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PROFETI

Il 2012 s’avvia alla conclusione. I primi dodici anni di questo nuovoSecolo sono stati segnati da eventi che lasceranno, per sempre, ilsegno nel tessuto socio/politico nazionale. In altri termini, il tempoche è passato ha “invecchiato”, oltre ogni ragionevole profilofisiologico, la nostra Italia. Invecchiata nelle Istituzioni, nelleleggi non varate, nelle ingiustizie, che hanno cambiato nome, ma chesono rimaste tali. Il 2013 s’avvicina; fare, però, delle previsioniproprio non ci sembra il caso. Anche perché ci hanno pensato, o cipenseranno, uomini più qualificati. In Italia, nel bene e nel male, ifatti non sempre rispettano la cronologia di quando sono maturati.Anche noi n’abbiamo preso atto. Ma, quando non sono le previsioni acontare, allora ci sentiamo d’esprimere qualche considerazione.Parecchi problemi, dell’anno che stiamo per lasciarci alle spalle, celi ritroveremo, ampliati, anche nel 2013. Perché i dodici mesi chestanno terminando sono serviti solo in parte a “tamponare” lequestioni d’Italia. Le “soluzioni” della crisi sono ancora benlontane. Quello che, almeno, auspichiamo è la stabilità. Del resto,non ci sono razionali premesse capaci di farci sperare per il meglio.Anche se la speranza è un sentimento tanto umano proprio perché nonnecessariamente ci può garantire tempi migliori. Sopra ogni altraconsiderazione, resta il depauperamento di un Paese che non riesce adavere l’Esecutivo che meriterebbe. Dopo tante, troppe, privazioni, unaclasse sociale è in via d’estinzione. Tra “ricchi” e “poveri”, non cisaranno più classi intermedie. Senza dubbio, non c’è italiano che nonabbia chiaro il concetto che abbiamo espresso. Certo è che lasperanza, per qualcuno, resta l’ultima spiaggia da poter, in ognimodo, mettere in campo. Sbagliando da subito, ma non rinunciando aseminare illusioni là dove servirebbero certezze. Affermare che siamouno dei Paesi più industrializzati del mondo suona come un eufemismo.In UE sarà dura mantenere una posizione privilegiata. Nonostante leassicurazioni d’illuminati economisti, anche nel Vecchio Continente ètornato il pungolo della concorrenza e noi non siamo più in gradod’imporci come Paese idoneo alla trasformazione delle materie primeche non sono presenti sul nostro territorio. Il nuovo Parlamento dovràaffrontare problemi di sopravvivenza ancora impensabili al tramontodel secolo scorso. La prima impressione, che è la più vera, è che citroviamo a pagare per un “passo più lungo della gamba” che c’è statoimposto in tempi troppo rapidi per poterlo ponderare. Purtroppo, cisono ancora troppi pesi e troppe misure da considerare. La filosofiadel salvare “capre e cavoli” è finita ed ha fatto tante vittime. Nelnostro futuro mancano precisi riferimenti a quello che non si potrà,in ogni caso, realizzare resta parecchio. Per questo motivo, cichiediamo perché formulare delle promesse che già hannol’inconsistenza delle illusioni. Riformare, costi quel che costi, nonè bastato per il passato e non basterà per il futuro. Questa non è unaprofezia. I fatti sono così concreti che il vaticinio, comel’ottimismo dozzinale, proprio non ha gioco. Con una posizione semprepiù realista, non ci rimarrà che vivere il 2013 con tutte le sueincertezze. Essere profeti in Patria non giova proprio a nessuno. Giorgio Brignola

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