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LE PAROLE INDIFFERENTI

Il vociare di disappunto si è fatto coro. L’Italia non riesce a riprendersi; forse non si sono messi ancora in moto i meccanismi giusti. Essere preoccupati è il minimo. Circondati da un’Europa sempre meno disposta a sanare deficit economici altrui, è improbabile che la soluzione ai nostri guai sia dietro l’angolo. Lo ripetiamo: sarà il 2013, pur con un quadro politico non ancora rinnovato, a stabilire se il nostro Paese avrà le carte in regola per sostenere lo sviluppo socio/economico in area UE. L’anno prossimo sarà indicativo per tutti. Intanto, i provvedimenti del “tecnico”Monti continuano a meravigliarci. Gli stessi uomini eletti nel Parlamento d’Italia si sono trovati spiazzati nel dover affrontare una strategia mai vissuta prima. I compagni di cordata hanno lasciato la presa. Tirare avanti a Palazzo Madama ed a Montecitorio non è mai stato tanto emblematico. Lo stesso Esecutivo, pur nella sua neutralità, ha già in se il seme della sua fine. Perché se in politica si può anche tentare d’essere ambigui, in economia non è proprio possibile. Le opportunità nazionali sono limitatissime e si cerca di raschiare in una pentola già svuotata. La crisi non è nata ieri. Anche se ci hanno fatto credere diversamente. Nessuno, almeno negli ultimi dieci anni della nostra vita pubblica è senza peccato. Dai Governi che si sono succeduti, ai sindacati, all’opposizione ed ai mezzi d’informazione. Poi, è arrivato Monti che ci ha portato per la via delle rinunce per non perdere quel che restava della nostra affidabilità internazionale. Dopo l’ultimo Berlusconi, la china si era fatta profonda. Da qui la necessità d’uomini asettici per varare provvedimenti d’austerità che nessun politico avrebbe avuto l’ardire di proporre. Se i sacrifici d’oggi, come quelli che ancora verranno, ci consentiranno d’uscire dal ciclo involutivo, si potrebbero anche sopportare. Sono i tempi “lunghi” che ci preoccupano e non ci consentono di rivedere il “sereno”. Intanto, la produzione interna langue, la disoccupazione sale ed il Prodotto Lordo Nazionale resta ancora con segno negativo. La moneta unica non ci ha consentito neppure di “tamponare” ciò che, con la lira, sarebbe stato possibile. Secondo l’Istituto di Statistica Europeo (Eurostat), l’Italia è tra gli ultimi posti nella valutazione dei redditi medi in UE. La stessa Grecia, bancarottiera, presenta redditi superiori medi a quelli del Bel Paese. Tra gli Stati importanti, siamo seguiti solo dal Portogallo. Neppure il federalismo, che potrebbe essere d’imminente applicazione, riuscirebbe a cambiare la realtà dei numeri. Le prospettive sono chiare: chi è abbiente potrà andare avanti nell’attesa di tempi migliori. Chi, invece, già aveva problemi in passato, dovrà, se già non lo ha fatto, modificare il suo stile di vita; con tutte le esigenze correlate. Il ristagno economico sta provocando anche una recessione sociale che ha del preoccupante. I consumi languono ed i progetti restano, gioco forza, nei cassetti. Che l’attuale classe politica debba essere cambiata non è più un dubbio per nessuno. Pur essendo tutti sulla stessa barca, c’è chi rema e chi si limita a navigare. Prima, i politici s’esprimevano in modo enigmatico. Ora il “silenzio” è il mezzo per evitare d’essere coinvolti in attesa della prossima chiamata alle urne. Tenere la rotta sembra l’unica cosa sensata. Noi ci chiediamo sino a quando. Se Monti, e staff al seguito, è l’uomo giusto per guidare il Paese in uno dei suoi momenti più sbagliati, ci chiediamo cosa potrebbe capitare al momento del naturale cambio del “testimone”. Terminiamo, con la speranza di capirlo, quando capiterà.

Giorgio Brignola

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