Faceva tanto caldo anche a Marcinelle l’ 8 agosto 1956

Faceva tanto caldo anche a Marcinelle l’ 8 agosto 1956, cittadina del Belgio, quando nella miniera di carbone Bois du Cazier, a causa di un incendio scoppiato in uno dei pozzi della miniera di carbon fossile, morirono 262 minatori su un totale di 274 uomini presenti nella miniera. Tra le vittime, di dodici diverse nazionalità, ben 136 erano minatori italiani: la loro fu una morte terribile, soffocati dall’ossido di carbonio e braccati dalle fiamme. Tra gli italiani 60 erano abruzzesi, 22 di loro di Manoppello in provincia di Pescara.Una tragedia immane, la terza per gravità dopo quella di Monongah e il disastro di Dawson. La miniera belga, che si trova a Marcinelle nei pressi di Charleroi, è stata recentemente inserita tra i patrimoni dell’Unesco…
La foto-francobollo che allego, la condivido da un amico di Facebook, Armando Lombardi che scrive: “8 agosto 1956. Miniera del Bois du Cazier, Marcinelle, Belgio. 262 persone. 136 italiane. Morte. Minatori finiti in Belgio a lavorare in base all’accordo uomo-carbone del 23 giugno 1946: se vuoi comprare il carbone per la tua nazione devi fornirmi manodopera per le miniere. 50 mila persone in cambio di carbone, prevede l’accordo. Le condizioni non sono le stesse che per i minatori belgi e i figli sono obbligati a fare anche loro i minatori. Per legge. 50 mila servi della gleba ignari di cosa li aspetta, che diventeranno 140 mila uomini, 17mila donne, 29mila bambini. «Imparate le lingue e andate all’estero» dice De Gasperi a chi parla di disoccupazione. I manifesti di reclutamento non parlano delle condizioni di lavoro a cui saranno sottoposti. Non dicono neanche che se si vuole recedere dal contratto prima di un anno si finisce in galera, una galera in cui si muore di fame. Non dicono che viaggeranno tre giorni e tre notti in vagoni simili a carri bestiame, che all’arrivo verranno richiusi in uno stanzone della gendarmeria dove verranno disinfettati e che alloggeranno nei lager dei nazisti. Non dicono che lavoreranno in cunicoli alti 50 cm. Torridi. Non dicono della silicosi, di polmoni-naso- bocca neri di polvere di carbone, sempre presente, palpabile anche quando mangi e bevi, dentro e fuori i cunicoli, in miniera o nelle abitazioni fatiscenti. Non dicono della quasi assenza di misure di sicurezza. Non dicono I manifesti dicono solo dell’equivalenza tra 1 franco belga e 12 lire italiane. E così muoiono. 262 persone, di cui 136 italiane, in un giorno solo, nell’incidente di Marcinelle. Fa effetto 262 morti, ma solo perchè radunati in un unico blocco. Della morte quotidiana, continua, costante ma non eclatante nel numero di un giorno, invece, non se parla neanche. Neanche i 262 morti, comunque, indignano il tribunale di Charleroi che il 1 ottobre 1959 assolve pienamente la proprietà e la direzione della miniera. Ma l’industria italiana, nel frattempo, ha potuto usare il carbone e dal 2001 esiste la “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”, da celebrarsi l’8 agosto. A proposito di quest’ultima,proporrei di modernizzare l’avvenimento elidendo “nel mondo”: “sacrificio del lavoro italiano” è più che sufficiente.”
Poi vedete un’ altra straordinaria fotografia, è del grande Fulvio Roiter, tratta dal suo libro “Visibilia”, due minatori al lavoro in una miniera di zolfo a Caltanissetta. “Costretti a lavorare nudi per il caldo soffocante e perché i vestiti si appiccicavano alla pelle, i picconieri (per non parlare dei “carusi” che prendevano ancora meno) guadagnavano allora 530 lire al giorno: il costo di tre chili di pasta (154 lire l’uno) o di tre etti di salame (1.461 lire il chilo). Il poeta Alessio di Giovanni dedicò ai “carusi”, i bambini che trasportavano lo zolfo fuori dalla miniera e che cominciavano a lavorare già a sette o otto anni, alcuni versi di struggente compassione: “…Scìnninu, nudi, ‘mmezzu li lurdduma / di li scalazzi ‘nfunnu allavancati; / e, ccomu a li pirreri s’accustuma, / vannu priannu: Gesùzzu, piatati!… / Ma ddoppu, essennu sutta lu smaceddu, /grìdanu, vastimiannu a la canina, / ca macari “ddu Cristu” l’abbannuna…”.
Scrivo questo breve post, per conoscenza e diffusione nel web, per ricordarlo a chi è giovane e per ricordare il costante dramma che vivono i lavoratori sottoposti a micidiali condizioni, anche nella nostra Italia, dove si muore ancora oggi per inquinamento, e spargimento di veleni che uccidono le speranze e la nostra terra, oltre che i nostri cari…
Doriana Goracci

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