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Sogni, incertezze e paure, con contorno di Ruby

Di Carlo Di Stanislao
Sta vivendo momenti difficili Bersani, diviso dal dubbio amletico se staccarsi da Vendola, che pure l’ha sostenuto al ballottaggio con Renzi o smettere la corte al raggruppamento di centro, che continua a lanciare messaggi per avere Monti come candidato.
E grattacapi ne ha anche Grillo, con le richieste interne di democrazia che non potrà spegnere facendo, come sta facendo, la voce grossa e vestendo l’elmetto di chi è in guerra contro quella parte dei suoi che lo contesta e che ha direttamente invitato sul sito del movimento a togliersi di mezzo.
Ha i suoi problemi anche Montezemolo che risponde a Casini che lo invita all’abbraccio, con un sibillino desiderio di non voler tornare al “gattopardismo” anni novanta, mentre Fini sogna (nel profondo inconfessabile del cuore) un ritorno a casa dei” figliol-prodighi” che lo tradirono quando se ne andò da Berlusconi, ma ora, con lo spacchettamento del Pdl, sono senza fissa e certa dimora.
E la Melandri sogna le primarie almeno per i candidati, dal momento che lei ci credeva, forse più dello stesso Alfano.
Quanto a Berlusconi, continua nella sua strategia da gran gradasso e dice il suo altolà alla Germania, che reagisce con il ministro degli Esteri Guido Westerwelle, che per l’occasione abbandona i toni pastello della diplomazia e risponde a nome dei tedeschi: “Una cosa non accetteremo: che la Germania sia fatta oggetto di una campagna elettorale populista. Nè la Germania né l’Europa sono la causa dei problemi che ha l’Italia”.
Quasi in simultanea, la cancelliera Angela Merkel ha trovato modo, in occasione di un incontro ufficiale (la conferenza stampa per la visita a Berlino del presidente kirghizo Almazbek Atambayev) di lodare Mario Monti per le riforme messe in campo. Dicendo la sua anche sulle elezioni italiane, con qualche equilibrismo per rispetto della sovranità popolare.
E il quotidiano Die Welt si lascia andare a immagini omeriche, definendo la crisi “una fiera che potrebbe uscire dal suo fragile recinto” con il rientro di Silvio Berlusconi.
E non solo Maroni dice il suo secco no a Berlusconi, aprendosi ad una possibile alleanza di partito ma senza di lui, ma anche il Partito Popolare Europeo, di cui il Pdl fa parte, boccia il rientro del Cavaliere, per bocca del capogruppo Joseph Daul e, nel corso del suo congresso, loda Monti e dice che averlo fatto cadere è stato un errore.
Anche il capo degli eurodeputati del Pdl Mario Mauro prende le distanze dal ritorno del capo sulla scena politica e dalla scelta di non sostenere più l'esecutivo dei tecnici: “Spero che a un momento di follia vera e propria segua un periodo di assunzione di responsabilità”. Quanto all'ex premier, Mauro ha ricordato che “abbiamo idee diverse ma gli stessi elettori”: ecco perché, secondo l'europarlamentare, è importante sottolineare che “per me il Pdl esiste se si riconosce, come previsto nel suo statuto, nei principi del Ppe”: se questo non è più vero, “allora non mi riconosco in quel partito”.
Un rigore che chiede tutta l'Europa. “Mario Monti è stato un grande premier e spero che le politiche che ha realizzato continueranno dopo le elezioni” perché “non c'è alternativa ad avere conti pubblici solidi e una economia competitiva. Il prossimo governo non può fare diversamente”, commenta il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, sottolineando che “il consolidamento fiscale è una scelta inevitabile per paesi con un deficit o un debito elevato”. Monti, aggiunge, “e il governo hanno svolto un ottimo lavoro. Hanno ripristinato la fiducia nell'Italia, il che è importante perché siete centrali nell'Eurozona. E' stato un aiuto molto rilevante nella difesa della stabilità collettiva”.
Solo tre eurodeputati fedelissimi di Berlusconi hanno espresso il loro dissenso dalla linea di rottura con il 'padre fondatore' e cioè Barbara Matera Licia Ronzulli e, in modo più sfumato, Alfredo Pallone, mentre pare che la linea Daul-Mauro, in realtà, avrebbe appoggi importanti non solo nel Ppe (forse con la sola eccezione dei Popolari spagnoli, più legati a Berlusconi), ma anche nel Pdl in Italia.
Secondo costoro, l problema non è tanto se Berlusconi si presenta o no, ma a nome di chi si presenta. Se Monti si convincesse ad accettare l'investitura come candidato premier di un centro destra moderato e fortemente europeista, il Cavaliere non avrebbe probabilmente altra scelta che quella di ritirarsi, o essere marginalizzato.
Quanto alla stampa straniera, anche oggi, come ieri, guarda con preoccupazione al ritiro di Monti e alla decisione del Cav di scendere di nuovo in campo. In linea di massima l'orientamento è unanime: Monti lascia, ma dovrebbe ripresentarsi. Chi si espone di più è il Financial Times che con un editoriale invita espressamente il professore a candidarsi. Monti, per il Financial Times, ha agito bene accelerando e scegliendo di dimettersi. Ora deve capitalizzare la sua esperienza.
Intanto con la ricomparsa di Berlusconi si torna a parlare di Ruby, assente ingiustificata dal processo che la riguarda a Milano, vista serena e felice in Messico, che dichiara che rientrerà a gennaio, mentre i giudici dovranno decidere lunedì prossimo se rinunciare a sentirla come testimone o aspettarla fino al prossimo anno.
Possono stare tranquilli gli italiani, anche se dovessero crollare sotto il profilo economico, Berlusconi saprà distrarli con le sue imprese private.
E poiché il Censis ci ha detto che i maschi italiani sono insicuri oltre che poveri, il suo esempio servirà se non altro a rassicurare il 59,2% degli uomini che ha ammesso di provare incertezza e preoccupazione in materia di prestazioni sessuali.
D’altra parte avrà dalla sua quel 6% della popolazione fra i 26 e 35 anni che è affetto, pare, da sexual addiction”, ovvero dipendenza da sesso, che, sarà bene chiarire, è diversa dal desiderio sessuale iperattivo, poiché, come ogni dipendenza, mette in situazioni di rischio per sé e per gli altri.
Foucault ha analizzato l’annosa (e non solo maschile) relazione fra sesso e potere che da noi non ha avuto per protagonista non solo Berlusconi ma, facendo capo solo al periodo recente, ad esempio il parlamentare pugliese dell'UDC, Cosimo Mele, che organizzò, nel luglio 2007, un festino a base di sesso e droga presso l'Hotel Flora, a Roma, durante il quale una delle ragazze si sentì male e si rese necessario il ricovero in ospedale.
E scandali analoghi ne sono avvenuti anche il altri Paesi. Sempre nel 2007, in giugno, il senatore repubblicano dello Stato dell'Idaho, ultraconservatore e famoso per i suoi atteggiamenti omofobi, fu arrestato in un bagno di un aeroporto del Minnesota per condotta oscena: il politico aveva cercato di adescare un uomo, che poi risultò essere un poliziotto in borghese. Lo stesso anno furono travolti dagli scandali anche Willie Knuckles e Moshe Katsav, liberiano il primo, israeliano il secondo, ha rassegnare le dimissioni per le proteste sollevate da alcune ex dipendenti che lo accusavano di molestie sessuali.
Non vogliamo quindi essere moralisti e non ci interessa davvero la condotta di chi detiene il potere. Tuttavia, quando questa rende il ruolo istituzionale debole agli occhi della opinione internazionale e, soprattutto, l’individuo ricattabile, ci preoccupiamo notevolmente.
Si pensi, solo per fare un esempio che non sia il solito Berlusconi, la situazione in cui ha messo l’intera sinistra europea e non solo francese, il sexigate Stroskan e al titolo originale, più esplicito che allusivo del film “Sesso e Potere”, di Barry Levinson, che recita: “Why does a dog wag its tail? Because the dog is smarter than the tail. If the tail was smarter, it would wag the dog2 si può tradurre: Perché un cane agita la coda? Perché il cane è più intelligente della sua coda. Se invece fosse la coda, più intelligente, agiterebbe lei il cane”.
Il caso volle che pochi mesi dopo l'uscita del film nelle sale negli Stati Uniti Bill Clinton si vide costretto a gestire la relazione con la stagista Monica Lewinsky, estremamente delegittimo nella risposta a vari attentati alle ambasciate statunitensi in Africa.

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