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Il 2012 è iniziato carico di tutte quelle perplessità delle quali avevamo avuto sentore già l’anno precedente

Il 2012 è iniziato carico di tutte quelle perplessità delle quali avevamo avuto sentore già l’anno precedente. Certo è che sarà ricordato come il periodo della recessione incontrollata e di un Esecutivo “tecnico” che ne ha solo prolungato l’agonia. Di sicuro c’è che i mesi che seguiranno non saranno meno ardui di quelli che ci siamo lasciati alle spalle. Le finalità restano le stesse: limitare le spese e tamponare l’incertezza economica generale. Evidentemente, dalla crisi non si può uscire, però, senza un rigoroso, quanto assurdo, programma d’investimenti. Forse, si riuscirà a tutelare il potere d’acquisto interno; ma senza risolutiva soluzione dei mali peggiori di casa nostra. In dodici mesi, si è registrato un incremento del costo della vita del 14%. Percentuale che si è fatta eloquente dal gennaio scorso. Per quest’anno, ma le previsioni economiche non sono mai buona scienza, c’è da aspettarci una successiva lievitazione del 7%. Come a scrivere che, in questo 2012, dovremo far fronte ad una maggiorazione di spese del 21% rispetto al 2011. A conti fatti, Monti non è riuscito ad invertire la tendenza ai rincari. Anzi, ha contribuito a dare nuova linfa alle imposizioni fiscali su tutti i fronti. Tanto che in Italia si continua a consumare di meno ed a tralasciare il superfluo che, prima, non era considerato tale. Sembra un controsenso: gli istituti di credito italiani traboccano di liquidità, ma nessuno è più propenso a promuovere investimenti; anche a media scadenza. Chi ancora si può permettere certi “lussi” sarà maggiormente controllato ed i “furbi” nazionali, che non sono pochi, dovranno affrontare, finalmente, tempi difficili. Alla fine, l’evasione fiscale sarà meglio combattuta. Siamo parecchio indebitati, ma i sacrifici non appaiono equamente distribuiti. Non è una questione aritmetica, ma di buon senso sociale. Tutti dobbiamo mangiare, tutti dobbiamo far fronte alle utenze domestiche ed agli impegni economici nei confronti di terzi. Su queste asserzioni non ci sono dubbi o incertezze. Però, si dovrebbero garantire dei “minimi” sotto dei quali i prezzi potrebbero essere “politici” e non gravati da imposizioni della più varia natura. Insomma, allo Stato spetterebbe garantire, in relazione ad un rigoroso controllo dei redditi, un minimo vitale sopportabile e documentabile. Monti non si è risparmiato nel rivedere la politica dei redditi, ma si è ben guardato dal proporre al Parlamento una sorta di “novella” scala mobile che preveda, almeno per chi ha ancora la fortuna di lavorare, una parte del salario agganciato al costo della vita. Invece, retribuzioni e pensioni non hanno avuto incrementi messi in campo con le finalità delle quali abbiamo scritto. In Italia di crisi si muore. Ma non solo nel senso figurato del termine. Una vita senza lavoro, senza prospettive, non sempre è degna d’essere vissuta. I politici, che contano sempre meno, se ne sono accorti. Il Professore non ha frenato il “rullo compressore” del suo devastante programma. Solo nel 2013, tornando un Esecutivo, rappresentativo popolare, sapremo a chi poter rendere conto. Per ora, non ci rimane che assistere al decadimento della Penisola. Tutti, però, chiedono maggior chiarezza sul buon fine di quanto è imposto. Per governare, non può più mancare la “fiducia” del Popolo italiano.

Giorgio Brignola

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