Le verità  nascoste dell’astensione – di Antonio Forcillo*

Le verità nascoste dell’astensione – di Antonio Forcillo*
(pubblicato su “il Quotidiano della Basilicata” di domenica 10 giugno 2012)

Nell’esprimere i vivi apprezzamenti per le attente analisi che “il Quotidiano della Basilicata” offre sistematicamente alla trattazione della politica, non potevo non ringraziare il suo direttore Paride Leporace e il giornalista Andrea Di Consoli per avere rotto quel consueto tabù discriminante che da sempre caratterizza l’analisi politica della stampa italiana, iniziando a trattare anche l’astensionismo quale importante fenomenologia politica, come emerso recentemente in Basilicata a seguito dell’appena trascorsa tornata elettorale amministrativa.
Quanto accaduto sta infatti segnando anche qui in Basilicata un dibattito politico molto acceso, e non solo di facciata, e già questo può essere la riprova che anche l’astensionismo, essendo un effetto e un preciso campanello d’allarme per l’intera classe politica, può indirettamente alimentare il risveglio dal torpore nel quale evidentemente essa è precipitata.
Ed è per questo che colgo l’occasione per far rilevare alcuni aspetti fondamentali legati a tale fenomenologia perfettamente fisiologica per una democrazia, spesso sottaciuti o volutamente non considerati.
1) L’astensione al voto è quell’insieme di atti che non attribuiscono a nessun candidato, partito o schieramento, l’espressione di un consenso elettorale.
2) Può essere manifestata dall’elettore disertando direttamente le urne, oppure esprimendo scheda bianca o nulla o non attribuibile.
3) Rispetto agli spauracchi paventati in lungo e in largo dalla classe dirigente del sistema politico italiano (raggruppando in tale dicitura le forze politiche o di schieramento di maggioranza e opposizione), l’astensione è un pieno diritto a disposizione dell’elettore sovrano, che in questo modo può essere parimenti legittimato se cause di forza maggiore (per esempio malattie, mancata permanenza nei luoghi di residenza per lavoro, studio, ferie ecc.) ne impediscono l’espressione elettorale.
4) Con l’astensione, inoltre, l’elettore può anche esprimere il proprio dissenso rispetto a un’offerta politica inadeguata, carente, limitata o non appassionante, come è il caso sempre più diffuso che si sta registrando in questi ultimi 2-3 anni in Italia.
5) Fermo restando quindi che anche l’astensione è un pieno diritto, e guai se così non fosse, sono altre le considerazioni o gli interrogativi che la classe dirigente, e con essa gli esperti e i giornalisti che ne analizzano gli effetti politici, dovrebbero porsi nel caso di un’impennata repentina come di questi tempi è questo fenomeno, che distaccandosi rapidamente dalle quote di rilevazione tradizionali o fisiologiche può a sua volta incidere imprevedibilmente sugli scenari e gli equilibri politici di un territorio o di una nazione.
6) L’astensione non è quindi fenomeno di apatia o violenza, anzi è una valida espressione di protesta democratica, al tempo stesso rispettosa della legalità e dell’altrui dignità.
A fianco di tutto ciò, che potrebbe assumere una prima fondamentale valenza di indicazione e descrizione generale della fenomenologia astensionistica, esiste un’altra tipologia di essa, ed è quella particolare forma di astensione strategica che, iniziata proprio qui in Basilicata come un vero e proprio esperimento politico/sociale nel 2007, utilizza l’astensione elettorale preventiva e obbligata per ogni tipologia di elezioni.
Ad essa fa sistematicamente ricorso un gruppo di cittadini di ogni estrazione politico-ideologica, nel dirigere un’associazione territoriale con l’intento di attestare la mancanza di strumentalizzazioni politiche nel merito delle lotte sociali decise o intraprese.
Questa perfetta equidistanza dal sistema dei partiti sancisce inoltre un’assenza totale di tornaconti soggettivi, che ogni associazione o movimento dovrebbe poter garantire nell’affrontare tematiche di pubblica utilità, ed è inoltre fondamentale per favorire il massimo avvicinamento partecipativo dei cittadini alla risoluzione dei problemi, perché solo in questo modo viene ad essere percepita la mancata vestizione con colori politici delle iniziative da intraprendere.
E’ il caso del direttivo dei Cittadiniattivi di Bernalda e Metaponto, composto esclusivamente da membri astensionisti che a rotazione mensile ne assumono la presidenza, e che all’atto dell’insediamento proprio a seguito di ciò hanno dato contemporaneamente vita alla CVDP (Commissione di Vigilanza per la Democrazia Partecipativa), che è l’unico movimento astensionista politico mai costituito e riconosciuto in Italia con l’intento di rilanciare la piena sovranità popolare dell’elettorato.
La proiezione a livello nazionale del campo di azione della CVDP è stata a quel punto un passo breve, che così ha iniziato ad operare più organicamente sul fronte delle strette rivendicazioni anche degli astensionisti politici, come spessissimo evidenziato proprio sulle pagine del Quotidiano della Basilicata che quasi sitematicamente ne riporta i comunicati.
Le attività del movimento CVDP, grazie proprio all’astensionismo, si stanno spingendo sempre più verso il terreno della prima rivendicazione di una democrazia, che è appunto quella della sovranità dei cittadini che la politica ha finora colpevolmente trascurato.
Le azioni sempre più incisive da parte della CVDP nei confronti della politica partitica stanno infatti raggiungendo importanti risultati, che mai si sarebbero potuti ottenere se gli astensionisti, e con loro il nostro movimento, non avessero iniziato il martellamento di una rivendicazione rispetto ai soprusi subiti da un intero popolo ad opera della propria classe politico-dirigente.
Ed è proprio grazie a tutto ciò che inizia a farsi strada la concreta possibilità che anche l’astensionismo, a breve, possa avere un ruolo-chiave nei destini della politica e della società, incidendo direttamente sull’intero establishment del potere politico, in un’ottica finalmente di piena, pluralistica, compiuta e realizzata democrazia.

* Portavoce CVDP – Commissione di Vigilanza
per la Democrazia Partecipativa
(movimento astensionista politico per
il rilancio della sovranità popolare)

ASTENSIONISTI, COLORO CHE DISPREZZATE VI RINGRAZIERANNO
di Andrea Di Consoli – Tratto da Il Quotidiano della Basilicata di venerdì 8 giugno 2012
La seconda tranche di sondaggi che il “Quotidiano della Basilicata” offre questa mattina ai propri lettori evidenzia alcuni dati interessanti. Anzitutto che, ideologicamente, la futura lotta politica – ininfluente in termini elettorali, essendo l’astensione un’adesione diretta e fattuale alla conservazione, allo status quo – avverrà, a livello sostanziale, e dunque socio-ideologico, tra filo-governativi e astenuti. Sempre di più, infatti, tende ad allargarsi, in Basilicata, la forbice tra la società politicizzata (direttamente o indirettamente coinvolta nelle scelte politiche, amministrative e clientelari della politica regionale) e la società del diniego (arrabbiati, indifferenti, delusi, disoccupati, emigrati, emarginati, ecc.). Purtroppo i lucani scontenti del “sistema” attuale reagiscono alla delusione e al malcontento con l’astensione.
Questo dato, purtroppo, è assai favorevole all’attuale establishment, perché l’astensione, anziché incanalarsi in proposte alternative di governo, ne garantisce il depauperamento, la dispersione, l’inefficacia. Quando si diffonde l’idea “che tanto tutti sono uguali, e tutti badano soltanto al proprio interesse personale o di bottega”, a soffrirne di più è proprio chi propone un’alternativa.
Altro dato interessante è il crescente malcontento del Materano (territorio storicamente meno avviluppato rispetto a Potenza ai mille gangli del governo e del sottogoverno regionale) nei confronti dell’attuale Giunta regionale (il 57% dei materani ne considera negativo l’operato), nonché l’affacciarsi di un movimento di dirompente protesta-proposta come il Movimento a 5 stelle (9,3% di intenzioni di voto), già affacciatosi nella città dei Sassi durante le recenti amministrative comunali. Vedremo in che modo il Materano saprà nei prossimi mesi mettersi a capo di un reale processo di cambiamento.
Sul Pdl lucano, invece – il Pdl inteso come reale e concreta alternativa di governo – i dati sono sconfortanti: solo il 20,4% lo voterebbe nel Materano e soltanto il 15,9% nel Potentino. Il dato non è catastrofico in assoluto (può sempre andare peggio), ma è inquietante come il Pdl non abbia saputo tessere in questi anni legami con altre forze politiche, oppure suggerirne di nuove, collaterali, di movimento, di avanguardia.
Il centrosinistra, comunque – a leggere questi sondaggi – risulterebbe ancora vincente se la competizione per il rinnovo del Consiglio regionale si svolgesse oggi. Hanno dunque fatto bene i dirigenti del centrosinistra a rifiutare ostinatamente ogni forma di autoriforma più volte richiesta a gran voce, poiché nella continuità e nell’inamovibilità si vince. La loro idea è dunque vincente: anche senza cambiare nulla si vince lo stesso. I lucani apprezzano.
Come interpretare questi sondaggi che, comunque, danno soltanto un’indicazione di massima sulle intenzioni di voto in Basilicata? La prima cosa che si può dire è che fare politica, in Basilicata, coincide ancora, grosso modo, con l’aderire a forme dirette o indirette di governo o di sottogoverno (si fa politica solo se c’è un “interesse reale”). Il voto di opinione, al contrario, latita pesantemente, tant’è che neanche la parte del Pdl che più ha sottolineato le inefficienze e i clientelismi dell’attuale Giunta regionale (i consiglieri Napoli, Venezia, Rosa) ha determinato uno spostamento delle intenzioni di voto. Probabilmente i sostenitori delle loro sortite coincidono per sommi capi con l’esercito degli astenuti, degli arrabbiati. Sottolineare le inefficienze e i clientelismi, purtroppo, sortisce come effetto immediato un disincanto sprezzante, anticamera dell’astensionismo. Criticare l’establishment accresce la disaffezione, la disaffezione determina l’astensionismo, l’astensionismo premia l’establishment. E’ un cane che si morde la coda. Come uscirne?
C’è un altro dato interessante che emerge, e che forse è il più importante di tutti, e cioè che la frantumazione partitica (unendosi nel nome del potere) premia il centrosinistra, mentre la frantumazione partitica (dividendosi) danneggia il centrodestra. Diciamo pure che il centrosinistra è tutto arroccato in una logica proporzionalista (da prima repubblica), mentre il centrodestra, sia pure senza alleanze e senza “politiche di allargamento”, è timidamente proiettato verso una logica bipolare, sia pure senza possibilità di affermazione.
Una cosa è certa, comunque: tutt’oggi soltanto il Pdl ha le carte in regola per proporsi quale alternativa all’attuale centrosinistra, ma l’opposizione morbida e consociativa di dirigenti poco incisivi quali Viceconte, Taddei, Latronico e Pagliuca non permette nessuna crescita a un partito che ormai ha come unica funzione (di fatto) quella di garantire un tot numero di scranni a un tot numero di dirigenti fidati (aprire alle novità, invece, significherebbe perdere qualche posizione di rendita).
Eppure smuovere gli astenuti non è affatto semplice, lo sappiamo bene: forse, ma non ne siamo certi, bisognerebbe avere il coraggio di presentarsi davanti agli elettori con una proposta chiara di riduzione drastica del proprio compenso. Siamo certi, per esempio, che un consigliere regionale a duemila euro al mese potrebbe essere una buona base di partenza per riacquistare credibilità sociale. E’ un’utopia? Oppure è vero che si diventa consiglieri regionali solo per guadagnare ottomila euro al mese?
La situazione, comunque, è statica. Se il Pdl non rimescolerà le proprie carte e se l’Udc – come, del resto, l’Api e l’Mpa – continuerà ad appoggiare l’attuale Giunta (ormai l’ondivago e calcolatore Casini ha brillantemente preso il posto di Mastella), le cose difficilmente cambieranno, anche perché il Movimento a 5 stelle potrebbe, occhio e croce, prendere gli stessi voti che a suo tempo prese Magdi Allam con il movimento “Io amo la Basilicata”. E sembra un film già visto, francamente, anche se saluteremmo un exploit lucano del movimento di Grillo con sentimenti di riguardo e di attenzione.
E’ dunque il Pdl e solo il Pdl a dover decidere (lo diciamo, invano, da anni) se congedare oppure no la politica consociativa e autonomista che ha impostato, in maniera fallimentare, da molti anni (il centrosinistra, è evidente, è cementato da una fortissima logica di potere, e dunque di coesione).
Alfano sembra non curarsene; oppure, cosa più probabile, il racconto che gli viene fatto della Basilicata è inesatto. Certamente gli attuali dirigenti hanno mille modi e occasioni, attraverso i propri sponsor, per accreditarsi a Roma presso le stanze del potere (quando si parla della piccola Basilicata, si sa, c’è sempre un po’ di distrazione, nelle riunioni romane). Purtroppo, poi, la politica è anche diventata un ufficio di collocamento per professionisti delle chiacchiere.
Cos’hanno da dire su questo sondaggio i consiglieri regionali Rosa, Venezia e Napoli? Contenti così? Faranno anche loro una difesa d’ufficio dell’attuale dirigenza regionale? Diranno anche loro che i giornalisti o gli scrittori non debbono immischiarsi nelle faccende della politica? Diranno anche loro che l’unità del Pdl è più importante dell’alternanza, della benedetta speranza di un cambiamento?
Fossimo al posto loro, qualche messaggio a Roma lo invieremmo. E, in caso di mancata risposta, fonderemmo una coraggiosa fronda popolare (garantista, liberal-socialista, anticlientelare, antiburocratica, meritocratica, ecc.) da affiancare al Pdl, magari con la funzione di cercare (e trovare) nuova classe dirigente e nuove idee. Se cambiare il Pdl non è possibile dal di dentro (vero consigliere Pace?) che si provi almeno a farlo dal di fuori, senza, ovviamente, avventurismi di sorta. E’ un’idea così balzana?
Ma, ripetiamo, senza il Pdl, in Basilicata, stando così le cose, non ci sarà nessuna alternanza. Per la gioia di un pletorico apparato politico-burocratico che vive di politica (quasi nessuno degli attuali governanti ha un lavoro o una vera professionalità sperimentata sul libero mercato). Purtroppo la politica è ancora la più grande fabbrica (ancor più della Fiat) della nostra regione e, se non ci fosse la politica, l’indice di disoccupazione schizzerebbe immediatamente alle stelle.
Ultimo consiglio a chi ha intenzione di astenersi. Fatelo pure, ma sappiate che tutti coloro che dite di disprezzare vi ringrazieranno, per la vostra astensione. Rappresentate il 30%, ovvero un futuro diverso per la nostra terra. Pensateci bene, prima di mandare tutti a quel paese.
Andrea Di Consoli

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