La lezione pedagogica di Franco Fornari insegna a vivere senza violenza, oltre la Nonviolenza, non per questo ricercando una benevolenza incondizionata, una situazione di bene assoluto, un' armonia a-conflittuale, simbiotica e fusionale, che rispecchia la dimensione infantile dell'esistere, addirittura riconducibile a vissuti prenatali, ma imparando a gestire i conflitti quotidiani a tutti i livelli della relazione.
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Daniele Novara, “La Grammatica dei Conflitti. L'Arte Maieutica di trasformare le contrarietà in risorse”, Edizioni Sonda 2011
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LA GRAMMATICA DEI CONFLITTI.
L’Arte Maieutica di trasformare le contrarietà in risorse.
Libro di Daniele Novara
Recensione di Laura Tussi
Edizioni Sonda 2011
Secondo l'assunto dell'Autore, Daniele Novara, noto pedagogista, risulta impellente e necessaria l’esigenza di distinguere il conflitto dalla violenza, per fare chiarezza e poter essere efficaci: l'attuale sistema sociale tende a confondere in livelli semantici paralleli e analoghi i due termini, ingenerando una paradossale confusione di senso e significato.
La lezione pedagogica di Franco Fornari insegna a vivere senza violenza, oltre la Nonviolenza, non per questo ricercando una benevolenza incondizionata, una situazione di bene assoluto, un' armonia a-conflittuale, simbiotica e fusionale, che rispecchia la dimensione infantile dell'esistere, addirittura riconducibile a vissuti prenatali, ma imparando a gestire i conflitti quotidiani a tutti i livelli della relazione. Le culture educative, i contesti formativi a-conflittuali e rigidi sono in realtà all'origine di tutte le guerre.
Al contrario, l’imparare, il saper stare e il riuscire a “so-stare” all'interno di situazioni e condizioni conflittuali costituiscono paradigmi e pretesti pedagogici che permettono di evitare di proiettare, in modalità paranoiche e schizofreniche, sull'altro, le proprie pulsioni affettive interne. Per questo è necessario imparare dal conflitto ed educare a saper stare in esso, a tollerare le frustrazioni inevitabili che la dimensione conflittuale comporta, al fine di guarire le relazioni e stimolare l'emancipazione, l’autonomia, imparando a sviluppare una cultura evolutiva del conflitto, nella capacità di stare nella relazione, imparando a gestire gli aspetti difficili, la perturbazione, il disagio, lo scontro, l'aggressività, recuperando un'implicito codice paterno che conduca ad istanze regolative di normatività, promuovendo l'autonomia, ed aprendo ad una rivoluzione copernicana nelle relazioni umane, al di là dei miti ancestrali e arcaici dell'Edipo e delle paternità irrisolte, dettati da sorpassati approcci psicanalitici, al fine di recuperare nuove opportunità dalle dimensioni conflittuali dell'esistenza, dai contrasti interpersonali e intrapsichici, oltrepassando così gli ostacoli nel vivere la conflittualità come occasione di crescita, apprendimento e risorsa, nell'esigenza di intraprendere un percorso processuale di differenziazione ed individuazione, oltre la dimensione inconscia della memoria negativa dei conflitti collegati e rievocati dalle figure affettive primarie della vita infantile.
Il conflitto è uno straordinario strumento di autoregolazione per imparare a conoscersi, sviluppando, in occasionali circostanze evolutive, competenze antinarcisistiche, contro le autoreferenzialità dell'armonia stereotipata e asfittica, della tirannia narcisistica, pervasiva nell'attuale dimensione sociale, che impedisce al soggetto di evocare ed affrontare i personali, più intimi e reconditi fantasmi interiori, più o meno inconsci e latenti, invece di svelare così la realtà potenziale del conflitto, vissuto come risorsa e non come istanza esperienziale patologica. Una citazione tratta da “Le città invisibili” di Italo Calvino, offre spunti per la costruzione di un'alternativa conflittuale possibile, imparando a leggere e a vivere il conflitto nell'epoché, nella sospensione del giudizio, per cercare un'adeguata distanza relazionale finalizzata all'apprendimento, alla comprensione dei personali “tasti dolenti”, ossia strutture ideative interiori, collegate necessariamente ai vissuti psicologici, di cui costituiscono un condensato emotivo, evocato dalla storia di vita personale.
Nel “diario dei conflitti” è necessario liberarsi dal mito pedagogico della tempestività, contrapponendolo ad una cultura della distanza e della capacità di affrontare la dimensione emotiva conflittuale, imparando dall'errore, dallo scarto, dall'imprevisto, in spazi di riflessione introspettiva, oltre le componenti subliminali e arcaiche, presenti nella relazione, che scatenano registri comportamentali impliciti e conflitti interpersonali e intrapsichici, collegati alla storia educativa del soggetto, alle aspettative, alle emozioni, alle contrarietà, ai passaggi di ruolo nella vita.
L'Autore, Daniele Novara, allievo di Danilo Dolci, approfondisce l'efficacia dell'arte maieutica nei conflitti, per approdare ad un’epistemologia pedagogica, dove il conflitto si struttura come esperienza apprenditiva, per interiorizzare nuove misure relazionali e decisionali, condensate in una “grammatica dei conflitti”, che ponga al centro del processo educativo e formativo la persona, le sue esperienze, la creatività, le dinamiche interiori, trasformando le contrarietà in risorse e considerando il soggetto come origine, motivo e fine del processo conoscitivo, per attivare processi cognitivi e apprenditivi, orientati sostanzialmente a rievocare vissuti ed emozioni che costruiscano persone pienamente realizzate, libere e felici.
Note:
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/cultura/Recensioni_1336586487.htm