Favorire la produzione a scapito della rendita

Matteo Colaninno, Claudio De Vincenti (sottosegretario ministero Sviluppo economico), Aurelio Regina, (vice presidente di Confindustria), Paolo Bonaretti (direttore generale Aster Emilia Romagna), Ivan Malavasi (Presidente CNA) sul palco della Festa Democratica nazionale
Come tornare a crescere?

De Vincenti. Al ministero per lo Sviluppo economico abbiamo aperto 140 tavoli di crisi che, obiettivamente, ci segnalano la situazione difficile in cui si trova il nostro paese. Per una cinquantina di questi abbiamo già individuato e attuato delle soluzioni. Cito Alcatel, impresa elettronica che resta in Italia e investe nello sviluppo; per APF (fibre di carbonio) abbiamo trovato un investitore; Candy (elettrodomestici) abbiamo concordato con la proprietà la ricollocazione sul mercato; con Cesan sanitari abbiamo preso accordi con i lavoratori favorendo la nascita di una cooperativa che ha rilevato l'azienda. In ogni caso si ha lavorato con strategie diverse ed adatte al singolo caso.
Registriamo difficoltà nel Sulcis dove si lavora da gennaio dopo la volontà di licenziamento da parte di Alcoa, che fortunatamente abbiamo fatto rientrare in attesa di trovare nuovi investitori, con risorse finanziarie e capacità imprenditoriali per il rilancio.
Tutto va in un contesto difficile generale. Abbiamo riorganizzato gli incentivi soprattutto sulle aree di natura complessa per riqualificare il tessuto industriale anche qui attraverso soluzioni diverse caso per caso anche con l'aiuto del territorio dove puntiamo sull'incentivazione di costruire nuovi progetti di iniziativa dal basso.

Regina. Riscontriamo dall'incontro con il governo delle opportunità di lavorare nella giusta direzione. Purtroppo negli ultimi mesi la contingenza internazionale è peggiorata: anche la Cina è in difficoltà e si registra l'immobilità negli Stati Uniti. Anche le esportazioni italiane sono in calo con nel mese d'agosto. La cassa d'integrazione tiene ma aumenta il tasso di disoccupati a cui si aggiunge quello degli inoccupati. Servono misure nel breve medio termine di tipo congiunturale e politiche di riforme di lungo termine per capire che posto debba occupare l'Italia nel quadro europeo e mondiale. Abbiamo bruciato circa 500 miliardi derivati dall'ingresso nell'euro con politiche di non-crescita già da prima della crisi del 2008 e con aumento della spesa pubblica.
Cominciamo una politica per investire in ricerca e innovazione, semplifichiamo le leggi per l'imprenditoria, aiutiamo la spesa per le famiglie. Serve anche un atteggiamento positivo dai sindacati che devono capire come la situazione sia cambiata. Ad oggi esistono 40 miliardi di euro di opere già realizzate e bloccate, approvate ma ferme per egoismi locali. Sindacati, imprenditori e governo devono trovare una piattaforma comune con misure immediate per dare un po' di ottimismo.

Malavasi. Non vediamo grandi speranze davanti se non contiamo sulla forza delle nostre imprese e del nostro lavoro. Ci sono sì140 tavoli di crisi al ministero ma ci sono tante piccole e medio imprese che chiuderanno entro la fine dell'anno.
La crescita è frutto di azione politica e legislativa ma è anche frutto di risorse. Io non credo nella crescita a costo zero. La produttività è un problema vero. Le forze politiche, gli imprenditori e le rappresentanze dei lavoratori devono mettere da parte gli egoismi, mettere in discussione il loro modo di fare perché bisogna cambiare le modalità di sviluppo. Senza il contributo di tutti non si va avanti. Occorre rimettere dignità in questa economia ballerina. La produttività e la competitività passano attraverso una piccola riduzione del costo del lavoro, ad esempio scongiurando l'aumento dell'Iva di 2 punti e combattendo la tassazione con una vera lotta all'evasione fiscale. Piccole cose che ridarebbero fiducia e soldi per riprendere i consumi.

Colaninno. Il tema della patrimonializzazione delle imprese è molto sentito. C'è sì in Italia una difficoltà per le imprese di dimensione piccola ma la crisi si fa sentire anche imprese per grandi imprese come la Fiat. Al netto della crisi finanziaria, lo scenario non sarà facile per tutti. Esiste un problema di sotto-capitalizzazione delle imprese. Noi che ci candidiamo a guidare il paese abbiamo nel nostro dna la questione della politica industriale intesa senza alcun dirigismo. Dovremo mettere sul tavolo delle risorse ammettendo che la ripresa a costo zero non esiste e soprattutto non convince i mercati. Le risorse sono necessarie ma devono essere messe nelle giuste direzioni per non bruciarle. Il governo Monti con la ACE ha rimesso in carreggiata l'Italia e quella è una direzione da proseguire. Serve spostare la capitalizzazione delle imprese non solo verso l'utile aziendale ma soprattutto verso i disincentivi della rendita a favore della produzione. Il cuneo fiscale contributivo a mio giudizio è un'altra chiave di volta per favorire i consumi e la ripresa. Di sola austerità non si va molto lontano. Parlare di produttività significa anche pensare ad una diversa cultura d'impresa. L'Italia deve fare un salto di cultura industriale: tornare giorno per giorno a mettere al centro la politica industriale.

Bonaretti. Servono scelte precise che si basino sul posizionamento del Italia nel mondo. Noi siamo un paese manifatturiero e la scelta ecologica è la strada giusta. Potremmo essere il primo paese al mondo per prodotti a minor consumo energetico, eco-sostenibile, migliori standard tecnologici e per il riuso dei materiali. Abbiamo strumenti per la crescita, occorre investirci sopra. Le imprese non possono stare ferme 5 anni e bruciare le potenzialità di innovazione e il lavoro giovanile.

Andrea Draghetti
Foto di Gianni Santandrea

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