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Intervista al Prof. Leonardo Maugeri, talento da esportazione ad Harvard

di Massimo Preziuso su R-Innovamenti

Buongiorno Professore. Grazie per l’opportunità, innanzitutto. Lei è un chiaro esempio di talento italiano da esportazione. Dopo una carriera folgorante nel colosso ENI, nel 2011, ancora quarantenne, ha deciso di cambiare e tornare all’accademia. Oggi insegna nella prestigiosa Harvard University, è consigliere del governo americano sui temi energetici, è autore di vari libri, tra cui un best-seller che ho letto in questi giorni (“Con tutta l’energia possibile”), e tanto altro.

1) Perché questo cambiamento così improvviso e radicale?

Preferisco che il tempo si sedimenti prima di rispondere a questa domanda.

2) Italia Vs Stati Uniti: chi vince?

Non c’è competizione. Da anni, condivido il giudizio di Bill Emmott sull’Italia: purtroppo il nostro Paese è giunto a un livello di non ritorno. Sovrastato da una corruzione patologica e da una classe dirigente del tutto inadeguata, che però si autosostiene con il meccanismo della cooptazione, non ha credibili prospettive di crescita. Ha abbandonato la ricerca e la formazione di alto livello, primi motori di sviluppo di ogni paese, non ha più che un manipolo di grandi gruppi industriali, non riesce a produrre tecnologia né innovazione, se non su piccola scala incapace di fare massa critica.

Negli Stati Uniti, con tutti i problemi che pure esistono, c’è una vitalità sorprendente. Ricerca, innovazione, trasformazione continua, sono ancora i fattori portanti del paese. Qui è ancora vero che un totale sconosciuto, senza famiglia né possibilità alle spalle, può diventare tutto grande alla forza delle sue idee o del suo talento. Inoltre, il paese riesce ancora a attrarre – soprattutto grazie alle sue università e ai suoi centri di ricerca – i migliori talenti del mondo.

3) Come si sente un talento italiano negli Stati Uniti, in questi anni così turbolenti, in cui il nostro Paese ha proprio bisogno di personalità come la Sua per tornare a “vivere”?

Non sono certo un caso unico. Semplicemente, chi ha talento deve cercare altre strade lontane dall’Italia, perché il talento non rientra nei criteri di selezione del nostro Paese. Contano solo frequentazioni, appartenenze, disponibilità a accettare le regole di un sistema malato.

4) Come creare veri ponti di opportunità tra Italia a America? Quale appunto il ruolo possibile per “ambasciatori” come Lei?

Se il Paese non cambia radicalmente, è impossibile per chiunque costruire veri ponti di opportunità.
Bisogna chiedersi: perché una società americana dovrebbe avere interesse a investire in Italia, rispetto a tutte le altre opportunità disponibili nel mondo? Qual è il nostro valore aggiunto? Gli americani adorano l’Italia come posto per le vacanze, non come luogo d’investimento.

5) Competizione Vs Uguaglianza: come risolvere una volta per tutte questo ”trade off” di visioni del mondo?

A mio modo di vedere, la convivenza tra società del merito (competitiva) e società dell’uguaglianza e del bisogno è la sintesi che ha reso l’occidente superiore al resto del mondo, nel 20° secolo. La società del merito ha bisogno di uguaglianza di partenza, perché solo così possono emergere i migliori talenti. La ricchezza generata da una società che si alimenta di merito, d’altra parte, genera la ricchezza e la crescita che – con eque e sagge politiche di redistribuzione – possono sostenere la parte più bisognosa della popolazione, quella che può rimanere indietro e offrire i mezzi per l’uguaglianza di partenza. Nelle società povere questa possibilità non esiste.

6) Lavoratori e Produttori: quale il modo per metterli a lavoro insieme per rinnovare e ricostruire il Belpaese?

C’è un interesse comune: concentrare l’attenzione del legislatore nel facilitare gli investimenti, abbattendo la burocrazia che oggi impedisce alle imprese di investire e operare, stroncando la corruzione che rende il gioco economico artificioso, abbassando nel tempo le tasse sulle imprese stesse. Allo stesso tempo, il legislatore dovrebbe abbandonare la sterile questione del ridimensionamento dei diritti dei lavoratori. Provate a chiedere ad un’impresa straniera perché non investe in Italia, dove potrebbe chiudere dopo qualche anno licenziando tutti i lavoratori..

7) Politiche energetiche: quale il futuro sostenibile? Lei ci crede alla opportunità, proposta dal governo Monti, della costituzione di un hub del gas mediterraneo in Italia, con baricentro in Basilicata?

Io credo che, per alcuni decenni ancora, i combustibili fossili costituiranno gran parte del fabbisogno energetico dell’umanità, perché la loro densità di energia non ha ancora trovato sostituti. Al tempo stesso, credo che i primi decenni del secolo costituiranno “l’officina” che produrrà le tecnologie necessarie ad abbattere il ruolo dei combustibili fossili nel futuro. Per questo la ricerca scientifica è fondamentale e, visto quello che sta accadendo in paesi come gli Stati Uniti, mi aspetto grandi breakthrough tecnologici – soprattutto nell’energia solare – nei prossimi anni.

Quanto all’Italia hub del gas, continuo a nutrire molti dubbi per una serie di ragioni. Anzitutto, ho visto che anche l’Antitrust pone in evidenza un rischio che indico da anni. Per avere un hub del gas (e anche un mercato spot) occorre una sovrabbondanza di infrastrutture, funzionali a consentire una forte variabilità di flussi di gas in ragione delle condizioni di mercato: chi paga queste infrastrutture (gasdotti, stazioni di pompaggio, stoccaggio)? Naturalmente, le paga il consumatore in bolletta. Può andar bene, ma il consumatore ne è cosciente? Ne dubito. Inoltre, in un mercato del gas caratterizzato da una bolla (un eccesso di offerta rispetto alla domanda, che avevo già preconizzati anni fa) come quello europeo, i gasdotti in eccesso potrebbero andare al minimo di capacità, ma il consumatore dovrebbe lo stesso pagare i costi della loro costruzione. Con quali vantaggi? E per chi?

8 ) Come Innovatori Europei, insieme ad altre organizzazioni ambientaliste, stiamo studiando il tema “Taranto sostenibile” e l’ opportunità per il prossimo governo italiano di facilitare una transizione industriale nella produzione delle “auto elettriche”. Che ne pensa a riguardo?

Guardi, io ho concepito e avviato la realizzazione di una dei più importanti piani di riconversione industriale d’Italia, quello del sito petrolchimico di Porto Torres in Sardegna, orientandolo alla chimica verde. Quando lo feci, analizzai per prima cosa le prospettive economiche di un certo tipo di chimica verde, per essere certo di non creare un’altra illusione industriale destinata a fallire con il tempo. Solo una volta certo degli economics lanciai la mia società, al tempo Polimeri Europa, oggi Versalis – la società della chimica dell’Eni – nel progetto.

Quella delle auto elettriche è una bella idea, ma ha bisogno anzitutto di una rigida analisi economica. Io credo nel futuro dell’auto elettrica, e credo che questo futuro arriverà dall’Asia, non dal vecchio mondo. Da noi il problema fondamentale è che non esistono sufficienti reti di distribuzione, e costruirle costerebbe miliardi di euro. Per favorire un mercato dell’auto elettrica, ci vorrebbero delle normative specifiche, magari a costo zero, ma molto dure: per esempio, vietare la circolazione delle auto tradizionali con una certa età nei centri delle città.

Dovrei studiare in modo più approfondito la questione. Forse, nella fase in cui siamo, sarebbe più proponibile offrire a un grande produttore – meglio asiatico – condizioni speciali per costruire a Taranto stabilimenti di auto ibride, che cominciano ad avere un certo mercato e sono davvero fantastiche. Perfino tanti americani cominciano a convertirsi. Per condizioni speciali intendo condizioni fiscali radicali (per esempio, zero tasse nei primi 5 anni). Sarebbe sempre meno che un intervento diretto dello stato, e quindi dei contribuenti.

9) Innovatori Europei vuole sempre più diventare un “ponte” di opportunità progettuali e politiche tra Italia, Europa e Mondo. Tra le altre, siamo gemellati con una innovativa realtà politica operante in Nord America. Ritiene interessante l’idea di unire le comunità italiane nel mondo attorno ad un progetto intellettuale e politico come il nostro?

Si, soprattutto nella misura in cui riuscisse a riconnettere tanti italiani di grande valore che hanno abbandonato l’Italia perché non vi trovavano spazi e hanno poi avuto esperienze di grande successo. Sono un patrimonio possibile dell’Italia di domani. Ma è un progetto che richiede tempo e una costruzione mirata e paziente. Ci sono state già troppe iniziative improvvisate e effimere nel passato anche recente.

Grazie.

A Lei.

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