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In certi casi l’ergastolo è anche legittima difesa.

Domenica sera in attesa del tg3, ho seguito per una decina di minuti la trasmissione di un genere che non amo per niente, anche perché non ne capisco lo scopo: “Ombre sul giallo” (Rai3), specialmente quando si cerca di fare spettacolo, macabro spettacolo, e si portano in scena oggetti simili a quelli appartenuti ai presunti autori d’efferati delitti. In questa trasmissione, la raffinata conduttrice, imitando un maestro del genere, Bruno Vespa, ha preso tra le mani una bianca mutanda da uomo. Ma non era di questo che volevo parlare. Poiché la trasmissione trattava il caso di Michele Perruzza condannato all’ergastolo, per aver strangolato la nipotina di sette anni, morto in carcere a seguito di un infarto, ho pensato alle parole di Umberto Veronesi: “Dovremmo anche noi seguire l'esempio di alcuni Paesi virtuosi, come la Norvegia, dove per legge non possono essere inflitte pene superiori ai vent'anni” (30 Aprile 2012 – www.grazia.it ); “La neuroscienza ha dimostrato che la mente umana si evolve per tutta la vita, può essere plasmata ed educata. Per questo tutti meritano una possibilità” ( Giugno 2012 – www.grazia.it ), e mi sono chiesta: “Se veramente fu lui il mostro, chi si sarebbe presa la responsabilità, di metterlo in libertà dopo solo vent’anni, e quindi nella possibilità di commettere altre atrocità? Come essere certi d’avere plasmata ed educata la mente del mostro? In certi casi l’ergastolo è anche legittima difesa.

Francesca Ribeiro

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