Daniela, Giordano Bruno e gli altri per D’Annunzio

Di Carlo Di Stanislao

E’ instancabile Daniela Musini, anche in questa incandescente stagione, tormentata da un sole cocente e con temperature africane.
Così, il 2 agosto, sarà in scena a Pescara, nel recital/concerto “Gabriele ed Eleonora. Una passione scarlatta, da lei stessa scritto e diretto, vincitore, di recente a Roma, del Premio Luce dell’Arte per il teatro 2012, basato sul sodalizio artistico e sulla tumultuosa passione fra d’Annunzio e la Duse.
Tema molto caro alla Musini, che vi riversa la sua indole appassionata, il nerbo artistico che fluisce leggero e senza intoppi, la variegata policromia del suo talento.
La messa in scena per la terza edizione del “D’Annunzio International Arts Festival”, all'interno di “Pescara Tener-a-mente”, eventi ideati e diretti, entrambi, da Giordano Bruno Guerri, consulente culturale e di immagine della città abruzzese.
Dopo il prologo dedicato agli appuntamenti musicali del Pescara Jazz 2012, il D’Annunzio Festival ha aperto il suo programma con la mostra “D’Annunzio e lo sport”, (dal 19 al 31 luglio; Aurum) e il primo appuntamento di rilievo, che ha avuto come protagonisti i Momix in Bothanica (23 e 24 luglio, ore 21,30; Teatro d’Annunzio).
Domani, 31 luglio, sarà di scena Giorgio Albertazzi, protagonista assoluto in “Laus Vitae dannunziana” ore 21,30; Teatro d’Annunzio), con un impegno che si articola in un vero laboratorio teatrale didattico dedicato al Vate, aperto alla partecipazione di un selezionato gruppo di attori abruzzesi, poi protagonisti anche nello spettacolo conclusivo, fra tre giorni.
Domenica scorsa ha preso il via, inoltre, la mostra “Paolo Conte – Un pomeriggio tra gli inchiostri con Gigi” a cura di Marina Giordani (fino al 19 agosto; Aurum Sala degli Alambicchi), dove sono esposte le grafiche realizzate dal cantautore piemontese con lo stampatore Luigi Giannotti nello Studio Calcografico Urbino di Pescara, naturale prologo al concerto che lo stesso Conte terrà il 3 agosto, con inizio alle 21,30, al Teatro d’Annunzio.
Della nostra Daniela Musini abbiamo detto, ma va aggiunto che, un altro grande spettacolo sarà incentrato sul complesso rapporto fra lo scrittore e la Duse: “Notte di luna calante”, con Michele Placido, Franca Minnucci e Davide Cavuti (8 settembre, ore 21,30; Aurum).
Non mancherà un concerto, dedicato da Ute Lemper il 7 agosto, alle ore 21,30 al Teatro d’Annunzio al tango e, per i cinefili, il 29 agosto, (ore 20,30; Aurum), la prima edizione del Premio Aurum, assegnato a lungometraggi nazionali e internazionali girati in Abruzzo o che abbiano rapporti e richiami con la Regione Abruzzo e con i suoi più illustri rappresentanti.
A seguire, nei giorni 30 agosto (ore 19,00), 31 agosto e 2 settembre (entrambi ore 21,00) “Settimo Senso”, il festival del cinema dell'Aurum, tutto dedicato a cinema e teatro con stage, seminari e a proiezioni di video e corti d'autore e di esordienti, valutati da una selezionatissima giuria di esperti.
Altrettanto interessanti sono la mostra “L’Orco, il Mite e l’Imaginifico – Carducci, Pascoli e d’Annunzio in cartolina” a cura di Marco Formato (dall’1 al 28 agosto; Circolo Aternino,) dedicata al confronto dei tre personaggi della poesia italiana; lo spettacolo del Gruppo Alhena dal titolo “D’Annunzio’s rooms” (4 agosto, ore 21,00; Matta); la piéce “Il bisogno imperioso” di Milo Vallone (4 agosto ore 21,30; Aurum) con musiche di Federico Galli; lo spettacolo epico-narrativo “Oratorio per Fiume” (20 agosto, ore 21,30; Circolo Aternino) che Umberto Fabi dedica all’epopea fiumana basata su testi e cronache del tempo; “Il Fuoco”, opera da camera in due atti di Stefano Taglietti (25 agosto, ore 21,30; Aurum); ed ancora, i “Notturni d’Autore” (dal 13 al 27 settembre; Casa di d’Annunzio), interviste e incontri di Giordano Bruno Guerri con personaggi della cultura italiana.
Doppio appuntamento, infine, il 25 settembre (ore 16,30; Sala Consiliare Comune di Pescara) con la presentazione del “Comitato 150° Anniversario della nascita di Gabriele d’Annunzio” e con l’originale progetto denominato “L’Italia del Novecento all’alba della modernità: d’Annunzio e le strategie di comunicazione di massa” curato dalla Facoltà di Scienze della formazione dell’Università “G. d’Annunzio” che prevede workshop, seminari e laboratori interattivi.
Promosso dal Comune di Pescara attraverso l’Assessorato alla Cultura in collaborazione con l’Ente manifestazioni pescaresi, il D’Annunzio Festival si articola, come è evidente, in un ricco calendario di eventi fino al 27 settembre, che, attraverso le diverse espressioni artistiche, intende celebrare un poeta spesso incompreso anche se capace di lasciare un segno indelebile nella letteratura, nelle altre arti e nella politica italiana.
Presidente della Fondazione del Vittoriano, lo storico Giordano Bruno Guerri ha scritto, nel 2008, un saggio di grande interesse su D’Annunzio, intitolato: “Gabriele d'Annunzio. L'amante guerriero”, rivalutazione puntuale dell’intellettuale che la cultura del secondo dopoguerra ha cercato in tutti i modi di fare fuori, anche se marchiò il proprio tempo e influenzò il futuro.
D’Annunzio, ha scritto Alberto Arbasino, è il “Cadavere in Cantina fra i più ingombranti di tutte le letterature, di tutti i paesi, vilipeso, conculcato, negletto”.
Mentre Carducci, Pascoli, Verga sono già collocati storicamente, d’Annunzio, “oggi così apparentemente assente, sta ancora dentro la crisi italiana; o, se si vuole, la contemporanea crisi italiana è ancora troppo ricca di umori sofferti da d’Annunzio, per poter smaltire d’Annunzio” (come scrive Mario Sansone).
La diffidenza ideologica verso l’interprete del superomismo, l’irritazione per il personaggio e per ciò che ha rappresentato si sono unite ai pregiudizi di una critica letteraria che, fingendo di colpire lo scrittore e il poeta, si scagliava contro il nazionalista, l’antidemocratico, il guerrafondaio, il decadente, trascurando del tutto il libertario e l’uomo libero da ogni schema politico; temi affrontati da Guerri, in controtendenza, in modo da riscoprire l’Autore ed assegnarli il posto che gli compete fra gli italiani di cui fu un campione smisurato e che, forse, somigliandoci troppo, non riusciamo davvero ad amare.
Dopo aver letto il libro di Guerri mi sono (ri)costretto a (ri)leggere con attenzione D’Annunzio; scoprendo, mio magrado, che dal volo su Vienna alla beffa del Quarnaro, dall’impresa di Fiume all’amicizia con Mussolini – sia pur viziata da reciproche rivalità e diffidenze – ce n’era abbastanza per bollarlo come un ignobile rètore patriottardo, guerrafondaio e pure fascista; dimenticalo e svilendolo come Autore che, al desolato “modernismo” di quei tempi, oppone il raffinato e cerebrale decadentismo, così avanti da essere scambiato per cattivo gusto; tanto che Alberto Arbasino (ancora lui) poteva scrivere su una rivista pur sofisticata come FMR che il Vittoriale era una casa piena di paccottiglia sui cui pavimenti erano stesi “tappetini da Rinascente” (in realtà una sontuosa raccolta di splendidi Bukhara); senza accorgersi che era sommamente stupido giudicare quello straordinario luogo di memorie e di miti col metro con cui si giudica un appartamento di lusso pubblicato su AD.
E così, dopo quel libro, mi sono interessato e ho letto il libro di Claudia Salaris su Fiume (“Alla festa della rivoluzione”, il Mulino), dove si sottolineano i fermenti innovativi di cui fu permeato quel sogno trasgressivo che fu la Reggenza del Quarnaro.
Sicché, poi, ho riletto con attenzione e senza “preconcetti”: “Il libro segreto”; “Il Notturno”; “il Fuoco”; “Il trionfo della Morte”; riconoscendone la spericolata modernità, tanto avanti da non essere capita né allora né poi.
E mi sono determinato, con gli altri del consiglio direttivo ed i professionisti dipendenti, che nel corso dei vari cineforum da produrre come Istituto Lanterna Magica, il prossimo anno, di inserirvi una lettura del saggio breve, scritto da D’Annunzio in occasione dell'uscita sugli schermi di Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone, in cui, due anni prima del manifesto futurista, si dichiara dalla parte del cinema, considerato come strumento di liberazione e come arte di trasfigurazione.
Certo, all’inizio, il cinema costituiva solo una notevole fonte di guadagno per il poeta, in un momento di particolare dissesto finanziario, tale da obbligarlo a rifugiarsi nel 1910 in Francia per sfuggire ai creditori. Per questi motivi, nel 1911 fu costretto a cedere alla casa di produzione Anonima Ambrosio di Torino i diritti per lo sfruttamento cinematografico di sei opere letterarie, dopo aver firmato già nel 1909 con la Luca Comerio di Milano un contratto, mai onorato, secondo cui avrebbe dovuto fornire dei soggetti cinematografici.
Fra il 1911 e il 1920 furono prodotti complessivamente ventidue film di soggetto dannunziano.
Ma, anche per il cinema, come per il teatro, a partire dalla colossale operazione del film Cabiria voluta da Pastrone, D'Annunzio si scelse un ruolo congeniale: quello dell'eroe che compie una missione salvifica e fondativa, realizzare cioè un cinematografo nuovo.
E, lentamente, vi affinò il linguaggio, tanto da riprodurre, nei vari film, i più tipici miti dannunziani: la celebrazione della forza selvaggia di Roma antica nella sua lotta contro i popoli corrotti del Mediterraneo (Cabiria), i miti cristiani (La crociata degli innocenti) e i miti dell'arte (L'uomo che rubò la Gioconda).
Fino al capolavoro (che conserviamo nella nostra Cineteca), “La nave” (del 1921), diretto da Mario Roncoroni e interpretato dalla danzatrice russa Ida Rubinstein nel ruolo di Basiliola; che, ben guardare, venti anni esatti prima de “La nave bianca” di Rossellini, pone le basi di quello che poi sarà chiamato neo-realismo, con protagonisti che sono cuori relegati fuori dal mondo, oltre ogni sponda della realtà dei sentimenti e dei rapporti profondi e con la vita vera che è sempre altrove, drammaticamente irraggiungibile, tanto remota.
Un magniloquente bozzetto, dirà qualcuno, reboante e retorico per altri; ma acceso di una luminosa poesia interiore: un inno sofferto, intenso e intramontabile, rivolto a tutto ciò che l’odio non riesce ad uccidere e a far morire.

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