Errore teologico ed esegetico di Benedetto XVI

Potrebbe mai Dio ricorrere ad un mezzo cattivo per raggiungere un fine buono? Impossibile, giacché andrebbe contro la sua natura. Non sarebbe Dio, non sarebbe Amore. Ed ecco l'astuzia di Satana: far credere che il Signore possa imprimere piaghe nelle mani dei santi (stimmate), mandar loro ogni sorta di malanni, oppure far del diavolo un suo collaboratore per mettere alla prova le proprie creature. Far credere che Dio si metta, almeno per quanto riguarda il mezzo, sullo stesso piano dei suoi crocifissori. Davvero astuto e perfido! Ma il fatto è che persino Benedetto XVI si è fatto ingannare dal diavolo, e così, nel suo libro “Gesù di Nazaret”, riguardo alla preghiera al Padre «Non c'indurre in tentazione», scrive: “Con essa diciamo: «Se tu decidi di sottopormi a queste prove, se…dai un po' di mano libera al Maligno…»” (pag. 192). Si pensi ad un padre amorevole terreno che mettesse il peggiore dei delinquenti accanto al figlio, per metterlo alla prova. Errore teologico, ma anche esegetico. “«Indurre» traduce il termine usuale ebraico bô «entrare»…Ciò non allude ad un'azione diretta di Dio nella tentazione…Il senso di quest'appello al divino intervento è di far sì che noi non «entriamo» in tentazione, cioè non cadiamo” (Angelo Lancellotti (Matteo – Edizioni Paoline). Interpretazione, del resto, data anche dal Catechismo al paragrafo 2846: “Non lasciarci soccombere alla tentazione…Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male”.

Attilio Doni

Genova

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