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Da arbitro ad arbitro-giocatore

Mi sono andato a rileggere l’art. 87 della Costituzione che elenca le competenze del Presidente della Repubblica. L’ho fatto perché ho avuto qualche dubbio: hai visto mai che, a forza di parlare di riforma costituzionale e di presidenzialismo, una qualche riforma è stata approvata a mia insaputa? Il Presidente della Repubblica, che parla ogni giorno sui temi della politica, che si interessa in prima persona di legge elettorale, che difende ad ogni piè sospinto Monti ed il suo governo, ormai esercita un ruolo che, a mio avviso, la Costituzione non gli assegna.
È normale che il Capo dello Stato bacchetti il Parlamento per la mancata approvazione della legge elettorale e lo faccia in un’intervista e non in un solenne messaggio alle Camere? E’ ormai evidente che, in questo settennato, si sta verificando con più frequenza quanto già successo con altri Presidenti: nella fase finale del loro mandato la Costituzione materiale travalica quella formale.

Non sto qui a lamentarmi se Napolitano faccia bene o male a farlo, questo lo lascio ai costituzionalisti e ai commentatori politici. Io dico che se da arbitro assume la veste di arbitro-giocatore, e quindi fa politica, io e tutti gli italiani siamo liberi di criticarlo senza che nessuno si adombri. Se è diventato per sua scelta un giocatore, per quanto autorevole, di una partita molto complicata per le sorti della nostra democrazia, deve rassegnarsi alle critiche, anche alle più forti, di chi vede una intrusione in qualche modo ingiustificata nella attuale fase politica della nostra Repubblica.

Egli deve rappresentare l’unità nazionale, deve tutelare tutti e non dividere il mondo tra figli e figliastri. Persino in diritto questa distinzione non esiste più. Ed allora, Presidente, per il bene dell’Italia ritorni ad essere arbitro imparziale.

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