha molto da dire agli uomini, e lo fa in maniera eccezionale, rendendo tutto comprensibile alle persone normali. Ma è un Papa dipinto dai media in modo diverso dalla realtà, per cui l’immaginario collettivo è quello di un vecchio conservatore e retrogrado. E’ un Papa da scoprire, con una intatta e vitale energia intellettuale e spirituale.

A questo punto un quesito è balenato nella mia mente: come può un Papa che continua ancora adesso ad essere così lucido e capace, lasciare il comando della Chiesa in un momento così difficile? Come può farlo dopo avere affrontato con polso fermo e autorevolezza, gli scandali della pedofilia, della finanza vaticana, le lotte interne al Vaticano, il corvo e Watileaks? Ha retto il timone fino ad ora e mentre tutto sta andando nella direzione da lui indicata, lascia tutto?

In questi anni è riuscito ad affrontare il dramma della pedofilia, segnando una svolta nel cammino della Chiesa. Ha affrontato la crisi finanziaria mondiale denunciando tutte le storture del sistema capitalistico e indicando la via di uscita proseguendo quanto iniziato dal suo predecessore.

Insomma qualcosa non torna chiaro. Non possiamo chiedergli lumi di persona, non abbiamo questa fortuna, eppure è certo che non è stata una decisione improvvisa, ma meditata da tempo. E allora una risposta forse potremmo trovarla nelle sue ultime parole, nei suoi ultimi discorsi.

Sono andato a rileggermi l’ultima lectio divina al seminario maggiore di Roma (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2013/february/documents/hf_ben-xvi_spe_20130208_seminario-romano-mag_it.html), dove parlando ai giovani sacerdoti ha fatto una delle più belle catechesi che abbia mai letto. Parole altissime di esortazione ed incitamento al significato dell’essere cristiani, parole che sono assolutamente contrastanti all’idea di un Papa che abbandona il suo compito missionario.

Come può un Papa che “invita ad accettare l’aspetto martirologico del cristianesimo” rinunciare lui per primo al suo compito missionario, seppur difficile e a sacrificio della sua salute? Come può un Papa che ricorda come “dobbiamo essere grati a e gioiosi per questo fatto. Dio ha pensato a me, ha eletto me come cattolico, me come portatore del Vangelo, come sacerdote” rinunciare al suo ruolo di pastore della Chiesa? Come può un Papa che ricorda come “il divenire cristiano comincia con un azione di Dio, soprattutto un azione sua, ed io mi lascio formare e trasformare”, come può impedire il compiersi dell’azione divina?

Forse semplicemente non può farlo, il suo non è un abbandono, non è un ritiro. Forse il suo è un fortissimo atto di coraggio che chiama tutti alla responsabilità, fuori e dentro il Vaticano. E’ una chiamata alla “comunione della Chiesa”, a ricordare l’importanza della “teologia della Chiesa, della fede della Chiesa, nella quale c’è diversità – certamente – di temperamento, di pensiero, di stile nel parlare tra Paolo e Pietro”, una chiamata al superamento delle divisioni di “una teologia petrina contro una teologia paolina” affinchè “queste diversità, anche oggi, di diversi carismi, di diversi temperamenti, non sono contrastanti e si uniscono nella comune fede”.

Tutto ciò ricordando ad ognuno di noi che la Chiesa è stata affidata dal Signore a Pietro, proprio all’uomo che “è caduto, che ha negato Gesù e che ha avuto la grazia di vedere lo sguardo di Gesù, di essere toccato nel suo cuore e di avere trovato il perdono e un rinnovamento della sua missione” e ricordando ancora che anche se “qua e là la Chiesa muore a causa dei peccati degli uomini, a causa della loro non credenza, nello stesso tempo, nasce di nuovo” tutti“noi siamo eredi del futuro di Dio”, esortando a “non lasciarci impressionare dai profeti di sventura”, affermando con forza che “la Chiesa si rinnova sempre, rinasce sempre. Il futuro è nostro” perché “Dio non mi lascia cadere dalle sue mani”.

Non so se questa possa essere una chiave di lettura giusta, ma mi piace pensare che così possa essere. Vedremo quale sarà la risposta degli uomini della Chiesa a questa chiamata di responsabilità, perché non è solo la Chiesa ad essere in crisi, il mondo vive una crisi ancora maggiore, e non può essere la Chiesa ad aprirsi alle verità del mondo contemporaneo, quanto piuttosto il mondo che deve ritrovare il senso del vivere quotidiano, guardando alle verità che Dio ci ha donato e che la Chiesa deve trasmettere e testimoniare con coerenza.

In ogni caso grazie Benedetto XVI, per quanto ha fatto per noi e per quanto continuerà a fare per il bene della Chiesa.

Il Presidente

Umberto Borzi

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