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IMPOSTA INIQUA

Con la primavera, in applicazione al federalismo fiscale, si dovranno fare i conti col pagamento dell’IMU (Imposta Municipale Unica) che è stata varata in sostituzione dell’Imposta Comunale Immobiliare (ICI), nata nel 1992. La nuova imposta, (art. 13 del Decreto Legge 6/12/2011 n. 201) che era già stata messa a punto prima del Governo “tecnico”, andrà a rappresentare la voce principale per sanare gli esangui bilanci comunali che da Roma potranno ottenere sempre minori “sussidi”. Come la vecchia Imposta Comunale Immobiliare, potrà essere pagata anche in due rate. Una a giugno e l’altra a dicembre. Nel frattempo, sono state aggiornate (leggi aumentate) le rendite catastali indispensabili per il conteggio d’imposta. L’IMU non risparmia nessuno e senza distinzioni tra abitazioni e edifici ad uso commerciale. I Connazionali all’estero, che sono proprietari di beni immobili in Patria, dovranno pagarla a caro prezzo; anche se non n’è stata illustrata la ragione sociale. Vale a dire con l’aliquota più alta (O, 76% riferito alla rendita catastale rivalutata), senza nessun’eventualità d’esenzione. Almeno sino ad oggi. La questione, però, non rappresenta uno status d’equità per tutti i potenziali contribuenti. Soprattutto se residenti oltre confine. Per meglio farci capire: se un connazionale, proprietario di un alloggio in Patria, lo ha locato, è giusto che paghi l’IMU al suo massimo valore. Perché l’immobile fornisce anche uno specifico reddito e non è utilizzabile dal legittimo proprietario. Se, invece, l’immobile in questione è dato in comodato d’uso ( a reddito zero) anche a parenti in primo grado (figli residenti nella penisola) l’IMU, si applica integralmente. Ma non è tutto. La questione ruota tutta intorno al concetto d’abitazione “principale”. Che, in parole più semplici, significa abitata dal proprietario e dalla sua famiglia. Sino a questo passaggio, il ragionamento potrebbe anche reggere. Però i Connazionali oltre confine sono iscritti, per legge, all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero). L’iscrizione a detta anagrafe dovrebbe consentire, tra l’altro, servizi amministrativi ed agevolazioni ai cittadini italiani residenti all’estero. Ora, com’è possibile non considerare come “prima casa” l’unico alloggio (non affittato) di un connazionale oltre confine in Patria? Se lo stesso è ad uso ( saltuario) suo e della sua famiglia? Del resto, l’ipotesi di residenza in loco è priva di valore motivato. Perché chi vive stabilmente oltre frontiera risulta, appunto, iscritto all’AIRE. In buona sintesi, per l’IMU, gli italiani nel mondo sono equiparati, ai proprietari di un alloggio all’estero. Si legga bene: non in Patria, ma all’estero! Non sappiamo se ci siano i tempi per rivedere lo spirito della nuova normativa. Da settimane osserviamo, con particolare occhio di riguardo, gli “Onorevoli” eletti nella Circoscrizione Estero che, però, non si sono ancora fatti vivi sotto il profilo normativo. I tempi sono strettissimi e non riteniamo, di conseguenza, siano possibili variazioni a quanto abbiamo scritto. Restano, però, da verificare, almeno, le prese di posizione “morali”.

Giorgio Brignola

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