Da noi si vivono sentimenti contrastanti, e, spessi, tra loro incoerenti. L’Italia resta un Paese con gravi problemi socio/economici che, però, sono vissuti in modo assai atipico rispetto alla realtà europea che è, e rimane, un problema sostanziale comune. Nel Bel Paese, gli estremi si toccano e con effetti dirompenti. Mancano, in ultima analisi, quei concreti segnali di solidarietà che, per il passato, erano punti di forza del nostro vivere quotidiano. Per chiarezza: la solidarietà che intendiamo noi non è quella della mano tesa per gli eventi tragici che non sono nuovi nel Pese. Ci riferiamo a quella sorta di rapporto umano nel quale le necessità e le mancanze sono ridimensionate dalla volontà d’uscire dal buio; con la certezza, alla fine, di rinvenire la luce. Purtroppo, questo incatenarsi d’eventi si è andato a perdere nei rivoli dei camaleontismi che hanno interessato i politici di casa nostra. E’ la condivisione dei problemi che dovrebbe essere supportata. In pratica, non accade. Ci sono sempre troppe posizioni da individuare e poche iniziative di comune riscontro. Il concetto di “stare meglio” ha lasciato campo all’arte dell’arrangiarsi. In Italia, intanto, i problemi non sono sempre insormontabili. Eppure, questa posizione è più comune di quanto si può credere. Lo stesso dramma della crisi economica, che sentiamo cronica, è rivisto sotto un’ottica “feriale” che confonde la realtà con le impressioni del momento. Come se questo 2012 avesse solo undici mesi e non i canonici dodici. Ad agosto, cascasse il mondo, l’Italia si ritrova “vacanziera”. Meno che per il passato, ma sempre vacanziera. Ora non sono gli stranieri ad invadere la Penisola; siamo noi che ci muoviamo a casa nostra; anche se il nostro bilancio resta difficile e, con settembre, l’anno tornerà con le amarezze che ne hanno salutato il sorgere. E’ dal 2000 che le “vacche grasse” non ci sono più. Per inerzia, siamo andati avanti dilapidando le riserve ed ora la politica della formica non riesce più a trovare sistemazione in un apparato che sembra stato ideato per confondere quello che potrebbe essere ancora recuperato. Come abbiamo scritto in apertura, manca la solidarietà, la voglia d’aggregazione per ritrovare, con un impegno comune, la strada smarrita. Il Governo “Tecnico” ha delle specifiche responsabilità; ma molto è dipeso dalla carenza di una serie di segnali che avrebbero dovuto esserci e non ci sono stati. I rapporti politici non avranno pregio se disgiunti dalla volontà di ritrovarci tutti su una stessa sponda. La politica del “fare” ha senso solo se è accompagnata dalla volontà di riuscirci. Il tutto regolato da un sistema più elastico che la politica nazionale deve ritrovare entro un tempo ragionevolmente breve. Se si dovesse continuare nel rigore, ma senza contropartita, sarà difficile, se non impossibile, uscire definitivamente da una crisi che era stata, da tempo, annunciata. Ora non ci rimane che rivedere alcune strategie che nulla hanno da condividere con la linea Monti. Tra circa nove mesi, se non prima, saremo chiamati alle urne. Il 2013 potrebbe essere l’anno degli effettivi mutamenti per il Paese. Sia a livello interno che internazionale. Non ci sono rimaste altre possibilità: o si ritrova lo spirito di solidarietà o la crisi troverà nuovi spazi per rafforzare i suoi nefasti effetti.
Giorgio Brignola