Lo avevamo evidenziato dopo un accurato studio del meccanismo che ha introdotto l’Imposta Municipale Unica (IMU): i Connazionali all’estero, proprietari di un alloggio in Patria, non avrebbero avuto “agevolazioni” d’imposta. Sempre che le singole realtà comunali non le avranno espressamente previste entro fine d’anno. Intanto, per tutti i proprietari d’immobili nel Bel Paese, residenti oltre frontiera, si applica l’aliquota nazionale del 7,6 per mille. Da liquidare in due rate. Con una premessa: il versamento di giugno rappresenta solo l’acconto d’imposta e non la prima rata. Come a scrivere che il saldo di dicembre potrebbe, come sarà, aggiornato in base alle delibere comunali in materia. Per capirci: solo la quota IMU statale è stata stabilita. Quella di pertinenza dell’Ente Locale potrebbe essere anche più consistente. Ne deriva che il saldo IMU di fine anno sarà differente e maggiore della somma versata alle porte dell’estate. Che effetto hanno fatto le lettere dei Parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero in materia? Nessuno. Non poteva essere che così. L’Esecutivo “tecnico” non ha tenuto conto della differente realtà di chi ha, effettivamente, una “seconda” casa nella Penisola da chi, vivendo stabilmente oltre frontiera (come da certificazione AIRE) ha un unico alloggio in Patria. Magari neppure locato ed ad uso esclusivo, temporaneo, suo e della sua famiglia. Da noi, il concetto di “prima” casa ha un significato fiscale diverso. Essa è tale “solo” se effettivamente abitata dal titolare della proprietà che ne deve dimostrare il requisito inscindibile della residenza. Il fatto, invece, di vivere all’estero è un’aggravante fiscale che nessuno è riuscito a schiodare dalla linea impositiva di Monti. L’ autonomia IMU prevista per i comuni resta, di conseguenza, più formale che sostanziale. Tanto incoerente da considerare “seconda” casa l’unica di proprietà nel Bel Paese data in comodato d’uso ( quindi senza reddito) ad un familiare. Anche per il caso prospettato, vivere all’estero è una iattura della quale si sono resi responsabili i “tecnici” che hanno fatto d’ogni erba un fascio. Del resto, ogni confronto con l’Imposta Comunale Immobiliare (ICI) resta fuori luogo e potrebbe anche confondere le idee. Quando il piatto piange, sono sempre gli stessi ad essere chiamati al dovere fiscale. Sino a prova contraria, l’unica reale equità è che anche i cittadini stranieri proprietari di un alloggio in Italia, e magari inquilini nel Paese di residenza, dovranno pagare l’IMU ad aliquota piena. Come già abbiamo scritto, potrebbero esserci difficoltà al pagamento dell’imposta direttamente dall’estero. Anche su questa realtà, nessuno si è mosso in tempo utile per chiarire come ci si debba comportare. Attenzione, poi, alle visure catastali non recenti. Perché l’IMU è calcolata tenendo conto delle rivalutazioni dalla rendita catastale del 60%, più il 5% del valore già in essere per gli anni precedenti. Che fine hanno fatto le note dei Parlamentari della Circoscrizione Estero, che sembravano perorare la causa dei loro Elettori? Non c’è risposta a questa domanda. I fatti parlano chiaro ed evidenziano, ce ne fosse ancora bisogno, la scarsa capacità decisionale di chi, in Parlamento, “deve” seguire la linea del partito nazionale al quale appartiene. Insomma, da noi se l’alloggio non è abitato dal proprietario, è considerato un lusso. Evidentemente, con nostra amarezza, nessuno dei politici si è ricordato che la nostra Emigrazione si è avviata per necessità di sopravvivenza e che l’alloggio in Patria, magari, è il lascito di un bene che era della famiglia da generazioni. Ma questa è tutta un’altra storia.
Giorgio Brignola