E’ probabilmente la più triste festa del lavoro degli ultimi decenni. Forse vale ancora la pena di festeggiarla, per quello che ha rappresentato in passato, con le conquiste ottenute dai lavoratori nel corso degli ultimi due secoli, e per quello che rappresenterà in futuro. Tra un anno esatto, infatti, avremo appena votato e, ne sono certo, il centrosinistra tornerà al governo con un imperativo su tutti: ridare dignità al lavoro, impegnarsi per restituire i diritti che i governi Berlusconi e Monti hanno cancellato, adoperarsi per ridurre la vera piaga di questi anni: la disoccupazione.
Già, perché tutti gli indicatori economici fotografano una realtà impietosa e in costante peggioramento. Ogni mese che passa la percentuale degli occupati diminuisce e anche quella che potrebbe sembrare una buona notizia, la riduzione del numero dei cassintegrati, non lo è perché nella stragrande maggioranza dei casi gli ammortizzatori sociali sono soltanto l’anticamera della disoccupazione. I reintegri in azienda sono sempre più rari.
Quella che va invertita è la sfrenata corsa liberista, per cui i lavoratori sono solo una variabile dipendente del mercato, in un nuovo modello di sviluppo in cui si devono considerare i bisogni delle singole persone e delle loro famiglie.
E’ giusto, non si può tornare al posto fisso per tutti, la globalizzazione e i costi del lavoro nettamente inferiori in vaste aree del mondo ce lo impediscono. Ma si può e si deve creare un sistema in cui nessuno sia lasciato solo. Chiunque perda il lavoro deve poter avere adeguato sostegno economico e deve essere aiutato a trovare un nuovo lavoro. E’ questa la vera rivoluzione, altro che modifica dell’articolo 18.
L’altra grande rivoluzione del mondo del lavoro deve essere la drastica riduzione delle tipologie di contratti atipici. Basta con le partite Iva, basta con i contratti a progetto e le altre 40 che nascondono solo un lavoro di fatto subordinato a costi inferiori. Infine, consentitemi, il lavoro a termine deve costare di più dei contratti a tempo indeterminato. E’ sullo scambio garanzie-remunerazione che deve giocarsi l’incontro tra tutelati e precari.
L’aggressione ideologica ai diritti in nome del mercato deve finire. L’assedio al mondo del lavoro deve fermarsi. Per questo oggi dobbiamo resistere. L’anno prossimo, in questo stesso giorno, la festa sarà assai più bella.