Alla vigilia delle consultazioni politiche 2013, i partiti sono ancora troppi ed in subbuglio. I piccoli vogliono condizionare i grandi. Le alleanze e gli apparentamenti dovrebbero consentire di governare. Speriamo in bene. Ferma la tesi che il “tripolarismo” è ancora tutto da venire e non c’è dato capire quali siano i programmi elaborati per allontanare dal nostro Paese l’incubo di una crisi irreversibile. Quando, nel lontano 1963, eravamo corresponsabili del mensile “Futuribile”, non avremmo mai pensato che, in 50 anni, l’Italia potesse assumere l’assetto nel quale siamo costretti a vivere. I “mali” del Paese sono stati identificati, ma non curati come si sarebbe dovuto. Il prossimo Parlamento avrà parecchi nodi da sciogliere. I mezzi per farlo non li abbiamo ancora intravisti. Basta con i sacrifici a fondo perduto. Meno privilegi per tutti e fuori dalla politica attiva chi non intende accettare regole comportamentali più spartane. Tra le formazioni nazionali non ce n’è una che ci convince più di tanto. Anche il voto dei Connazionali all’estero, che avrebbe potuto essere una valvola di “sfogo”, è rimasto statico ed arcaico. Solo il Movimento “Insieme per gli Italiani” è stato in grado d’andare oltre e con coraggio. Dato, però, che le contrapposizioni sono più formali che sostanziali, le nostre preoccupazioni sono aumentate. Perché non sembrano esserci più ideali da rispettare, posizioni d’equità da conquistare e verità da rivelare. E’ proprio quest’innegabile realtà che ci angustia. Per molti partiti, aspiranti all’Esecutivo, non restano che le alleanze. Altri compromessi che, col tempo, potrebbero nuovamente degenerare. Di stonature questa nostra Italia ne ha sentite parecchie. Sia dal Governo che dall’Opposizione. Anche durante la fase Monti, il disinteresse è rimasto palpabile. Ancora una volta, si è preferito il compromesso per restare in competizione. Aver minimizzato le situazioni e rimandato i problemi economici ci ha portato dove mai ritenevamo di poter arrivare. I trasformismi sono tornati alla ribalta. Il Professore da tecnico si è fatto politico; con un programma che abbiamo preferito lasciare agli elettori il coraggio di ponderare. Per migliorare, senza pretendere l’impossibile, è fondamentale mantenere l’indipendenza ideologica e portare avanti, anche se in pochi, le proprie proposte. Dopo tanta rovina, ci hanno pensato degli italiani che vivono lontano dal Bel Paese. Lontani fisicamente, ma vicini per tentare il suo recupero. Dopo oltre vent’anni di fase “neutra”, ora ci siamo apertamente schierati. Messi da parte gli indugi, abbiamo compreso lo spirito dei Padri fondatori di “Insieme”. Cioè l’indipendenza dagli altri. Il tutto con un programma chiaro che avevamo “in pectore” da parecchi lustri. Se anche solo un Parlamentare di “Insieme per gli Italiani” riuscirà, come riteniamo, a giungere nel nostro Parlamento, allora il processo di trasformazione potrà avere inizio. Anche con quell’azione di trascinamento ideologico che andrebbe ad interessare gli incerti ed i “trombati” dell’ultima ora. Oltre le polemiche, c’è l’Italia. Un Paese che non ha malinconia del suo passato, ma che non lo dimentica per non ipotecare il futuro. E’ indispensabile tornare alla politica della quotidianità. Cioè quella dei piccoli passi. Una posizione che avevamo fatto nostra nel 1963, quando nel Paese i preconcetti erano “vizio” di pochi. Sono passati 50 anni. Almeno due generazioni hanno ceduto il posto alle altre. Il posto, non gli ideali.
Giorgio Brignola