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Il futuro di Montezemolo

Le prossime elezioni sono a rischio ingovernabilità. Un Monti bis
è quasi certezza.

TUNISI – Il fondo di Maurizio Bonanni, “Quel futuro (remoto) di Montezemolo”, di sabato scorso sulle pagine dell’Opinione, mi ha sinceramente allarmato perché, in questa Italia dilaniata da problemi economici e sociali, dissidi politici e assenteismo generalizzato, di tutto abbiamo bisogno fuorché di “dietrologia” vagante e scarsamente motivata. A Bonanni la risposta più sensata, oltre che autorevole, gliela dà il direttore Diaconale nello stesso fondo di apertura. Dove, in particolare cita: “ (Monti) ha ….. interesse … a seguire le indicazioni del suo inventore come uomo di governo, cioè del Capo dello Stato e mettersi serenamente alla finestra in attesa che la nottata elettorale passi. Ed ancora una volta l’Europa e Napolitano tornino ad indirizzare la politica italiana verso la formazione di un esecutivo emergenziale che rimetta in ordine i conti dello stato facendone pagare il prezzo ad una società nazionale per troppo tempo abituata a vivere al di sopra delle proprie possibilità”.

Caro Bonanni è proprio quello che “Verso la Terza Repubblica”, di Montezemolo e Riccardi, va predicando. Non certamente un personaggio da sventolare come Capo Lista, bensì un movimento “RIFORMISTA” che, dopo le elezioni, possa contare su quella “continuità di governo” tanto suggerita dall’Unione Europea e fortemente voluta dal Presidente Napolitano. D’altra parte, quali risultati ci si può aspettare dalle elezioni? Una previsione di maggioranza garantita, incluso il premio di maggioranza, non è veritiera; né a sinistra, né tantomeno a destra o addirittura per il M5S, a meno di un chiaro accorpamento del centro moderato con compagine governative di sinistra o di destra. Questa ipotesi non converrebbe a nessuno. Primo fra tutti all’UDC che ha sempre professato un Monti Bis. Per contro, una convergenza post elezioni sulla scelta di un Monti Bis, oltre che continuare a risanare l’Italia secondo un processo già iniziato e a buon punto, darebbe la possibilità ai singoli Partiti, così come stanno facendo in questo periodo, di operare congiuntamente ad un bene comune: la ricostruzione della nostra Italia.

Verso la Terza Repubblica predica “una nuova fase Costituente” ed è questa la vera proposta innovatrice, perché chiama tutti indistintamente, ognuno con la propria identità politica, a contribuire alla “rifondazione” di questo Paese. Appare altrettanto chiaro che l’unico uomo che possa guidare questo atteso cambiamento è colui che nel breve periodo di un anno è riuscito a: “salvare l’Italia dal tracollo economico, ridare credibilità alla nostra economia (non solo in ambito europeo, ma anche internazionale) e, ultimo ma non a caso, riaffermare in campo internazionale l’esistenza di una Italia sana e produttiva. Punto quest’ultimo da non sottovalutare. Con tutto il rispetto verso il Ministro Terzi, infatti, per quanto occorso negli ultimi anni, la politica estera italiana era completamente scomparsa, persino in Mediterraneo, dove la Siria e le Rivoluzioni Arabe ne sono esempi più che significativi. I contatti avuti in prima persona da Monti, oltre che in ambito UE, con Obama, in Cina, in Arabia Saudita e Emirati, ecc., hanno ridato la giusta “dignità” internazionale alla nostra Nazione.

Un’ultima annotazione su quanto da te accennato sulle “pretese” del Ministro Riccardi per dare la cittadinanza italiana alle seconde generazioni di immigrati nati in Italia. Un invito a guardare dove sta andando il mondo! Potrei citare di guardare un po’ più in là dei nostri confini: la Francia, l’Inghilterra, la Germania, la Spagna. Ma, senza dilungarmi oltre, in un’Italia che ha più di 5 Milioni di immigrati, di cui il solo 7% ha potuto acquisire la cittadinanza italiana, è bene ricordare quanto l’Unione Europea, di cui noi siamo Soci Fondatori, ha già sentenziato dal 2009. “La cittadinanza è la condizione con la quale l'ordinamento giuridico di uno Stato riconosce la pienezza dei diritti civili e politici ai propri cittadini” (cosa, tra l’altro, mai specificata nella nostra Costituzione!).

Nell’ambito dell’Unione Europea l’indirizzo acquisito è sempre più orientato su una concezione di modello societario che identifica la cittadinanza con la partecipazione dell'individuo al destino della comunità in cui vive, a prescindere dalla nazione di provenienza e dalle proprie origine geografiche. D’altra parte, con il 30% di giovani italiani, tra i 18 e i 29 anni, che in barba alle tanto pubblicizzate statistiche ISTAT, aderendo alla più vasta accezione di “globalizzazione” dei popoli, hanno scelto di vivere esperienze all’estero (uno, due o più anni), non vedo perché ci si debba lamentare per avere per “concittadini” persone che sono “solo” nate in Italia.

Fabio GHIA

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