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Non siamo tutti uguali

L’inchiesta che ha colpito i vertici della Lega Nord riporta in evidenza due questioni fondamentali. La prima è la corruzione all’interno dei partiti, la seconda è il finanziamento pubblico ai partiti stessi, mascherato sotto forma di rimborso delle spese elettorali. La somma dei due problemi, lo leggo sul web e sui social network, anche in messaggi indirizzati direttamente a me, ha fatto crescere la rabbia e il sentimento dell’antipolitica.

Sono molto preoccupato perché questi episodi, soprattutto quando colpiscono personaggi fino ad oggi insospettabili (anche se ricordo che Bossi è già stato condannato una volta per aver preso 200 milioni di lire per una tangente Enimont), non possono non creare un risentimento nei confronti di una classe intera, quella dei politici, non a caso da un bel po’ ormai nell’occhio del ciclone, non senza ragioni.

Sono preoccupato perché sentimenti di questo tipo tendono a colpevolizzare tutti e a non salvare nessuno, mentre invece, a mio parere, i distinguo e gli approfondimenti non sono soltanto utili ma addirittura necessari.

Premesso che in ogni partito con decine di migliaia di iscritti può trovarsi anche qualche mela marcia (la differenza sta nel tenerseli o nel cacciarli a calci nel sedere), io e l’Italia dei Valori conduciamo da anni battaglie contro la corruzione e il malaffare nella gestione della pubblica amministrazione e per la riduzione dei costi ormai insopportabili della casta e non ci sto a essere accomunato a un Lusi o a un Belsito qualsiasi. Contesto chi dice che siamo tutti uguali. Il mio partito è diverso dagli altri. E lo dimostrano i fatti, tutti i provvedimenti che abbiamo presentato a Camera e Senato per la riduzione degli sprechi e dei costi e lo dimostra anche la prossima raccolta di firme per l’abrogazione attraverso un referendum del finanziamento pubblico, quello mascherato da rimborso alle spese elettorali, che cominceremo appena i tempi tecnici ce lo consentiranno.

Voglio rispondere anche a chi ci accusa di non rinunciare ai rimborsi. Intendiamoci, la democrazia ha dei costi e se non vogliamo che a fare politica siano soltanto i Paperon de’ Paperoni come Berlusconi e Monti, bisogna riscrivere le regole con un principio base: le spese devono essere tutte controllate e certificate dalla Corte dei Conti. Se questa classe politica non darà una risposta adeguata, allora ben venga il referendum. Se proprio la politica deve morire, è meglio che muoia di fame piuttosto che morire ammazzata dall’antipolitica.

Infine una risposta a chi dice che dobbiamo andare a casa tutti, destra, sinistra, centro. Capisco la rabbia e il risentimento ma, per favore, smettiamola con discorsi qualunquisti. Esercitare il proprio diritto democratico recandosi alle urne è, come dice la Costituzione all’articolo 48, un dovere civico, non farlo significa delegare ulteriormente ai poteri forti, quelli che i voti se li comprano, la composizione del prossimo Parlamento.

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