Iran: un cambiamento del popolo per il popolo

La recente vittoria del principale movimento di opposizione iraniano, l’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano (OMPI/MEK), che è riuscito ad ottenere a Settembre che il Dipartimento di Stato U.S.A. rimuovesse l’organizzazione dalla sua lista terroristica, può offrire nuove e diverse alternative al rapporto con la Repubblica Islamica. Fino ad ora la comunità internazionale ha visto gli Stati Uniti guidare l’impasse diplomatico riguardo alle ambizioni nucleari dell’Iran. Ma i risultati non sono stati dei migliori, anche con un grande sforzo di immaginazione. La politica adottata da Washington e Bruxelles nei confronti della Repubblica Islamica è stata quella di imporre sanzioni all’Iran, cosa che non è riuscita a portare i risultati sperati. Il sistema del bastone e della carota delle Nazioni Unite e dei paesi occidentali, cioè imporre le sanzioni all’Iran e poi ricompensarlo con degli incentivi quando i mullah hanno aderito alle pressioni, si è rivelato essere un enorme fallimento. L’Iran continua a fare ciò che vuole senza curarsi degli effetti che le sanzioni possono avere sul paese. Infatti le difficoltà economiche imposte al popolo dell’Iran giocano a favore del regime che incolpa di queste ristrettezze, di cui soffrono la maggior parte dei poveri, gli Stati Uniti (il Grande Satana), l’UE e Israele (il piccolo Satana).

Vi sono tre argomenti in discussione tra l’Iran e l’Occidente. Primo: la questione del nucleare, soggetto che ha monopolizzato l’attenzione dell’Occidente sull’Iran. Secondo: l’appoggio dell’Iran al terrorismo e ai regimi criminali come quello fornito da Tehran a Damasco. E terzo: il massiccio investimento dell’Iran nella ricerca e nello sviluppo di Internet e del World Wide Web con intenti nefasti, con la speranza di infettare il sistema informatico occidentale con virus pericolosi che potrebbero alla fine destabilizzare i sistemi difensivi occidentali.

Davvero, le opzioni disponibili nel rapporto con l’Iran sembravano limitate e i risultati che promettevano erano ugualmente penosi. Principalmente la scelta era se portare avanti un cambio di regime in Iran mediante un intervento militare armato, una prospettiva che prometteva risultati disastrosi, o incrementare lo status quo arrendendosi ai mullah.

Ciononostante, improvvisamente, il panorama politico in Iran è drasticamente cambiato il mese scorso quando il Dipartimento di Stato U.S.A. ha ribaltato una sentenza di 25 anni, rimuovendo l’OMPI/MEK dalla sua lista delle organizzazioni terroristiche. Questo cambiamento apre la via ai Mojahedin per iniziare a concentrarsi sui cambiamenti da apportare in Iran. Il momento per questo cambiamento è quello giusto, poiché il popolo iraniano sta di nuovo diventando insofferente e, nonostante le massicce misure repressive prese dalle autorità iraniane dopo le proteste popolari del 2009 che hanno scosso le fondamenta del regime, enormi manifestazioni anti-governative sono scoppiate ancora una volta il 3 Ottobre quando gli iraniani sono scesi nuovamente in strada ancora.

Questa volta le dimostrazioni sono iniziate per questioni economiche, ma velocemente si sono trasformate in anti-governative con slogan contro Ali Khamenei, il leader supremo, e contro il sostegno dell’Iran al regime siriano che esplodevano tra la folla. Non è che non ci abbiano provato, ma a dispetto del fallimento del regime iraniano di domare l’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano (OMPI/MEK) con il massacro di circa 120.000 attivisti dell’organizzazione in Iran e il lancio di massicce campagne di demonizzazione dell’OMPI, i mullah non sono comunque riusciti a raggiungere il loro obbiettivo. E questo serviva a creare il mito che non esiste nessuna soluzione iraniana alla crisi iraniana e che l’Occidente si è impantanato nella scelta tra le due opzioni politiche succitate. L’intento era impedire qualunque inversione di marcia verso un cambiamento democrativo da parte del popolo iraniano e la sua resistenza organizzata. La prevalente politica di accondiscendenza dell’Occidente durante gli ultimi 25 anni, ha fornito maggior impeto alla campagna dei mullah e ha pesantemente contribuito ai danni architettati da questi mullah. Il cambiamento di politica che ha dato nuova vita all’OMPI è tutto nelle parole della leader del gruppo, Maryam Rajavi: “ il più grosso colpo alla politica estera dei mullah degli ultimi 30 anni.” E questo è stato ancor più evidente nella dura reazione dei mullah alla rimozione dalla lista che è andata avanti nelle settimane scorse.

Cosa realizza questo cambiamento di status? Consente al MEK di concentrare tutto il suo tempo e le sue risorse a portare il cambiamento in Iran e questo è esattamente ciò che fa tremare i mullah. Ma più importante ancora, permette che il cambiamento in Iran venga da una soluzione iraniana, piuttosto che da un intervento militare straniero o dall’accondiscendenza verso l’attuale regime. Consente il cambiamento da parte del popolo dell’Iran e della sua resistenza organizzata.

Come Maryam Rajavi ha sottolineato durante il suo recente discorso al Parlamento Europeo: “la Resistenza Iraniana non vuole né denaro né armi dall’Occidente. L’Occidente può accelerare o rallentare il processo per il cambiamento democratico Iran. E’ ora di un cambiamento nella politica dell’Occidente, di riconoscere la Resistenza Iraniana e di identificarla con una politica di cambiamento di regime con lo scopo di ristabilire una forma di governo democratica in Iran. Viste queste opzioni che abbiamo a portata di mano, non dovrebbe essere troppo difficile ora, vero?

On. Antonio Razzi

membro del comitato parlamentari per Iran Libero

On. Antonio Razzi
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