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ESUBERI e MOBILITA’. DIPENDENTI E MANAGER CONTRO LE MODIFICHE ART.18

Se è vero che, dove non si prevede non si provvede è anche vero che quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.

L’altro giorno mentre cercavo del materiale per fare una considerazione sull’annosa questione dell’Art.18 dello Statuto dei Lavoratori (L.300/1970), casualmente mi sono imbattuto in un articolo intitolato “figli legittimi e figli di puttana”. Un titolo forte che dava immediatamente l’idea di chi è privilegiato e chi non lo è. L’autore concludeva la sua arringa invitando, chiunque ne avesse le ragioni di disquisire sulla ingiustificata differenza tra settore pubblico e privato. Perché mai non si dovrebbe applicare l’Art.18 ai Pubblici dipendenti?

Da questa prima domanda, a cascata mi sono nati tantissimi dubbi da tempo sopiti e come morte viventi hanno ripreso vita. Ad esempio, perché gli operai della Fiat hanno un grosso sconto sulle macchine della casa e gli altri no? Perché i dipendenti delle compagnie aeree riescono anche a viaggiare gratis? Ed ancora, perché lo stipendio di un manager privato e dieci/cento volte del suo omologo pubblico?

Una discussione che si protrae da dieci anni, ci provò Berlusconi e Maroni nel 2002 a modificare l’Art.18 dello Statuto dei Lavoratori e scesero in piazza milioni di lavoratori, oggi è la volta di Monti e Fornero che ritentano, magari saranno più fortunati.

A meno che i testi che il Governo sta predisponendo, o predisporrà non contengano esplicite deroghe od esclusioni per il settore pubblico, ciò significa che le modifiche peggiorative all'art.18 della Legge 300/1970 valgono anche per i
pubblici dipendenti. Nel pubblico, come per il privato, tale considerazione deve rafforzare le iniziative di contrasto e di lotta. Alla luce delle discussioni fumose e spesso non fondate su elementi obiettivi che in queste ore investono il tema
dell'applicazione dello Statuto dei Lavoratori ai dipendenti pubblici,
incluso l'art. 18 e le sue modifiche, la diatriba è infondata, in quanto, secondo l'art.51,co.2 della L. 165/2001, lo Statuto dei lavoratori si applica anche nel settore pubblico”, non lascia spazio ad interpretazioni: ''La legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti''.

Se a questa legge aggiungiamo la manutenzione fatta dal Ministro Brunetta (L.150/2009), contro i famosi “fannulloni e panzoni”, ci rendiamo conto che i pubblici dipendenti sono i veri discriminati. E’ stata introdotta la Mobilità per ristrutturazione, scarso rendimento o per ridurre la spesa pubblica. Il quadro normativo è completo, non manca nulla, con una differenza a danno dei pubblici dipendenti.

Se nel “privato” il datore di lavoro fosse tentato di licenziare un dipendente, anche solo per una sorta di antipatia, quantomeno sarebbe dissuaso dall’indennizzo compensativo del licenziamento (15/30 mensilità). Ahimè, nel settore pubblico non sarebbe così, il dirigente che attuerebbe un licenziamento discutibile, la compensazione non sarebbe a carico suo ma dello Stato.

Nel frattempo lo scandalo e la messa in manutenzione degli stipendi dei “manager di stato” è stato veramente vergognoso, peggio di una autobomba contro un Ministero. Un ulteriore colpo al fine pubblico. Quanto prende un pilota civile e quanto un militare di un caccia supersonico? Chi sa spiegare questa enorme differenza a favore del privato in nome di che? Gridare all’indecenza per lo stipendio del Comandante della Polizia Manganelli e non spendere una parola contro il Manager privato con stipendi dieci volte superiori grida vendetta. Ad esempio, FINMECCANICA un’azienda con 72 mila dipendenti, l’A.D. Guarguaglini prendeva oltre 5,5 milioni di euro, escluse “stock option”, contro le 670mila euro di Manganelli che gestisce una struttura con oltre 105mila dipendenti. Si potrebbero fare mille paragoni per accorgersi di quanta differenza esiste a danno dei Pubblici dipendenti.

E’ evidente che fare il paragone tra lo stipendio del Capo della Forestale ed Obama è strumentale, quanto lo sarebbe un confronto tra manager, magari da rimpinguare ulteriormente le casse dei nostrani. E’ semplicemente propedeutico a demolire ulteriormente il Pubblico Impiego. Dopo i dipendenti “fannulloni”, i poliziotti “panzoni” è la volta dei “boiardi di stato” e tutti dietro al ritornello per il gusto di vedere il “Re nudo”.

Il mio intervento non è in difesa dei manager pubblici, giammai li vedo poverini, viceversa è volto a definire una soglia di difesa comune tra dipendenti e manager. Una difesa del sistema pubblico che non può avvenire separatamente dall’intero sistema produttivo del paese. Occorre ritrovare un equilibrio tra il Pubblico e Privato che a differenza di quanto viene propagandato, da un punto di vista formale è più penalizzato. Il fine pubblico si ripercuote direttamente sulla comunità, sulla vita di tutti i giorni e non sull’andamento degli azionisti dell’impresa.

Non si tratta di cercare esclusioni dall’Art.18 ma quanto di evitare che si effettuano sul corpo lavoratore, pubblici e privati, modifiche senza rivedere complessivamente il ruolo, il fine, la convivenza dei due sistemi. In assenza di una revisione degli equilibri di capitale e lavoro ogni revisione è pretestuosa, figlia di ritornelli per metterci gli uni contro gli altri, lasciando che pubblico impiego e welfare vadano in malora. E se ciò accade a danno di chi? Dei soliti noti pensionati e dipendenti.

Ferdinando Chinè

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