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POLITICA DOMANI

Tra circa un anno saremo chiamati a rinnovare il nostro Parlamento. Può anche darsi che cambieranno i “suonatori”, ma la “musica” sarà sempre la stessa. La crisi economica, che ci attanaglia, non mollerà la presa. Per l’anno in corso, il Prodotto Nazionale Lordo (PIL) stimato s’attesterà al – 2%. Secondo attendibili proiezioni economiche, resterà in negativo sino al 2014; per ritornare con segno positivo nel 2015(+1%). Per arrivare al +2% solo nel 2018. Insomma, ci saranno ancora tanti anni di passione e solo alla naturale conclusione della prossima Legislatura ( sempre che sia in grado di durare tanto) l’Italia riuscirà a recuperare parte del terreno perduto. Nel frattempo, il Fondo Monetario Europeo si è limitato ad apprezzare la linea Monti ed il perdurare dei sacrifici nazionali. Con questa premessa, la Generazione della Seconda Repubblica, nata nel 1994, l’anno prossimo sarà chiamata, per la prima volta, alle urne per le elezioni della Camera. Una schiera di giovani, ampiamente demotivata, potrebbe non offrire un contributo al futuro della Penisola. L’Italia non consente alternative che non siano improntate ad un giustificato pessimismo. I giovani risponderanno con l’assenteismo politico perché con la formazione dei Partiti che abbiamo non ci sono alternative. Il cambiamento, pur se sentito, già si presenta impossibile. I più diplomatici si limitano a definirlo improbabile. Anche noi che di vita nazionale n’abbiamo vissuta parecchia, ci azzardiamo a proporre una personale riflessione che non dovrebbe trovarci isolati. Che occorra del “nuovo” è più che evidente. Certo è che la classe politica d’oggi, che è radicata in quella di ieri, non ha preparato un “vivaio” di nuove leve per favorire il naturale, e necessario, cambio istituzionale. Le accettabili alleanze non le possiamo prevede, ma ci sentiamo di supporre che l’Esecutivo del 2013, come quello del 2018, sicuramente, eletto con una nuova legge elettorale, non desterà efficaci mutamenti di rotta. Tra sei anni, i diciottenni d’oggi potranno, forse, essere partecipi di un Potere Legislativo federale rivisitato nei numeri e nelle finalità che, da meramente nazionali, saranno soprattutto regionali. Probabilmente anche con una suddivisione amministrativa del territorio assai differente dall’attuale. L’Europa Unita sarà molto più grande, ma con problemi economici sempre adeguati alla sua espansione. Eppure, da noi non basteranno due Legislature per cambiare tendenza. L’impossibilità di un effettivo avvicendamento politico, pur andando avanti nei tempi, non ci concederà valide scelte. Il Paese si riprenderà solo per l’impegno di un Popolo che ha sempre saputo andare oltre le crisi e gli arrivismi dei politici ingordi. La “normalizzazione”, senza previsioni avventuristiche, si potrà assestare verso il 2020. Pur con la premessa di una politica più consona con i tempi, la crisi socio/economica nazionale non durerà meno di altri dieci anni. Meglio, di conseguenza, metterci il cuore in pace e continuare nei sacrifici per i quali siamo avvezzi.

Giorgio Brignola

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