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LA DIGNITA’DEL LAVORO

LA DIGNITA’DEL LAVORO Sono bastati pochi mesi d’Esecutivo “tecnico” per riscoprire l’italica l’arte dell’arrangiarsi. In questa era tecnologica, quando tutto sembra a discapito di tutti, anche il lavoro è diventato un prezioso e ricercato. Non importa quale. In un recente passato, e non sempre a torto, anche sul fronte dell’occupazione si è speculato e si sono posti “paletti” tra datore di lavoro e lavoratore. Ora tutto è cambiato. Per necessità, più che convinzione. Lavorare significa sopravvivere. Senza un’occupazione, sempre meno stabile, è impossibile fare dei progetti, sperare in un futuro migliore. E’ difficile avere delle stime attendibili, ma anche chi ha la “fortuna” di lavorare deve fare i conti con un bilancio familiare sempre più lontano dal potere d’acquisto del salario o della pensione. Solo un rigoroso “modus vivendi” potrà consentire, almeno alla prossima generazione, d’esistere in un Paese diverso da quello attuale. Più europeo e meno dipendente dagli altri. Per anni, abbiamo tentato di focalizzare spunti differenti per la vita del Paese. Sono state parole al vento. Tanto inutili da farci supporre d’essere noi in errore. Trovare un impiego è un’impresa. Non tanto perché si voglia “specialistico”, ma perché sono più gli aspiranti che i posti effettivamente disponibili. Se tutti i disoccupati decidessero di fondare un Partito, avrebbero una schiacciante maggioranza in caso di presentazione elettorale. Sembra una battuta, ma, a ben osservare, è una realtà che dovrebbe farci pensare. Il Parlamento, ora impegnato a dare il suo “placet” sulla riforma occupazionale, sarebbe tenuto a rammentarlo. La contrazione dell’occupazione è un altro segnale di una crisi ben lontana dall’essere risolta. Lo stesso meccanismo della concertazione sarebbe da rivedere e le forze sociali dovrebbero avere una loro efficacia normativa. Meglio tardi che mai. Invece, non solo il sindacalismo italiano, che ha eccellenti origini, appare sempre più diviso, ma decide anche per chi non ha mai chiesto d’essere rappresentato. Con l’allontanarsi dell’età pensionabile, si sono ancor più ridotte le opportunità d’impiego per le nuove generazioni che, sempre più spesso, dovranno lavorare senza nessuna prospettiva di un degno trattamento previdenziale. La teoria che i versamenti di chi lavora servono per garantire i vitalizi di chi è in pensione non regge più. La vita degli istituti previdenziali è tanto macchinosa che non è più possibile scaricare sui contribuenti i tanti errori di percorso. A nostro avviso, ci sono delle realtà da verificare, delle situazioni da non sottovalutare. Chi è senza lavoro oggi potrebbe essere il “seme” d’altre calamità anche se non di prossimo decorso. Non è solo una questione di sopravvivenza, ma anche di dignità. Quella dignità che la nostra Carta Costituzionale mette al primo posto tra i diritti democratici e che ora sembra aver perso di valore sociale. Per uscire dalla crisi, il lavoro dovrebbe essere incrementato con progetti a basso impatto economico. L’Italia del Lavoro è sempre più un concetto formale che una realtà sostanziale. Senza la sicurezza di un impiego, anche la meritocrazia è stata snaturata nel suo significato. Sul lavoro, anche l’Esecutivo Monti ha da assumere posizioni meno coercitive. Vivere alla giornata rappresenta, alla fine, un fallimento anche per il più asettico degli Esecutivi. Giorgio Brignola

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