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Persone omosessuali caste come le monache

Don Filippo Di Giacomo, su L’Unità dell’ 11 maggio, scrive: “La settimana scorsa l’Agesci ha reso noto gli atti di un seminario di studi…Qualcuno ha provato a prendersela con il teologo padre Francesco Compagnoni, uno dei più aperti docenti di teologia morale che…ha riassunto la dottrina ufficiale della Chiesa usando anche per la condizione omosessuale , parole che in teologia morale valgono per tutti”.
Ora, come si può essere uno dei docenti più aperti di teologia morale, riassumere la crudele dottrina della Chiesa riguardo agli omosessuali, senza un minimo cenno di disapprovazione? Ecco il riassunto: “Appoggiandosi alla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati” (“2357). E allora? A prescindere dal fatto che resta abbastanza difficile distinguere l’ordine dal disordine (la rinuncia perpetua all’esercizio della sessualità, è ordine o disordine?), è forse valido il criterio: ordinato = morale; disordinato = immorale? Ma continuiamo il riassunto: le persone omosessuali “devono essere trattate con rispetto, compassione, delicatezza” (2358). Capito? Abbiate compassione di questi poveri disgraziati! E più avanti: “Le persone omosessuali sono chiamate alla castità” ((2359). Che significa? E’ forse la castità degli sposi? Neppure per sogno. Significa che le persone omosessuali, se non vogliono essere giudicate depravate, devono astenersi da ogni atto sessuale per tutta la vita. Come le monache. Unica possibilità: la masturbazione. Ma che dico? Peggio che andar di notte! “La masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato” (2352).

Elisa Merlo

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