Il comandante Chavez è stato confermato presidente da un’ampiamaggioranza del popolo venezolano. Ma cerchiamo di trarne qualcheconsiderazione di lungo respiro. La prima è che tutto si può diretranne che in Venezuela manchi la partecipazione politica. 80Þll’affluenza alle urne è un dato che in Europa, negli Stati Uniti ein tante altre parti del mondo ci sogniamo. Esso attesta una passioneper la politica che costituisce di per sé un fatto positivo e unfattore di democrazia. Penso che di questo possa andare orgoglioso ilpopolo venezolano nel suo complesso, comprese le sue componenti diopposizione.Di questa polarizzazione sociale e politica avevo avuto precisacognizione quando mi recai in Venezuela per le penultime elezionipresidenziali, nel 2006. Svolsi con obiettività il mio ruolo diosservatore internazionale, che non fu peraltro difficile, dato che ilsistema elettorale venezolano, basato su doppia verifica sia manualeche informatica, è a prova di bomba dal punto di vista dellapossibilità di brogli, come riconosciuto da tutti. Mi trovavo nellacittà di Valencia, una delle più grandi del Paese: tale città era,suppongo sia ancora, divisa in due. La zona Nord, dove vive il 20Þlla popolazione è quella ricca, l’80% per cento circa votò controChavez. La zona Sud, dove vive invece l’80%, è quella povera, che votòper l’80% a favore di Chavez. Non credo che nel frattempo le cosesiano cambiate molto.Direi che una certa polarizzazione sociale e politica può esserebenefica per la democrazia e la politica a condizione che sianorispettate le regole fondamentali del gioco e il rispetto reciproco.Ciò che è avvenuto domenica in Venezuela dove, nonostante alcuniuccelli del malaugurio, non si sono svolti incidenti di rilievo etutto si è svolto in un clima di grande festa popolare.La seconda considerazione da trarre, quindi, è che la lotta di classefa bene alla politica e alla democrazia. L’impresa principale che hacompiuto Chavez, e il cui merito gli va riconosciuto a mio avvisounanimemente ed obiettivamente, è aver portato alle urne e, primaancora, alla partecipazione politica e al godimento effettivo deidiritti sociali ampie fasce della popolazione fino ad allora esclusada ogni cittadinanza reale da parte del regime corrotto ed assassinoregime del puntofijismo, con la falsa alternanza fra centrodestra(COPEI) e (AD), autore dello spaventoso massacro del Caracazo, quandomigliaia di poveri che manifestavano contro il carovita e la miseriafurono massacrati da esercito e polizia.Il riscatto della politica, quindi, può avvenire solo mettendo benechiara la posta in gioco. Proprio il contrario di quello che fa lanostra avvilente classe politica, tutta intenta ai suoi squallidigiochini di potere interni e a dilapidare le risorse disponibili, comepure totalmente prona ai desideri e ai diktat del capitalefinanziario.Hugo Chavez e il suo partito, il PSUV, invece, hanno parlato moltochiaro. Ed oltre a parlare avevano agito, in tutti gli anni precedentia partire dal 1998 e dal varo della nuova Costituzione, altamentedemocratica, raggiungendo risultati di grande rilievo dal punto divista della lotta alla povertà, dell’estensione dei diritti sociali eanche sul piano economico. Ma anche le parole contano, specie in unacampagna elettorale, ed è davvero notevole che abbia vinto un leaderche, quasi unico sulla scena mondiale, parla ancora di socialismo.Parola che da noi purtroppo è caduta nel dimenticatoio. E non solo perle imperdonabili malefatte e ruberie di Bettino Craxi. Ma anche per leesitazioni, la confusione mentale, l’opportunismo e l’infima staturapolitica e intellettuale di gran parte dei dirigenti delle forze chein un modo o nell’altro si rifanno a una tradizione di sinistra.Non a caso molti di costoro sono ferocemente antichavisti. Il checostituisce un motivo in più per appoggiare e studiare a fondo ilmodello venezolano e il quale si trova oggi di fronte a sfideimportanti che riguardano la costruzione di una direzioneeffettivamente collettiva, un dialogo costruttivo con l’opposizioneper affrontare e risolvere i problemi tuttora esistenti in uno spiritodi unità nazionale e di consolidamento delle conquiste democratiche epopolari. Passare alla costruzione dell’egemonia sull’insieme dellasocietà venezolana, risolvendo alcuni problemi di antiche radicituttora aperti, come quello della sicurezza, sul quale vorrei metteresu un progetto di cooperazione scientifica italo-venezolanocoinvolgendo università e forze di polizia.Ma oggi vanno colte fino in fondo, anche come insegnamento per noi chenon ci rassegniamo alla dittatura dei mercati e alle sue disastroseconseguenze, le valenze di carattere universale della vittoria diChavez, prima fra tutte la rilevata riconquista al voto e allapartecipazione democratica degli ampi settori finora esclusi. Uninsegnamento che, mutatis mutandis, dovrebbe essere valido perfino perObama che rischia grosso alle prossime presidenziali statunitensi.Tenendo conto che la fascia della povertà e dell’esclusione sociale èin rapida espansione in tutto l’Occidente capitalistico per effettodella crisi e delle politiche neoliberiste. Direi che la sinistra,anche in Occidente, o sarà chavista o non sarà
Mario Neri